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Ultima notte a Budapest

Oggi tra quartiere ebraico, mercato e terme abbiamo macinato luoghi e chilometri ma senza stress. Il bagno esterno con qualche grado sottozero e magari la neve che cade e il panorama della città serale resta sempre un’esperienza da fare qui a Budapest, anche se il caos e la gente non ti aiutano a godertela. 
La neve ora è diventata gelo e spira un vento che a confronto il nostro maestralino è il riscaldamento dell’auto. Brividi. 

Budapest, ultima notte. Vorrei accendere un fuoco in ogni posto dove mi fermo per riscaldarmi l’anima di una partenza. Cammino piano per non scivolare sulle lastre di ghiaccio, entro nella metro, Bajza Utca, il trenino giallo arriva con il classico vortice rumorose. E’ dall’altro lato, il mio poco dopo. Ingoia e vomita persone con la classica tristezza serale. Entro, allarme, chiudono le porte, riparte. La metro è uno stato dell’anima, una di quelle cose che ti godi nei viaggi. E anche stanotte la domanda è: anima mia, cara anima, dove ti perderai? Dietro quali sorrisi, ricordi. bicchieri, semafori, dolori e sguardi?

“amore su quel treno che è già ritorno”

Non esiste solo casa mia

Mi sveglio con un pensiero: la Turchia e la Russia sono più vicini di quanto pensassi.

I loro morti, le loro recenti tragedie, mi toccano tanto quanto Berlino o Parigi. Anzi, mi toccano ancora di più perchè l’est o l’altro mondo che non è occidente ha qualcosa di speciale e malgrado ci abbiano sempre insegnato che là c’è il male e il nemico, e siamo cresciuti con i paraocchi (non ce ne accorgiamo ma è così). Come sempre accade quando forzano qualcosa o quando tutti pensano in una direzione, tutto questo ha aumentato la mia curiosità e voglia di conoscere. E ha aumentato la mia empatia per gente semplice, colpita da recenti tragedie: l’aereo con a bordo il coro dell’Armata rossa che volava in Siria e la strage dei ragazzi della discoteca.
I viaggi hanno reso il mio mondo piccolo e la gente del mondo più vicina.

A casa di Biggi (appunti di viaggio a Barcellona)

Tra le frasi stupide che ci hanno insegnato c’era sempre quella, non dare confidenza agli sconosciti. Ripetuta finchè non diventava dna. Così siam diventati chiusi, sospettosi, abbiamo evitato persone, amicizie, occasioni e amori. E ancora oggi tanti hanno paura di ciò che non conoscono o si fidano dei giudizi altrui ed evitano di conoscere.

Lei è Biggi la proprietaria della casa dove starò qui a Barça. Lavora nel campo musicale con tantissimi artisti tra cui Manu Chao. E’ tedesca ma oramai è diventata catalana.
Mi riceve in questa bella casa antica nel quartiere Raval, mi offre del buon vino, ci raccontiamo.
La mia stanza è fantastica. I rumori della calle sono tutt’altro che un disturbo. Che dire? Comincia una nuova storia da #tixilife

Barcellona, forse venticinque

Alla venticinquentesima volta che ci vado forse comincio a capire che Barcellona è la mia seconda casa e mischiarmi come se fossi uno di loro, studiare lo spagnolo, prendere contatti per lavoro e serate da dj, affittare una stanza e vivere normalmente e perdersi è sempre un piccolo passo avanti, un cambio pelle, un tuffo nel mare.
Allora ti trasferisci? Allora quando vai a viverci? Ma quanto spendi? Ma chi te lo fa fare? Ma perchè Barcellonav
Comporre e ricomporre.
Le persone non vedono mai le sfumature della vita, detestano la differenza, le incertezze, ragionano per scatoloni attaccati con lo spago e non hanno sogni da coccolare.

