Buongiornissimo kaffééé???
Diciamo che anche questo weekend si compie un altro passo importante della mia vita. Ci vuole energia per sostenerlo, tanta energia e sbattimento, lavoro duro e senza sconti. Son talmente emozionato che stavo per sbattere su una porta automatica 😅
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La grande onda di Kanagawa
Ho messo molti anni per capire cosa potesse restare impresso sulla pelle, poi, quasi per caso, mi sono imbattuto in un quadro anni fa, poi in una mostra a Milano, poi in una serie di altre coincidenze e sono arrivato a lei, all’onda di Hokusai.
L’onda perchè come l’acqua è un movimento incessante, è cambiamento e agitazione. Perchè mi ritrovo sempre nel mare, un compagno di viaggio, amo il suo orizzonte ma mi impaurisce la sua profondità.
Le onde con il loro movimento perpetuo, cancellano e ripuliscono, purificano e dissolvono, rimuovono e rigenerano. Sono sempre in azione come la circolazione del sangue, come la linfa vitale, in antitesi con l’aridità e la condizione statica della morte, non solo fisica.
Le onde agitate, poi. simboleggiano vicissitudini, le illusione e la vanità della vita, ”il flusso di idee, movimenti e senzazioni” che non si ferma mai, giorno e notte. Poteva non essere una metafora di vita?
Ho letto poi che una grande onda simboleggia un grande peso, qualcosa che grava su noi stessi e ci tormenta. Più onde simboleggiano le vicissitudini e i tormenti che però riusciamo a tenere a bada e quindi diventano una forza, un significato positivo. Forti e piccoli, in un attimo alti e invincibili ma poi fragili. Così siamo.
”La grande onda di Kanagawa” dell’artista giapponese Katsushika Hokusai, ecco cosa ho deciso.
Piani di comunicazione
Quando scrivo un piano di comunicazione per un cliente ci chiacchiero ore e ore. Guardo la sua attività, studio i canali e gli strumenti che usa, è come se legga la sua vita, ma è tanto l’amore per questo lavoro che qualcuno si stupisce del tempo che passi per questa fase di analisi.
Chiudere un piano non è mai facile. E’ un lavoro di cancellature e lima. Letture e riletture perchè gli errori sono dietro l’angolo.
Riassumere in poche slide, otto, tutta un’idea, richiede un grandissimo sforzo di sintesi e di ricerca delle parole giuste. Ah, le parole. Quelle fanno sempre la differenza.
(Ma quindi, che lavoro fai?)
Diventare giornalisti: non fatevi fregare
Amiche e amici appassionati di scrittura e giornalismo, occhio! Ho un consiglixi per voi.
Girano continuamente sulla home corsi, laboratori e reclutamenti di collaboratori con promesse di “diventare giornalisti”. Ecco, sappiate che si diventa giornalisti pubblicisti dopo 2 anni di collaborazione continuativa e retribuita presso una testata registrata (che potrete verificare all’Albo o in tribunale). Quando andrete a chiedere l’iscrizione oltre alla documentazione dei pezzi fatti vi chiederanno tutte le certificazioni di pagamento.
Per maggiori informazioni e nel caso abbiate dubbi visitate il sito www.odg.it
Messaggi
Beh amici cari, volevo condividere con voi un messaggio di un amico di Milano che ha chiuso in bellezza questo eccitante lunedì calcistico lavorativo.
Ore 23:10. Tin! (Classico squillo odioso di messenger riprodotto su tre device accesi: Iphone, Ipad e Mac)
Apro il messaggio.
“Caro Tixi…Comunque mi fan impazzire troppo i tuoi stati, i tuoi racconti di viaggio, cioè figa riesci a tirar fuori poesia da momenti poveri materialmente. Si vede che dentro di te sei carico di mille connotazioni, mille simboli, mille spinte di pensiero, ma la gente non ci arriva, come quel racconto del bar a Barcellona, la musica che accompagna il chiacchiericcio, tu che mangi un panino, quel che vedi, i tuoi pensieri e dove vanno. Cioè i piaceri della vita sono davvero anche questi.”
Grazie Lollo.
Grazie a chi fa arrivare, non solo lui, questi messaggi in bottiglia virtuali, che aprono squarci di energia nell’oscurità di una rete che mi piace sempre meno.
