Capisco l’emozione per #TheVoice ma era fin troppo scontato che vincesse suor Cristina: non tanto per la qualità, quanto perché era il personaggio fuori posto della competizione. Chissà se non avesse avuto l’abito talare. Chissà.
Uno stratagemma creato ad arte. Come ricordava il Fatto molto spesso vincono figure “bizzarre e spiazzanti; devono dare l’impressione, almeno all’inizio, di essere fuori posto, non devono fare la cosa giusta (o, meglio ancora, non essere la persona giusta) al posto giusto”.
Ricordate Susan Boyle? Vinse nel 2009 il Got talent inglese. Brutta, anzianotta e sgraziata.
Personaggi così suscitano interesse e si propagano viralmente. Non importa se abbiano o non abbiano qualità.
Oggi il mainstream e la massa cercano dal nulla fatti e persone che sorprendano subito, stupiscano, rompano gli schemi e facciano condivisioni e visualizzazioni.
Un video di un tuo amico che fa la cacca o insulta a tutto spiano o fa qualcosa di strano produce effetto virale.
Un articolo di bugie su un fatto di cronaca, scritto pure male, si propaga più di una bella riflessione.
Popolarità non è qualità (anche se fa rima e qualcuno crede che sia lo stesso). La qualità si misura nel tempo non in una stagione.
“Ahhhh ma quello vende, ahh quello ha 674 mila visualizzazioni, quello porta gente”.
I personaggi da baraccone, i fenomeni da rete diventano virali ma con la stessa velocità poi spariscono. Perché manca lo spessore, manca il valore. Se poi resistono, sia chiaro, tanto di cappello.
Intanto cerchi di sopportarli e sperare che passino. Un bel respiro, trattieni il fiato, qualche mese e poi… Avanti il prossimo!