Ma chi lo dice che uno non possa vivere in tanti posti, pensare oltre, prima che qualsiasi luogo e pensiero e stupida convinzione lo rammollisca? Chi ha deciso che si debba nascere e morire in un posto e non anche altrove? Chi ha deciso che i miei pensieri non possano viaggiare? Noi e solo noi. Ci castriamo ogni desiderio. Ascoltiamo troppo. Rimandiamo decisioni. Speriamo che le persone siano le nostre copie e se non sono le detestiamo e boicottiamo. Abbiamo paura dell’entusiasmo. Soffriamo quello che non conosciamo.
Stare fermi rammollisce.
Amo perdermi in tanti luoghi. Che sia Barcellona, Dublino, New York o altro ancora. Amo tante cose. Di certo non star fermo.

Buon compleanno a me

My birthday in New York.
Sono le 5:50 del mattino. Rumori di frigo e qualche altro segno indistinto di vita nella mia stanzetta vicino a Central Park. Mi sveglio con lo stomaco in subbuglio dopo una notte brava, girovagando per la grande mela, affascinato dalle luci, dagli incontri improbabili e le solitudini nei sedili di una metro, spegnendo qualsiasi contatto col mondo.

Le prime sensazioni sono:
– cazzo, ma quanti arretrati di studio ho quando rientro?
– galeotto fu il vino e i drink e ancora i drink
– ci son da due giorni e mi sembra di esserci da un anno, la sensazione di conoscerla è assurda
– è bellissimo ricevere messaggi quando sei lontano ed è bellissimo riceverli da chi sai ma soprattutto da chi non ti aspetti
– i messaggi più belli, poi sono quelli di chi ti dice, oltre agli auguri, qualcosa che ti spiazza, magari che ti legge, che ti segue, o magari racconta una parte di sé un sogno o un progetto o un problema e te ne fa dono quasi avesse trovato in te un ascoltatore affidabile se non un amico, e magari nemmeno ci conosciamo. Questi son i regali. Tutto questo è fantastico, sapete? 🙏

Lavoro un po’, ho anche un lavoro da portare avanti, altrimenti col cavolo che viaggio. Poi esco. 

Eccomi qui. Central Park. Mi godo il verde e l’azzurro e la metropoli a due passi. Sentirsi piccoli e insignificanti negli incroci di facce, storie e anime di NYC è bellissimo. Anche io ora sono di queste tante e lontane. Io con miei sogni e le scarpe su cui camminano. Io con le domande e insicurezze. Io in questa città, che arrivo dalla provincia dove tutto è presenza, ossessionante ostentazione e chiacchiera. E ora io sono uno, nessuno e centomila. Anzi milioni.

Il mio mondo è mille posti, mille voci, colori e paradisi, lingue e risvegli diversi e ogni posto oramai è diventato casa mia. Non c’è inizio e fine, andata e ritorno. Arriverò ovunque, mai stanco di scoprire e capire, ma soprattutto di amare.

Buon compleanno anche a me. #tixilife

Una promessa d'amore (New York)

“E’ una delle mie città” ho subito pensato quando sono atterrato. Mai l’avrei detto. E come per tante cose ho cambiato idea. Quante idee ho cambiato con gli anni? Dicono che sia immaturità o incoerenza o forse è semplicemente normalità.

In effetti New York è un po’ un’amante infedele, perché è “la mia città” di molti. In tantissimi mi scrivete che avete lasciato il cuore. Che sentite che appartenete a New York. Che sembra come se ci aveste sempre vissuto.Anche per me è un po’ cosi.

Sarà dura ripartire tra qualche giorno, son sicuro che New York mi infrangerà il cuore parecchie volte e mi farà versare forse qualche lacrima, ma alla fin fine sarà sempre la mia, la vostra, New York.

(questo per ringraziarvi di mail, messaggi e consigli)

