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Grazie Sardegna! (cronache di un rientro)

Aeroporto. Si sente odore di aglio mentre una tipa parla. La scolaresca è eccitata per l’imbarco, mentre la prof – a cui faranno un monumento – si sgola. I ragazzini sono vestiti manco dovessero andare al Cocò, le ragazzine più pratiche e sportive non disdegnano la canadese (trad. tuta, per i non sardi). “Venticinquedddì, prof!” Urla uno. “Ambo!” risponde il suo compagno. C’è la fila, c’è il vociare all’imbarco che copre qualsiasi annuncio, ma nessuno ha ancora chiamato il volo. Io, volto triste e busta di dolcetti per gli amici milanesi, sono seduto e aspetto l’eterna ripartenza e due coglioni alle sei e venti che tanto non dormi ma non hai voglia di partire la sera prima che ti sembra di non aver vissuto. “Imbarchiamo ora il volo per Milano…”. Fuori piove, pista bagnata e cielo senza pietà. Fila sky priority, nonostante ancora qualcuno si intestardisca a voler imbarcare senza averla e viene sempre rimbalzato.

Milano pioggia e rientro complicato.

Sembra lunedì, per fortuna è mercoledì e la città si nasconde in casa e nei locali. Io devo capire solo cosa succederà questo weekend, ma è troppo presto, magari la sera porterá consiglio.

Intanto, a tutte le persone con cui ho condiviso qualcosa in questo lungo ponte in Sardegna dico solo GRAZIE! ❤

Car2go a Milano, eccomi!

Ieri è stata la prima volta di Car2go, car sharing qui a Milano.

Tutti gli amici e mio fratello al mio arrivo mi han detto: ricordati di far car2go.

SettIman scorsa  ricapitolando primo car2go: smart di quelle troppo avanti per uno come me, almeno 7 minuti per capire come passare da marcia di parcheggio a folle (nemmeno me lo ricordo più), paura di qualsiasi cosa (classica mia con auto a marcia automatica memore di avventure in Normandia) e poi altri 10 minuti per parcheggiare con uno spazio da tir. Totale 6 euro. Va bene, è andata anche questa, ho fatto meno danni del previsto. Che per un brombolo come me è una gran vittoria

(Però che figata, prendi e lasci dove vuoi)
Ps mi rispiega come si passa da parcheggio a folle? 😜

Prima corsa dell’anno

Il ritorno comincia la mattina. A Merano c’è un bellissimo sole che rischiara la valle e permette di ammirare le Alpi.

La vita della cittadina riprende dopo un primo dell’anno di pausa quasi forzata, il traffico in centro convoglia attorno al fiume Passirio, e noi che dopo una ricchissima colazione fatta di proteine, e guai a pensare al viaggio che finisce, veniamo salutati da Franz dell’hotel con la sua solita cordialità. E poi dicevano che gli altoatesini fossero freddi e scorbutici!

Trecento chilometri quasi d’un fiato, cercando di bypassare il traffico della Brennero-Modena, entrando e uscendo dall’autostrada grazie al navigatore e tagliando per Affi per poi scivolare sulla Venezia-Torino, la A4. Volano i ricordi a Rovereto, uscita per le mie estati a San Valentino. Poi c’è Bergamo, pista di decollo di mille viaggi impossibili.

Ci fermiamo un attimo verso Brescia, l’autogrill rigonfio di viaggiatori di andata e rientro. Il pollo è secco, l’insalata non sa di nulla, ma io riprendo a far circolare sangue nella mia gamba appena operata.

Milano è anticipata da cartelli giganteschi, ma l’arrivo è lontano. Noi usciamo a Certosa, dopo mezzo giro di tangenziale, cozzando con il traffico del primo giorno di lavoro della grande metropoli.

Lascio lei in albergo, trovo al volo un lavaggio d’auto in zona Fiera Milano. E’ curioso che in cinque mesi d’auto ancora non abbia avuto tempo per mettere il mio bolide sotto le spazzole. Sono 9 euro e cinquanta, l’organizzatissimo Car Wash si trova sotto la Torre Hadid, quella storta, lasci l’auto in una moderna catena di montaggio con lavaggio veloce dentro e fuori.

C’è tempo per una spesa veloce, senza carboidrati e zuccheri aggiunti, e per riordinare casa. Metto a lavare frutta e verdura, attacco la lavatrice con i resti della vacanze e provo a pensare a cosa fare a cena. Semplice: insalata e un secondo.

