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Consigli inutili per candidati alle elezioni

Occhio candidati che col social fate danni. Che il social non porta voti. Che l’effetto macchietta è dietro l’angolo.Alcuni consigli inutili, posso?

1) continua ad essere una campagna di contatto personale. Il social come sempre valorizza chi ha un buon prodotto 

2) 2 o 3 temi da sviluppare 

3) zero stalking e zero messaggi copiaincolla… Siate delicati con la gente

4) 70% reale, 30% virtuale

5) coordinate gli strumenti digitali e sappiate che il web è pluripresidiato (ergo essere originali e smart)

6) concentratevi sul vostro target… Chi vi ascolta? Chi vi vota?

7) sfoggiate le competenze che avete

8) non mostratevi come non siete

9) proponete soluzioni sostenibili non sollevate solo problemi

10) foto di traffico, lavori, cardanche, merdone, tombini, aliga, promesse da marinaio e cazzate inverosimili vi etichettano come caddozzoni (nel senso poco seri)

Migranti a Cagliari

Ho recuperato un po’ di cose, tra me e i vicini, abbigliamento, scarpe e oggetti per la pulizia personale, quel poco che potevo per aiutare queste persone. Ora mi avvicino all’ex Motel. Quando andranno via si ricorderanno che la Sardegna è un luogo speciale, terra di amicizia e accoglienza.
Vivere è sempre diverso che vedere in tv e leggere. Ne ho sempre costantemente bisogno per capire e farmi le mie piccole idee sul mondo.

Prima sono stato al Motel Agip. Ho portato qualcosa per i migranti che stanno là da qualche giorno, ho provato a chiacchierare con qualcuno, ho incrociato e ricambiato sorrisi, ho detto ciao e fatto il cenno con la mano.

Mi sono commosso durante il primo video, ho provato in questi pochi minuti a capire cosa stesse accadendo a due passi da casa. Forse un pezzo di storia. Era importante capirlo dal vivo. E l’ho fatto da solo, con discrezione e semplicità, senza temere per un attimo qualcosa.

Ho visto tanti ragazzini, bimbi in tute colorate giocare a pallone, altri prendere il sole, altri chiedermi un euro e una giacchetta, altri ripulire i giardinetti. Ho visto volontari faticare. Ho visto tranquillità e incrociando sguardi ancora una volta mi son detto fortunato di tutto quello che ho e mi son chiesto come facessero loro, dopo tanto penare, naufragare e fuggire dal sud del mondo, con il nulla addosso e forse solo la direzione nord, a continuare a sorridere e sperare.

Dissotterrare la paura, il nostro compito.

Forse anche oggi in quei volti ho scoperto un piccolo pezzo delle verità che sto cercando da tanti anni.
(Consiglio a molti, specie ai tanti ragazzi che mi leggono, di portare qualche loro capo d’abbigliamento comodo o scarpe – si cercano taglie S e M, prodotti per igiene bimbi, comunque passare anche al Motel Agip, scambiare un gesto e un sorriso con questi ragazzi, la sensazione sarà davvero speciale)
Ps trovate tutte le info nel gruppo https://www.facebook.com/groups/1725438017727582/

Rinascimento a Cagliari

E se per uno strano caso del destino, Cagliari nel 2016 vivesse il suo primo rinascimento? Vi ricordate il passato recente? Ed ora abbiamo tra le mani una città che lentamente si muove. Lentamente perchè certi processi e mutamenti hanno bisogno di tempo e generazioni. Ma il turismo che prende forma e si alimenta non solo dalle crociere, il centro finalmente illuminato e vivo per le feste, il Poetto diventato organo integrante della città, le piazze e le vie restituite alla gente, le nuove attività messe su da giovani che sono rimasti qui a dispetto delle sirene oltremare, un fervore culturale e di piccoli e grandi eventi mai visto, il Cagliari campione d’inverno (perchè anche il calcio ha il suo perchè). Questo non cancella tanti problemi e la necessità che questo sforzo sia opera degli stessi cagliaritani, che viaggino, leggano, pensino “oltre”, si confrontino con il mediterraneo e il mondo, dalla loro mentalità e voglia di camminare più velocemente, ma sono il solo ad aver avvertito questa sensazione? E sapete bene, amici, quanto io sia stato severo nei giudizi. La severità sta alla base dell’amore e della passione civica, non la stupida autocelebrazione con gli occhi chiusi, le foto della Sella e le solite frasi fatte. Tocca a noi, nel nostro quotidiano, prima della politica

