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Cosa resta di un viaggio

Tornando in Europa (sembra uno scherzo ma è vero) mi coccolo al calore del salone del traghetto tra Uskudar e Eminonu che attraversa il freddo Bosforo, penso che questo posto con i suoi colori e profumi e la sua straordinaria umanità mi mancherà.

Perché non sono i monumenti a fare un viaggio, o i percorsi turistici, o vai là e poi qua e mi raccomando (chissenefrega alla fine), le cartine e gli itinerari dove incrociare italioti rumorosi, non mi entusiasma quasi nulla. Restano le sensazioni che provi, i ricordi che ti porti a casa quando riguarderai le foto o vedrai in tv queste immagini che hai la fortuna, oggi, di godere dal vivo.

 

 

 

Prossima fermata, Istanbul

C’è un sottile filo che continua a legare i miei viaggi. Mare, energia, popoli caldi, “Sud” come concetto non solo geografico ma ideale e culturale, posti che mi ispirino o mi facciano sentire a casa con tutto il loro carico di magia mista a malinconia.

Ecco la Turchia, Istanbul, lo scontro est/ovest, tra cristianità e mondo musulmano, la porta dell’oriente, sofferenza e rabbia, mistero e curiosità, l’anima forte turca così vicina, così lontana.

È la prima volta che mi spingo così ad oriente, forse un assaggio di quel che sarà il mio futuro. Mi piacerebbe vedere il Medio oriente, la Cina, l’India, il Nepal, lo ammetto. Mondo di cui si parla poco e a sproposito. Mondi diversi, lontani.
Non sarà facile, non sarà economico ma ci provo.
Intanto mille premesse per un viaggio emozionante.

Monza experience

Dopo una bella cena a casa di amici a Monza confermo: la mia casa è dove ci sia qualsiasi persona che mi sorrida, mi accolga e mi offra buon vino. Non importa dove e come. Non importa come si chiami. Non importa quanto sia distante.

Ho superato da tempo il concetto di mia città, mia patria, mia regione. Ci hanno insegnato a stare chiusi dentro casa e non guardare fuori, a stare attenti, a dividerci e non dare confidenza, a giudicare tutto ciò che è diverso e lontano.
Puttanate.

A proposito: prossimo viaggio?

Senza pretese

Eccolo qui, il momento magico di ogni piccolo o grande viaggio.

Godersi solitario un fine serata senza pretese in una metropoli, un mix di euforia e nostalgia, vagare senza pensieri incrociando sguardi e luci di vetrine, studiare volti e immagini e tutto sommato provare l’essenza della felicità, attesi a cena da amici che ti faranno sentir a casa, perché casa tua è ovunque ci sia una sensazione positiva, un sorriso, una birra o semplicemente un ricordo da vivere, senza particolari pretese.

Appunti di viaggio maltesi

È bello cercare di afferrare anche nei brevi soggiorni oltre alle sensazioni del posto anche il carattere della gente. Provare ad avere quanti più contatti possibili anche a rischio di sbagliare e di far figuracce.
Strano mix questo maltese che ciondola tra il siciliano/italiano e l’inglese, un contrasto (esagerato se ci penso) che produce una interessante sintesi in ogni campo, anche perché c’è pure qualcosa di arabo.
Un contrasto che in questi giorni provo a scoprire.

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L’italiano all’estero vince sempre. Ci adorano, ci stimano, ci guardano sempre con ammirazione (anche se non lo ammettono). Perché al di là di tutti i problemi esiste un altro popolo così creativo, così poetico, così appassionato, così attaccato al bello, allo stile e al gusto? Ecco, su questo siamo impareggiabili.

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Ho sempre pensato che in ‪#‎viaggio‬ bisogna dare molto spazio al caso. Buttarsi nei quartieri, farsi incuriosire da particolari di poco conto, un vicolo, una palazzina, ascoltare le conversazioni, entrare nei bar. Avere qualche punto di riferimento ma poi non sentirsi in colpa se si sono visti pochi monumenti e luoghi turistici. Non comprendo più da tempo la frase “devi per forza andare a vedere…”.***

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Ogni posto nuovo dopo qualche giorno comincia ad esserti familiare. Colazione sontuosa, zaino in spalla (con facoltà che gli oggetti escano sempre), maglietta e jeans senza pretese, esco e il profumo del mare fa il resto. Ultimo giorno. Sole e venticello. Qui è ancora estate. Mi immergo nella quotidianità maltese. Per cominciare sbaglio la direzione del pullman. Cambio verso, ecco la mitica fila ordinata all’inglese.

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Che pensieri puoi avere l’ultima notte? È vero, parto domani sera però un grammo di malinconia affiora sempre. Sarà il mare, saranno le luci del porto, sarà aver trovato un altro posto bellissimo.
Ma la mia vita è un continuo partenze e ritorni. E poi ancora partenze.

 

Malta, Sliema (e il tempo che cambia)

Succede un po’ di tutto. Scendi dall’aereo e dopo un tifone appena passato trovi caldo e sole. Capisci che hai ritrovato l’estate perduta mentre raggiungi il tuo albergo, sul lungomare di Sliema e attraversi una strana città.

Ma ora il tempo è già cambiato. Eppure si sta bene grazie ai 22 gradi che rendono sopportabile questo vento accompagnato da qualche spruzzo di pioggia.

Se non fosse per la Lingua inglese e la guida a destra non penserei che questo posto potrebbe essere nel Mediterraneo, un po’ Sicilia, un po’ Africa. Eppure le caratteristiche di sud ci sono tutte: ritmi lenti, gente dai lineamenti nord africani, approssimazione e vita presa con tanta leggerezza.

