Risvegli differenti, nuove città, nuovi occhi. Ultimi momenti, colazioni in hostel, saluti e ripartenze. Riordino i bagagli, cerco di caricare tutto, lavo i denti per avere l’effetto sciacquafresh, ultimo sguardo paranoico alla camera dopo mille oggetti persi e si scendono le scale. Ripide.
Il bus per Bruxelles Charleroi parte alle 10:10. Prenotato online. Pure il check in. Oramai tutto ruota in questo affarino bastardo che ho tra le mani, con cui combatto per la batteria. La carta non esiste, se non per le mie idee volanti. Allora sì, solo da su foglio.
Quanto tempo da qui a rue de Turin? 10 minuti? C’è tutto il tempo, Tixi, ma sono ansioso. Ho paura di perderlo. Che male ci sarebbe poi? Resterei.
Eccomi. Attraverso un incrocio, una strada, il ponte con le bandiere. Lille capitale europea della cultura 2006. Mi ricorda qualcosa. Svolto l’angolo. L’Autobus non c’è. Avrò sbagliato. Mi rincuorano gli altri in attesa con il trolley colorati. La voce di una signora sarda, cappotto blu e foulard a fiori, trolley, hogan e immancabile busta di pensieri da portare a casa mi rincuora, sto andando bene! La signora intrattiene una discussione con un’altra donna con giubbotto e pellicciotto proprio di fronte. Parla di viaggi, posti, clima, ricordi. Penso, chissà che ci farà qui, sará emigrata o cosa. A chi darà quei regali.
Guardo la stazione della Tgv di Lille, da lontano le destinazioni scritte in giallo sullo schermo. Sarebbe bello proseguire a girare città svegliandosi ogni giorno con un panorama nuovo. Parigi, Berlino, Londra, un biglietto e via… altro che Decimo, Chilivani e Oristano! Qui sei in Eurrrropa. Qui senti davvero quanto sei lontano e isolato.
Eppure nessuna lontananza. Perchè passati quei due giorni di adattamento e crisi linguistica e ambientale oramai ogni posto per me è casa.
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