Mi sento uomo di casa, anche se il caos non accenna a diminuire. Preparo per la mia prima corsa del 2018, come fosse un’idea geniale. Fuori non sembra esserci troppo freddo malgrado il calendario. Gigioneggio un po’, in quel classico momento di dubbio tra uscire e non uscire. Il caldo del riscaldamento della case del Nord e il divano ti coccolano. Invece la motivazione è più forte: cerco le cuffie e tra le cose c’è questo pezzetto di carta regalatomi da un caro amico, Matteo MrBizz Floris. Vorrà dire qualcosa?

Ci penso mentre scendo le scale e il freddo mi prende a schiaffi.

Prima corsa del 2018, prima corsa dopo l’operazione alla gamba. Sento il gelo nella porzione di faccia che resta fuori e la gambe vanno senza pensieri. Corro per una ventina di minuti, con il completo invernale fatto di pantaloni lunghi, maglietta termica, scaldacollo e cuffia.

L’iphone, che all’uscita di casa contava il 34 per cento di batteria, crolla con vergogna mi molla a poche centinaia di metri sul più bello, Heroes di Alesso. La mia colonna sonora motivante da corsa conta sempre una bella tracklist di canzoni da festival Edm.

Resto nel silenzio, io e il mio fiato, e le poche luci di strada. Giro e poi torno e non sento un filo di stanchezza. Pensavo peggio, dopo un mese di pausa. Invece capisco di aver ancora tanta voglia di correre, e non solo su una pista solitaria.

 

Weekend lontano

Certo che passare dalla lentezza che dopo tre giorni diventa esasperante della Sardegna alla velocitá e ai rumori metropolitani di Milano non è roba da poco.
Lunedì, ore 18:25, che se lo racconti non ci crede nessuno: dopo una sveglia alle 4, un volo per Bergamo, un pullman per Milano, poi un altro pullman, una schiena che torna a far capricci, una intensissima giornata di lavoro sono ancora vivo o quasi. L’obiettivo è oggi forse solo casa, anche se l’uscita serale è sempre dietro l’angolo. Il weekend è già lontano ricordo anzi quasi non ti ricordi nulla, mentre la 90 tira sul ponte di via Monte Ceneri. Trovo posto, mi butto nel sedile dietro l’autista ancora con zaino e valigia. È bella la pioggia, rinfrescante e profumata, di Milano. Mi fa riscoprire un po’ il piacere anche solo di starmene a casa e di respirare un po’. Di starmene in quella precisa e perfetta condizione che significa “per i cazzi miei”.
Non mi fermo da giorni, e il programma estivo non concederà tregua. Giorni e notti, treni aerei e serate. Sopravviverò? Chi lo sa, proviamoci anche stavolta.

Consolle milanesi

Milano è sempre più amore. Ma è un amore che richiede impegno e dedizione, un amore inatteso.
Spengo la consolle, altre serata andata, panino al volo con Fabio, autostrada, pioggia e nebbia.
Ok c’è la valigia da fare che tra tre ore sveglia e aeroporto.
Tixilife

La lezione della corsa

Sono tornato a casa felice. Ho chiuso la mia Deejayten qui a Milano, la corsa di dieci chilometri organizzata ogni anno da Radio Deejay. Il primo obiettivo era arrivarci e farla, poi magari farla decentemente.

I risultati finali, grazie all’SMS con i tempi che ti arriva grazie al chip montato nella tua pettorina, sono stati davvero lusinghieri: 55 minuti, nella media di 5:30 minuti per il percorso di dieci chilometri. Oltre ogni aspettativa, anche perchè in allenamento stazionavo tra i 5:50 e i 6:10.

Certo, dieci chilometri sono solo un inizio. Mi scusino i veri atleti per tanto entusiasmo. Le distanze sono tante. Almeno il doppio. Se penso che New York è 42 chilometri abbondanti, torno con i piedi per terra.

Lasciatemi godere di questo momento, però.

La corsa è una piccola grande lezione di vita: preparare un obiettivo per mesi, piccolo ma per uno come me (abituato a fare 4/5 chilometri di media) già importante. Soffrire fino alla fine, quando sembra più complicato di quanto credevi allenandoti perchè emergono emozione, tensione e paura. Poi, quando finisci, dopo esserti sfondato con la busta ristoro (tè, barrette, noccioline, grana e tanto altro ben di dio) cronometro alla mano, veder di aver fatto il tempo migliore (5:30/km di media) e pensare già alla prossima.
In fondo ce la puoi fare, se ti alleni e se hai pazienza e non ti arrendi. Così funziona il mondo.