Sono in un cafè in riva al mare. Pranzo in ritardo. La stanza non è pronta, figuriamoci se son puntuali, il pranzo nulla di che. Ci devo fare l’abitudine. Qui l’ospitalità è una parola grossa.
Me lo spiegava un imprenditore turistico italiano che qui vive ed ho incontrato in aeroporto, con cui mi son ripromesso di vederci lunedì per farci una chiacchierata e magari trovare qualche nuovo contatto: i maltesi non ne hanno voglia, non fanno qualcosa di più. Vivono così.

Eppure qui di turismo guadagnano. Eppure questo posto strano e incasinato, raffazzonato e dai sapori nordafricani è speciale e in estate è ambito dalla massa. Ma non aspettarti granché dalla gente. E infatti il locale dove pranzo ne è conferma. Quello che pare il proprietario, carnagione olivastra e look impresentabile, mette la bocca a culo di gallina e si adopera in quel classico verso che facevamo da piccoli quando passavano le ragazzine. Infatti, ecco tre pivelle che camminano sul lungomare, oggetto del suo richiamo. Brutto forte, posso dirlo?

Volano mosche sul mio tavolo, mi attaccano senza pietà.  Le cameriere mi portano un’insalata che è solo la copia sbiadita del menù.

Liverpool-Chelsea è appena finita: il locale si è quasi svuotato, ha vinto Mou. Resto io a guardare il mare incazzato schiumare rabbia da sotto. Il Mediterraneo che sembra oceano.

Tra le nuvole

Qualcuno la chiama vacanza, altri lo chiamano viaggio. Io sono per la seconda. 

Ti porti dietro portatile e smartphone, scegli una città, affitti una camera a poco prezzo e continui a lavorare. Con la differenza che sei altrove, impari una lingua, non usi la macchina, fai mille incontri casuali, hai la mente sgombra per lavorare e le idee e le parole sembrano venir fuori con estrema semplicità, specie quando sei nei posti più impensabili, gli aeroporti, i treni o i voli.

Io lo faccio spesso, quando ci sono periodi intensi in vista e vi assicuro che non è questa grande spesa.
Basta sapersi adattare: zero cene sontuose, alberghi lusso, shopping inutile e altre giocolerie da turista idiota. Parto leggero e senza troppi programmi.

Certo, ci sarà sempre l’accallonato nostrano che avrà da ridire quando un lavoro è inviato da Barcellona o Dublino invece che “dai pressi di Pirri”, come se questo facesse differenza, ma così funziona. Sono abituato alle callonate.

La tecnologia ci permette cose impensabili fino a ieri, il lavoro è cambiato, il Mondo è vicino, e chi non lo capisce (o come sempre lo capisce tra qualche tempo, dopo aver disprezzato questa filosofia) può sempre pensare che sia pazzia, follia, poca serietà e immaturità.

Esperienze che lasciano il segno

Due anni fa più o meno cominciava una di quelle esperienze che avrebbe cambiato tante cose della mia vita, il Cammino di Santiago. Ho ritrovato un po’ di me stesso, ho scoperto tante nuove strade, ho capito qualcosina in più del mondo, ho conosciuto persone bellissime come Erika e Giorgio Zannoni.
Spero che la vita mi riservi ancora mille di queste avventure e vi consiglio: investite in esperienze più che in oggetti.

Le prime restano per sempre.

Rivoluzione, addio

La più grande lezione di questi anni (non solo di oggi, giornata post-elettorale) è che le rivoluzioni sono impossibili in Italia, figuriamoci in Sardegna.
Un paese morto e sepolto da decenni, dove qualsiasi novità o cambiamento viene osteggiata e combattuta. Se non ci pensa la politica o la burocrazia o il sistema o l’informazione, state tranquilli che ci pensano i nostri vicini. Invidia e mediocrità. Avete mai letto la Legge di Jante? http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Jante.
Teniamoci saldi i nostri piccoli e provinciali interessi che ci danno la stessa sicurezza della coperta di Linus: il calcio, le auto, i videovirali, la tv, i caddozzoni, ogni tanto la politichetta (o qui o là giusto per essere ultras), facebook, le foto, i nostri luoghi comuni, le frasi fatte, le mode.
E se qualcuno si permette di mettere in gioco questo sistema, di istruirsi, di pensare diverso, di rompere il giro della mediocrità e dell’omologazione, testa tagliata e avanti il prossimo.
Gli eroi non devono esistere: metterebbero in subbuglio i manovratori. Non è questione di destra o sinistra: sono solo sigle vuote. Ci hanno fregato.
Resta la mia piccola rivoluzione personale: scrivere e provare sempre a fare e pensare qualcosa di diverso, magari riuscirci, magari no, con la consapevolezza in fondo di fare cose inutili e apparire spesso antipatico e fuoriluogo o peggio ancora fuorimoda. Di non riuscire mai a trovare equilibrio e futuro.Viaggio spesso per sentire l’emozione che ti dà un altro paese, l’estero, l’Europa, il mondo, dove tutto appare sempre bello o diverso.
Forse non lo è, ma appena varchi la frontiera, sento un mondo diverso e migliore.
Appena torno in Italia mi bastano poche settimane per aver già voglia di fuggire ed essere incastrato dalla mediocrità che diventa anche mia.
Questo paese mi piace sempre meno. Meglio altrove. Meglio viaggiare. Meglio poter sperare.
Un’illusione che mi piace coltivare sempre. Rifaccio un biglietto e riparto. Anche solo per farlo. Mi autoilludo. E poi ricomincio.