Ieri è stata una giornata dedicata al cuore di Belgrado. Tre luoghi diversissimi e molto particolari.
Ecco cosa è successo.
Stari Grad, la mattinami butto sul mio lavoro in un caffè centrale, proprio in un incrocio di turisti e cittadini. Il tempo passa, si fanno le 12 e finalmente comincio la mia passeggiata.
Credo che le città si raccontino sempre attraverso i luoghi meno battuti, dove osservare con attenzione la quotidianità e la gente semplice, lontano dai lustrini del centro. I bar, le osterie e i mercati sono spazi di semplicità che possano aiutarti. E, nel caso di Belgrado, che non è certamente la Boqueria, nemmeno troppo raccomandabili.
Così, con un occhio a quel che accade per immortalare qualche scena di vita con la macchina fotografica e uno a possibili scippi visti alcuni loschi ceffi, con il portafogli zona tasca davanti, eccomi qui a Skardalija, al confine tra una anonima periferia di palazzoni e auto anni 80 e una delle parti ancora conservate dell’antica Belgrado, che vedrò dopo un salto rigoroso in questi stretti angoli del mercatino rionale. Un salto nella popolarità.
Attenzione Tixi!
Il pomeriggio, subito dopo pranzo, ci sono ancora tante emozioni da trovare. Nei miei viaggi ho visitato chiese cattoliche, protestanti e ortodosse, moschee e sinagoghe. Per me il Dio non fa differenza, non trovo necessità di parlare di divisioni e di “noi e voi”.
Entro e prego e so di per certo che qualsiasi cosa io preghi sarà sempre nel luogo adatto.
Oggi ho avuto l’occasione di accendere delle candele e così le ho dedicate.
Ne ho preso cinque: una l’ho accesa a me stesso, ai miei sogni e al mio futuro. Una per mia madre e una a mio fratello e a sua moglie. Un’altra per mio padre lassù, che corregga i miei errori e mi indichi la giusta via.
Un’altra, per finire, a voi, ai miei amici, a chi mi segue e mi legge e magari nemmeno conosco.
L’ho accesa anche per voi, perché in fondo nella mia vita ci siete anche voi.
Insomma anche a te che ora stai leggendo: non sentirti escluso da questa dedica e da questo piccolo pensiero lontano e speciale
La passeggiata continua. Macino chilometri. Cerco e trovo l’enorme stadio Maracanà, la casa della Stella Rossa Belgrado e della sua curva, una delle più calde d’Europa. E’ paradossale il passaggio da un tempio religioso come San Sava, prima, a un tempio pagano dove ci sono altri riti e altre liturgie, ma anche questo fa parte del racconto. Fa un po’ impressione vedere quella immensa curva e le scritte minacciose dei tifosi. Mi fermo per un caffè, davanti allo stadio.
Non potevo che finire qui, al dolore, ai ricordi di guerra, dove c’è la Belgrado ferita dai bombardamenti. Quella che ha vissuto l’orrore delle bombe 17 anni fa. 24 marzo 1999.
Questo palazzo, ex sede del ministero della difesa, è rimasto così com’era (quasi come monumento) dopo i raid aerei della Nato.
Una ferita aperta di una città che vuole guardare avanti ma non nasconde le sue lacerazioni, materiali e dell’anima.
L’ultima sera proprio qui. Dove la storia è passata. Dove l’ultimo e unico conflitto in Europa in tempo di pace ha visto uno dei suoi momenti più noti, a ragionare ancora una volta sui nostri giorni futuri. Il viaggio.
Ultima cena, ultima birra. Aspetto il mio piatto in questo localino alla moda. C’è gente, c’è musica dal vivo, ci sono io. Ripenso a tutte le contaminazioni di questi viaggi, quante cose ti porti dentro, quante realizzi, quanti spunti e stimoli, quanti ricordi. Tutto ad un tratto ti passa ogni incazzatura, i problemi diventano equazioni semplici e ti vien voglia di non fermarti mai e continuare sempre a bere quelle stesse birre, e soffrire come oggi le ultime sere di malinconia.