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Un paese in retroguardia

Una delle cose su cui spesso mi sono scontrato con tanti è la sensazione che fuori dall’Italia, nonostante la crisi, si respiri un’aria diversa. La vedi e la tocchi con mano.
Una voglia di fare, di creare e di migliorare, di rischiare, di correre pur partendo da situazioni difficili che da noi non esiste più da decenni.

Il calcio ieri lo ha confermato. Il nostro paese è un pachiderma incapace di guardare avanti, fare progetti, regalare speranza e pensare futuro.
Un paese di continue mediazioni, tromboni e compromessi, di vecchi gelosi del proprio potere e giovani nati vecchi o talmente stupidi da non pensare al futuro e da non riuscire a prendere il posto dei vecchi.
“Figurine non uomini”, come ha detto perfettamente De Rossi.
Ogni tentativo di svolta e rivoluzione viene puntualmente osteggiato dalla classe dirigente e, peggio ancora, dagli stessi italiani, che boicottano chiunque si elevi oltre la mediocrità della massa e premiano i mediocri e gli imbonitori alla Renzi e Berlusconi. A loro piace questo: illusioni. E poi calcio, moda e televisione.

Ecco allora che quando ti confronti con qualsiasi altra nazionale o paese o quando viaggi hai la sensazione di essere tremendamente indietro, fuoriposto, lento e impacciato e a nulla vale la stupida presunzione di superiorità che vantiamo, forti di un passato che abbiamo buttato al vento o dei nostri abiti di marca.
“Ahhhh ma noi siamo italiani”, come se bastasse una frase per risolvere tutto. Oppure “Ahhh ma noi abbiamo il sole e il
mare” come se bastasse a far dimenticare corruzione, disoccupazione, mafia, ignoranza, come se fosse un diritto divino e non un dovere quotidiano vivere in una terra magnifica.

Nessuna fuga, perché non siam codardi, ma nemmeno stupidi da non vedere le macerie intorno e non raccontarle.
Non ci resta che continuare le nostre piccole rivoluzioni quotidiane, convinti che sia meglio apparire pazzi e fuoriposto, europei o cosmopoliti, che morire italioti.

(Se al posto di Italia metti Sardegna l’orologio lo devi spostare ancora più indietro)

 

Pillole finali

1) dimettersi dopo una sconfitta, così come hanno fatto Abete e Prandelli, è un gesto raro in Italia. La politica prenda appunti.

2) tutti si lamentano dei “giocatori figurine” e poi li adorano e fanno le stesse loro cose. Look stravanati, beats al collo, crestoni e tatuaggi.