Ho un amico a cui non dareste un euro per come si veste e per come si propone con le persone, per la musica che ascolta e per i look che porta. Non frequenta locali alla moda e non vive di esteriorità. In poche parole: se ne frega. Uno di quelli che per tanti benpensanti con la puzza sotto il naso, cagliaritonti-medi che hanno sempre ragione sarebbe catalogato come “pazzo” o “strano”.
Bene, dategli una macchina fotografia o da presa, un editor di video e questo pensa, crea e regala emozioni come pochi. Sforna foto in momenti speciali, trova attimi unici, riesce a raccontare storie e immortalare sentimenti. Del resto se ne frega.
Non è poco in un tempo dove tutti si chiamano “fotografi”: basta una reflex e un po’ di pose. E non solo nella fotografia, in tutti i campi dell’arte.
Il talento però è questo. Non si spiega, non si cataloga. Va oltre. Ognuno ha un talento, la sua passione, ma spesso è castrata dalla vita, dai timori e dai giudizi altrui.
Allora ho pensato a tanti creativi che conosco: fotografi, scrittori, pittori, dj, musicisti, artisti in genere. Ho pensato un po’ a me. Non perché sia un artista o cosa: sono un umile artigiano che tenta di coltivare qualche passione un po’ strana e poco alla moda spesso, se fatta come la faccio io, la scrittura e la musica, a costo di apparire spesso ridicolo e fuori dalle righe.
Se mi definissi qualcuno offenderei chi qualcuno lo è per davvero.
Ho pensato, dopo qualche recente chiacchierata con amici che mi rimproveravano lo scrivere troppo e lo scrivere (anche) stupidate, che le nostre passioni si scontrano con gli schemi e le regole, che sono difficilmente comprensibili dai ragionieri della vita, da quelli che tutto pesano ed ordinano. Che per portarle avanti dobbiamo sempre combattere con chi ci mette i bastoni tra le ruote, con chi dice che “chi te lo fa fare?”, con chi sentenzia che andando avanti così perdiamo credibilità. Perdiamo coraggio, insomma. E ci mettiamo mille domande. È giusto rincorrere le passioni?
Meglio, ci fanno credere, essere uno dei tanti, meglio cancellare i sogni, le cose che volevamo fare, centellinare ogni attività nel nome del guadagno e del riconoscimento sociale, dell’utile e del doveroso: essere quelli che piacciono alla massa, non vanno mai fuori dal seminato, non dicono o fanno o scrivono nulla che non sia previsto dal programma, non vivono un’emozione, non piangono, non ridono, non sbottonano mai la camicia, non cambiano strada, non si mettono mai qualcosa di diverso perché… chissà che diranno gli altri.
Ho pensato a come in Italia abbiamo sempre guardato con disprezzo quelli che avevano qualche idea interessante e la difendevano. Poi c’erano quelli che non non prendevano mai posizione, non agivano per paura di andare contro qualcuno, i moderati, il ceto medio, la nostra politica. Abbiamo visto com’è finita: a furia di buone idee, di toni bassi, di cravatte e di giacche abbottonate, ci siamo ritrovati un paese senza idee e senza coglioni, incapace di ripensarsi e stare al passo con i tempi. Dove i talenti sono trattati da sfigati e dove gli sfigati, quelli veri, governano il paese e controllano la società.
Quindi fregatevene altamente di quello che sentirete, dei consigli inutili e delle regole: i sogni, le passioni, i talenti, piccoli e grandi che siano, vanno sempre coltivati, anche a costo di apparire ridicoli. Voi e solo voi sapete com’è fatto il vostro cuore.