Condividere un viaggio verso Francoforte con tanti immigrati sardi e avvertire le sofferenze di dover lasciare la propria terra per garantirsi un futuro.
Non sono belli come noi, non vestono Armani e non parlano bene. Certi look sono sicuramente out. Eppure portano nel volto la tristezza delle ferie finite, della Sardegna a tempo, degli abbracci aeroportuali e degli arrivederci stagionali, dei risvegli freddi di foschia, nei monolocali precari, in una terra che non è loro. Esistenze immolate sull’altare di mille inutili piani di rinascita, promesse, campagne elettorali faraoniche e onorevoli con la pancia extralarge che usciva dalle brutte camicie sporcate da piatti di malloreddus.
Pagherei a tanti leoni da tastiera, certi onorevoli e leccaculo, questo viaggio per far vedere che anche noi sardi, nel 2015, siamo poveri e andiamo a cercare fortuna altrove, come fanno altri arrivando nel nostro paese.
Ma se non viaggi e stai tra piazza Yenne e il Poetto queste cose forse non le vedi.