Serate all’Ingrosso

Serata infinita, Sebatian Ingrosso ha spaccato, c’è un panino e una birra con amici per mettersi qualcosa dentro lo stomaco. Dove trovare un posto aperto per mantiare? Un pub vicino a corso Como, dice Marco. Azzeccato. Ci sono maglie e sciarpe. Due chiacchiere residue ed è mezzanotte passata, via del rientro solo e con gli occhi attenti. Milano non scherza di notte. Cuffie e Edm. Um ragazzo spagnolo quasi mi spaventa al semaforo, mi ferma e mi chiede “Lambrate stazione”. Ha il cellulare scarico, lo mostra e il suo sguardo fa capire la sua onestà. Mi accedo. Gli spiego come arrivare e sorrido: notturno 2, qui direzione Cascina Gobba, otto fermate. Mi sento orgoglioso di aver fatto del bene, mi regala un sorriso per aver trovato un amico sconosciuto e si allontana. La mia buona azione quotidiana, vedi?

Il mio scooter è in Arena civica, mi aspetta e non mi tradisce. Attraverso il dedalo di strade di piazza Lega Lombarda mentre l’ultimo tram esaurisce il suo onesto lavoro.
Corso Sempione, viale Certosa, via Gallarate. Strade lunghissime come praterie. Solitudine e fresco. Profumi di padana e asfalto bagnato.
Ho dieci chilometri da fare, tangenziale ovest e forse torno a casa, quella ancora provvisoria. Un letto disfatto, una bottiglia di mirto da finire. Valigia improbabile da preparare, una lista da scrivere e domani sera sono di nuovo a Cagliari, lo ammetto. Ho migliaia di ragazzi da far ballare e sognare e tanto altro. Appnto nel taccuino, accendo e spengo la tv. Ora sono solo i rumori delle due a farmi compagnìa.
Notti milanesi, notti da Tixi. Chi ha voglia di dormire?
“If I lose myself tonight…”.

Ristorante egiziano, un lunedì notte da hinterland milanese

Un lunedì da lupi solitari. Tavola calda hinterland milanese, video degli Spandau Ballet nello schermo sull’angolo, quartino di vino e poca gente.

Ci manca solo la pioggia e il film è fatto.

Questo ristorantino dagli interni anni Ottanta parla egiziano. Il cameriere e il personale vedendomi immerso nelle mie scritture su un blocco notes si incuriosiscono, mi offrono un mirto sapendomi sardo e chiedono di raccontare della mia terra.

“Un posto un po’ strano, Ahmid, che non vedi l’ora di lasciare dopo un po’ e quando vai via ti chiama come se ti fossi dimenticato qualcosa”,

Poi mi abbandono ai ricordi: “Vedi, in Sardegna c’è la lentezza, la nostalgia, la povertà e l’orizzonte, ma uno come me non può farsi fregare perché se si ferma è finito”.

“Questa sarà sempre tua casa” mi dicono. “Vieni quando vuoi amico e troverai sempre un sorriso”

L’hinterland milanese è un caleidoscopio di storie e incontri improbabili. Temevo questo periodo e invece sto scoprendo un’altra realtà bellissima, prima di tornare in città. Le albe, i tramonti, i campi, il profumo del fieno e dell’erba e gente sempre diversa. La Pianura padana, un mondo che conoscevo solo dalla musica degli 883 e degli articolo 31.

È strano ma ho imparato un’altra piccola lezione, quando meno me lo aspettavo: non esiste nulla di negativo, nessun luogo o persona che possa essere definita e giudicata senza essere conosciuta bella o brutta. Ecco, siamo noi che decidiamo come vedere il mondo e come vivere le nostre esperienze.

Milano, strada di notte

Strada di Milano, un uomo urla e bestemmia. Sembra un personaggio di una canzone di Liga, con la 127 supersport parcheggiata all’angolo.

Gilet di pelle, basettoni, capelli lunghi che malcelano una vistosa calvizie, scarpe a punta di ferro e rayban.

Forte cadenza da confine lombardo svizzero

“Tutta colpa di quelli uomini con la divisa, porco *io, io lavoro e loro non fanno un cazzo, porteteli qui, voglio i carabinieriii!”

Sembra pronto a fare una pazzia. Vaga per la strada.

Da lontano una donna, vestita con un modesto abito da casalinga, senza trucco, si avvicina.

Lo chiama. “Roberto, Roberto!”

Lui si gira, e come per incanto smette di inveire.

Tutta la strada è al balcone, pensa al peggio. Che succederà ora?

Un momento di silenzio interminabile.

Lei ha il potere di farlo calmare. L’aspetta. Si avvicina. Lei lo abbraccia, sussurra qualcosa di indecifrabile e lui ricambia stringendola forte. Piangono. Piangono insieme. In mezzo alla strada, alla luce dei lampioni.

Dai balconi sembra quasi partire un applauso che per rispetto resta silenzioso. E forse anche questa luna padana lassù si commuove, un po’ come è successo a me, ora.