La scrittura, come la musica, ha un potere magnifico. Connette. Arriva al cuore di chi meno ti aspetti. Lava l’amarezza. Rischiara l’anima dalla polvere.
Sono felice di scrivere. Sono felice di manovrare musica.
Notte e potere a chi scrive e a chi legge.
Esco a farmi un caffè.
…ma il tuo libro?
Molti mi chiedono quando arriverà un mio libro. Me lo chiedeva pure il mio povero padre, prima che morisse. La sento quasi come una promessa, eppure…sono fermo qui a scrivere cazzate su facebook. O a scrivere per il mio lavoro (ah, ma non sei solo DJ? E che lavoro fai? Spero roba seria…)
Sono così paranoico che quando provo a portare avanti dei progetti che ho (ebbene sì, esistono appunti sparsi e altro) mi chiedo: ma chi lo leggerà? Chi verrà alla presentazione? Ma non è stato già scritto? Cosa c’è di nuovo? Seghe mentali mode on.
Poi, puntualmente, “ma quanto sei bravo…!” e poi quella domanda imbarazzante, quando ci sarà il libro e perché non lo scriva. Qualcosa in lavorazione c’è e davvero mi piacerebbe. I viaggi alimentano questa voglia di scrittura che si perde in mille rivoli quotidiani.
Ma c’è qualcosa che non mi fa andare avanti, forse la pigrizia, forse la mancanza di disciplina, forse la mancanza di un mentore che mi segua, forse il lavoro per sopravvivere che toglie tempo ed energia a un progetto così profondo. Eppure una promessa dovrebbe essere mantenuta. E il demone della scrittura, questo strano mistero che alimenta pensieri e mani, grida vendetta.
Venerdì notte
Venerdì notte, poco al rientro. In questi angolo di mondo che pare lontano un’eternità dal mondo che conosco, tra monti silenziosi e stelle appiccicate al cielo, si contano i giorni ma il finale è un momento speciale in cui lasci perdere stanchezze e numeri e butti fuori quel che resta. Relax mentre fuori promette tempesta, lampi e rombi di turno, ci sono 18 gradi scarsi. Assurdo, se ci penso.
Accendo il Mac, solita musica, scrivo il copione dello spettacolo finale. Bottiglia d’acqua e uva dolce. Rivedo una bozza e penso a come potrebbe essere migliorata.
Mi misuro con un genere di scrittura che mi crea sempre ansie e difficoltà. Ma poi, vedere su un palco qualcosa che hai pensato, assaporare l’ansia che diventa euforia, ripaga sempre tutto.
Un amico mi chiede un articolo su Cagliari
Un amico mi chiede un pezzo su Cagliari per una importante testata. Tempi ridottissimi, bisogna farlo prima possibile.
Ritaglio un po’ di tempo.
Dopo una giornata di lavoro è dura mettersi a scrivere ma ci provo, nonostante tutto.
Tic tic tac fa la tastiera del Mac, il silenzio attorno della notte trentina mi avvolge.
Provo a ripensare alla mia città, all’amore della lontananza. Poetto, la Marina, Villanova. Provo a riaccendere gli occhi di quel bambino che la vedeva troppo grande e incontrollabile, senza preconcetti e pregiudizi. Forse è una città che non esiste più, ma mi emoziono ancora a pensarla così, a lavorare solo di pensiero..
Tic tic tic è sempre la tastiera. Riempio il foglio word. Come per magia arrivano i pensieri e diventano frasi, parole e suggestioni. Le mani vanno da sole, accarezzano i tasti neri. E scopri, nonostante tutto, di amare sempre la tua città.
Come nasce una storia
Spesso su facebook invento storie. Prendo pezzi di personaggi, idee e suggestioni, posti colori e situazioni, le metto assieme come i dischi di una mia serata e creo qualcosa. In quel momento, non ci crederete, sto facendo tutt’altro, aspettando che ne so, una visita medica, il caricamento di un file, fermo al semaforo in attesa del verde, aspettando un amico o chissà che altro.
Mi diverto nel credere che qualcuno pensi che siano pure vere. Lo so che succede. Lo so che ci si offende. Non volevo svelarvi la magia, ma preferisco dirlo, casomai non si fosse capita.
Io scrivo e ho licenza di invenzione 🙂
Telefono senza fili (ovvero ciò che scrivi, ciò che si capisce)
Fa pensare e sorridere come spesso vengano percepiti i messaggi che mandi ma anche le cose che scrivi.