Oggi, viaggiando lungo la 131, vicino a Oristano, mi imbatto in qualcosa di inaspettato, considerato le centinaia di volte che ho fatto questo tratto.
Una grande pala eolica all’orizzonte, un elemento nuovo, che prima non c’era. Incuriosito, comincio a osservarla più attentamente. Man mano che mi avvicino, la sua imponenza diventa sempre più evidente.
È un colosso, un gigante di metallo che domina il paesaggio. E all’improvviso, una strana sensazione mi pervade: la paura. Quel gigante, con le sue eliche imponenti, mi dà l’impressione di una conquista, di una forza estranea che si impone sul territorio. È come se qualcosa di violento fosse stato introdotto in un paesaggio che conosco da sempre, alterando l’equilibrio naturale.
Non fraintendetemi, non voglio certo negare l’importanza dello sviluppo delle energie rinnovabili. Sappiamo tutti quanto sia cruciale per il futuro del nostro pianeta. Tuttavia, l’emozione che provo in questo momento è quella di una violenza inflitta al territorio, come se qualcosa di sacro fosse stato violato.
So che questa è una visione poetica, forse anche un po’ romantica, della realtà, che non esiste spazio per questi pensieri – eh, già – e mi scuso se non riesco a guardare oltre. Ma è proprio questa la sensazione che provo ora.
Penso a Heidegger, che descriveva la tecnologia come un modo in cui l’uomo si rapporta alla natura, spesso riducendola a una mera risorsa da sfruttare. Questa pala eolica, simbolo di progresso e di sostenibilità, appare ai miei occhi anche come un segno di quella stessa riduzione: il paesaggio diventa un luogo da colonizzare, da piegare alle esigenze umane, senza considerare la sua essenza.
Non ho una posizione definitiva su questo tema, sappiatelo.
Mi mancano ancora tanti elementi per poter esprimere un giudizio informato. Tuttavia, c’è un aspetto che non posso ignorare e che credo di conoscere, avendo fatto per tanti anni politica e lavorando nel campo della comunicazione politica: la politica in Sardegna.
La politica si dimostra sempre più inadeguata, incapace di gestire le sfide e le opportunità che il nostro territorio offre. E purtroppo, anche la comunità ha mostrato – se si esclude qualche bella esperienza – un disinteresse cronico per il proprio destino, lasciando che decisioni cruciali venissero prese senza una vera partecipazione popolare.
In Sardegna manca da sempre un dibattito pubblico reale e continuo, una coscienza civile diffusa. Troppo spesso, i politici si concentrano su questioni di corto respiro, e le persone seguono passivamente questa deriva preferendo il disinteresse totale o l’interesse personale (il voto di scambio, il favore, l’amicizia interessata). Questo mi preoccupa profondamente. Ho paura che, anche in questo caso, il dibattito sull’eolico finisca per cadere nel vuoto, che si tratti di un’altra occasione persa per la nostra isola.
Eppure, è proprio nei processi di sviluppo come questi che si aprono grandi possibilità, costruire un futuro sostenibile, rispettando al contempo la nostra terra e le sue tradizioni. Ma temo che, alla fine saranno in pochi a decidere, e le scelte saranno imposte dall’alto, senza un reale consenso popolare.
C’è qualcosa di ancora più preoccupante.
Mentre ci dibattiamo in piccole battaglie(il turista sporcaccione, le dichiarazioni di Briatore, il suv milanese sulla spiaggia, la bandiera dei quattro mori ai concerti ecc), e ci lasciamo distrarre da slogan vuoti e superficiali, una profonda ignoranza continua a mostrarsi. La scarsa consapevolezza delle reali necessità del territorio, unita a questa inerzia culturale, ci sta danneggiando.
I sardi, invece di combattere per cause superficiali o prestare attenzione a falsi miti, dovrebbero (ricominciare a) leggere, viaggiare, studiare, mettersi domande, comprendere le esigenze della nostra terra, a progredire e a evolversi invece di autoconvincersi di essere un popolo compiuto e unico, speciale e intoccabile.
Non ho soluzioni, sia chiaro.
Posso pensare che questo riscatto e progresso non può e deve venire (solo) dalla politica, ma deve partire da noi stessi, dalle nostre scelte personali, dalla nostra voglia di creare, di essere indipendenti e autonomi, senza aspettare nulla dal pubblico.
Il vero progresso nasce dalla volontà di riscatto individuale, dalla consapevolezza che solo con lo studio e con l’impegno possiamo costruire un futuro migliore per la nostra isola.
La grande pala eolica sulla Strada Statale 131 è solo un simbolo, un’immagine che racchiude molte delle contraddizioni della nostra terra. Ma è anche un monito: ci ricorda che, senza una coscienza civile forte e partecipativa, rischiamo di perdere il controllo sul nostro futuro. E questo è un rischio che non possiamo permetterci di correre.
Il rischio è, inoltre, che i mezzi si stiano trasformando in fini, scambiando lo sviluppo tecnico per progresso umano.
Il progresso, in fondo, non dovrebbe mai essere una conquista imposta dall’alto, ma un atto di armonia e consapevolezza, una scelta che nasce dal desiderio di migliorarsi e di riscattarsi, l’amore per la terra e per gli altri, un passo deciso verso un’autentica autonomia e non un’eterna infanzia.