Harlem, New York

Dov’eravamo rimasti? Ristorantino ad Harlem. Nulla di che, ma quanto basta per curare le ferite dell’anima. Condivido la mia solitudine con una coppia triste, due reverendi in tenuta d’ordinanza e tre ragazze visibilmente lesbiche. La tovaglia è biancorossa, il cameriere è un signore distinto con camicia azzurra e cravatta fantasia.
Tiene il notes delle ordinazioni sul taschino, vuol parlare italiano ma io nulla. Col cazzo. Io parlo inglese. Male ma parlo. Niente italiano. Deleted.
Poi c’è un musicista classico, solo come me, un po’ pazzo, che apprezza la mia ordinazione (un roasted chicken) e la commenta: lE’ il mio piatto preferito!” Io accetto la sfida e rispondo che difenderò il mio pollo “until my death”. Sorridiamo. Iniziamo a chiacchierare: chiedo scusa se faccio il dj e gli racconto che NY mi ha preso il cuore. Lui mi tranquillizza: tutti e due maneggiamo musica e “tu hai la forza di far muovere la gente con la dance”. Quanta umiltà! Poi mi sottolinea: occhio che NYC ti ruba il cuore, e non te ne vai più. Prenderò con attenzione questo consiglio…ho timore che ci lascerò un pezzo di cuore. Che andrò via con rimorsi. Quando dopo ventiquattr’ore ti senti a casa significa qualcosa. Sarà per il vino che sale nelle vene, sarà l’amore per i viaggi.
Quanto è bello essere lontani. Puoi scrivere storie e nessuno si sente offeso come a casa mia. Gente piccola. Bellissimo. Morire e risorgere in una notte ad Harlem. Pochi capiranno il senso.

New York, non è un caso che…

Il viaggio si avvicina. Pericolosamente. Il caso vuole che sarò a New York il giorno del voto di una delle sfide presidenziali più incerte di sempre, Clinton-Trump, con un alto rischio attentati terroristici e attacchi hacker.

Essere testimone di un pezzetto di storia è una sensazione davvero particolare, pochi forse possono comprendere cosa vuol dire esserci, vedere, provare un fatto, un luogo, un avvenimento e non solo leggere e vedere in tv. La condanna di vivere tagliati fuori dalla storia, purtroppo.

I luoghi del cuore

I posti della tua infanzia hanno un sapore speciale.

Marceddì, il ristorante Miramare, la borgata dei pescatori, la laguna, la lentezza e la solitudine, i cartelli che ricordano tempi di democrazia cristiana al governo, il vento che ti avvolge e il beccheggiare delle piccole barche
Niente wifi, niente folle, istimo dell’anima. Qualche turista, una professore che discute di cartaginesi in un angolo con una possibile amante, un altro fantasma come me e nient’altro.

Sono passato qui per fermare il tempo. Andare al Miramare per ricordarmi bambino, ritrovarlo uguale a ieri, per chiedere al cameriere, un signore di mezza età simpatico e gentile, se ci fosse stato anche lui in quelle domeniche dove al juke box andava Fotoromanza della Nannini, per ritrovare quel profumo di mare perduto e forse anche un po’ della mia storia.

“Scusi, ma lei lavorava qui anche negli anni 80?”
“Certo” risponde signor Enzo “Ed immagino lei venisse qui da bambino”.
“Tenga pure il resto, speriamo di incontrarci tra altri trent’anni.

Perchè se viaggi guadagni sempre

La domanda più stupida che ricevi quando viaggi è: ma quanto spendi? Ma chissà quanto costa!Viviamo oramai in una società calcolatrice in mano, capace solo di quantificare le cose materiali, di fare liste della spesa, i bilanci, i rendiconti, i preventivi, mai di considerare il valore di quelle cose che animano l’esistenza e rendono VIVI nonostante pensieri e preoccupazioni. Di perdere tempo per un sogno o una passione che ci renda ancora desiderosi di un’alba o di un tramonto.

Ragionieri tristi e incravattati che vivono alle prese sempre con i bilanci. 

Le loro domande esistenziali?Quanto perdo e quanto guadagno? Cosa mi costa? Quanto mi dai se faccio questo? Chi me lo fa fare? Come farò? 

Non rischiano, non provano, non si emozionano. Detestano chi lo fa: è poco serio, bisogna pensare alle cose importanti. Per loro è tutto contabilizzato, emozioni comprese. Vanno regolate o si rischia di apparire strani e fuoriluogo.

Arrivano alla tomba facendo ancora i conti, poi in punto di morte rammaricandosi delle esperienze rimandate alle occasioni migliori. 

Caro calcolatore, ok i voli, le sistemazioni e i trasferimenti, ma poi quantificare le emozioni, i ricordi, le esperienze, le sensazioni, i pensieri, i miglioramenti alla tua lingua e mentalità, tutte le cose che impari solo viaggiando e conoscendo? Ae ci riesci, sono qui ad aspettare una cifra.