Per la mia professione partecipo spesso ad incontri e seguo con attenzione i dibattiti e le riflessioni che scaturiscono. Ultimamente si parla molto spesso di creatività, innovazione, digitale e idee. Idee, che parola interessante.
Stamattina sono stato all’incontro sulle azioni dell’Agenda digitale in Sardegna. Sono stati invitati i ragazzi di un istituto di Oristano il cui corso di studi è incentrato sull’informatica.
Dopo gli interventi dei relatori, il conduttore stimola il dibattito e chiede ai ragazzi presenti: “Scrivete le vostre idee su un post-it, tutto ciò che pensate legato ai temi dell’innovazione”. Risposta di uno studente: “Se le scrivo, poi me le rubano”. Si apre la discussione. Con interessanti risvolti.
Poi penso: quanti di questi ragionamenti sentiamo? Il vicinato, la gelosia, eccetera. Ecco che ho voglia di scrivere qualcosina.
Premesso che il furto d’idee purtroppo è diffuso, l’etica e il rispetto sono carta straccia, figuriamoci la promessa verbale e la mano stretta, siamo sicuri che questo modo di pensare sia giusto? Che poi alla fine esista davvero un furto d’idee?
Siamo circondati, specie in Sardegna, da gente con idee originalissime. Creativi non ascoltati, geni incompresi dotati di idee talmente originali e innovative che si tengono gelosamente nascoste e poi muoiono con loro. Poi succede che qualcuno le realizzi prima di loro, e si lamentino. Gli accozzati! I copioni! Ma loro, che avevano mai fatto?
Ricordo un bellissimo ragionamento di Maurizio Goetz che lo sottolinea spesso nei suoi incontri con Andrea Rossi: tante lampadine, quante restano accese dopo un po’ di tempo?
Conta chi fa, non solo chi pensa. Di gente che lancia idee siamo pieni fino alla nausea, di geni incompresi e lamentosi pure. Ma anche di copiature e di fine-idee vendute come originali solo perchè hanno un nome in inglese, una grafica e due foto.
Di gente che fa, investe, innova, forse un po’ meno.