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Giara di Siddi

In questo momento di incertezza non mi va di richiudermi a casa. Così, prendo la macchina e mi allontano dalla città.
Scopro che ci sia un’energia nei nostri territori e paesi che quasi ti mette in crisi. La avverti, la vivi, cerchi di farla tutta tua. Attimi di beatitudine da non farsi scappare quasi fossero l’ultimo treno della notte.

Ieri sono finito quasi per caso all’altopiano di Siddi, a ripescare tante cose: i ricordi da bambino, la serenità, la gioia di vivere, la dolcezza della vita agropastorale, quell’ultimo giorno che vidi mio padre in forma. Ricordi belli, sensazioni e nostalgie che non si sciolgono.

Il rumore delle pecore, il fruscio del vento, un pastore che mi raccontato il suo lavoro e la sua vita con quella semplicità che ti stupisce, le luci dei paesini all’avanzare della sera, dopo un tramonto infinito.
Cose semplici, in tempi dove l’odio e l’isteria hanno preso il sopravvento.

Preparando le vostre cazzo di autocertificazioni metteteci anche questo: il diritto a essere liberi e goderci la natura, a uscire per un motivo alto e nobile, noi stessi e la nostra vita. E questo lo dico a certi politicanti e ai loro vassalli, agli yesman travestiti da anime pie e tutti i servi che fanno parte della nostra società, con o senza medaglie, che hanno venduto la nostra dignità per due euro. Che hanno giocato a testa o croce col dolore di chi ha voce, di chi soffre, di chi obbedisce tacendo.

Distanti da tutto e da tutti, responsabili e consapevoli, ma liberi e vicini al proprio cuore e alla gente, quella vera.

Appetitosamente

sarà dura, quasi impossibile, tra serate da dj, celebrazioni e voli ma spero quest’anno di fare un salto a Siddi per Appetitosamente.
C’è un ricordo speciale che mi aspetta in quel luogo, oltre ad esserci nata mia madre, aver parenti e casa dei nonni e averci passato mille domeniche e feste da piccolo.
Appetitosamente, nell’estate del 2011, è l’ultimo bel ricordo di mio padre ancora in forma prima che la malattia lo aggredisse e cambiasse il corso della mia vita.
Ricordo che arrivai tardi come mio solito, forse ero di rientro da San Valentino, salimmo sull’altipiano a sentire Paolo Fresu che accarezzava l’aria mentre il giorno finiva e il tramonto colorava il cielo e la Marmilla di quelle tonalità che solo la Sardegna conosce.
Incontrai i miei cugini, comprai il cd Mare Nostrum in un banchetto e poi corsi a Villasimius, all’allora Smaila’s, dove avevo serata.
Ricordo come se fosse oggi. E quando riascolto quelle malinconiche melodie parlano dell’amore di un figlio.
Sono il ricordo di una perdita, di come la vita sia capace di toglierti in poco tempo quanto di più prezioso hai, e purtroppo ti resta solo l’amarezza di non aver potuto far nulla.
La perdita di un padre è un fiume carsico che scorre e ogni tanto riaffiora…