Questo lo dedico a voi

Questo articolo lo dedico a voi, amiche, amici e conoscenti che avete mollato tutto e con gran coraggio siete andati a vivere fuori da Cagliari o avete viaggiato tanto. Per studio, lavoro o semplicemente per cambiar aria. Voi non ci crederete ma ho visto in voi felicità e motivazione, ho letto nelle parole che scrivete su Facebook persone completamente diverse da quelle che conoscevo. E questo mi ha sorpreso. Non è facile star qui, ma non è facile nemmeno lasciare. Ho visto un coraggio di mollare tutto e andare che pochi qui hanno, timorosi di lasciare gli appigli delle certezze e delle mode e la sicura noia della quotidianità. Ecco perché il viaggio e la lontananza non sono mai negative. Ecco perché provarci non è mai sbagliato, malgrado i rischi. Ecco perché nella vita delle persone ci può essere sempre una svolta. Riscuoterete con gli interessi tutto il coraggio e se così non sarà sarete comunque persone degne di rispetto e ammirazione per averci almeno provato.

Amore e odio

Finisce un pomeriggio di Urban trekking con l’associazione Isola che vorrei (complimenti davvero per i tour!) e ancora una volta alimento il dilemma infinito odio/amore per la mia città. Quanto conosco di Cagliari? Poco, davvero poco. Tra cave, cripte, chiese e cunicoli anche oggi mi sono accorto della mia enorme ignoranza. Poi mi sono accorto che ogni volta che giro per “questa Cagliari”, lontana dalla Chiagliari dello stress e dai parcheggi in doppia fila, dai semafori e dagli sguardi di sfida, questa delle palazzine e lucine gialle, delle botteghe e panni stesi, me ne innamoro. La guardo con lo stupore del viaggiatore, ma non riesco a sentirla mai totalmente mia. 

Forse aver vissuto in periferia, lontano da questa Cagliari, tra palazzoni imbruttiti e cacche di cane, mi ha fatto perdere questo piacere dell’anima. 

Dovrei passeggiare di più per queste strade, sentirmi un perenne viaggiatore anche nella mia città, annusare e voltare lo sguardo, potrebbe essere una buona cura contro il disinnamoramento.

E se a Cagliari fosse primavera?

Siamo reduci dalla notizia del danneggiamento del pianoforte della stazione eppure…

Sono incoerente dato il mio rapporto di odio&amore e qualcuno si offende se dico che la nostra città stia scoprendo una sua primavera?
Avverto questa sensazione camminando per castello, osservando, correndo per il lungomare, per il fiorire di eventi, incontri, attività, che stanno abituando i tanti cagliaritani ad uscire di casa e vivere attivamente la magnifica città nei suoi spazi.
Stanno nascendo una moltitudine di piccole imprese gestite da giovani.

Insomma un’altra cagliari timidamente comincia a farsi avanti. Con i nostri tempi, con i nostri ritardi.

Questo non vuol dire che i problemi non esistano, che Cagliari sia turistica, i barbari resteranno barbari nei loro recinti, i lamentosi a prescindere, i fintivip a lucidarsi le auto, le tontazze le labbra, eppure questo è quello che vedo e sento mentre la musica inonda piazza Carlo Alberto. E dove c’è musica, io non manco.

Luciano Spiga, ecco la mia Oasi

Da alcuni mesi ha riaperto lo storico locale del Litorale del Poetto. Ne abbiamo parlato il gestore in una chiacchierata sullo stato del Poetto, visto da un imprenditore che lavora sul campo.

– Ciao Luciano, l’estate è finita, arriviamo sicuramente un po’ in ritardo, ma volevamo raccontare la vostra rinascita, con quali premesse?
Ciao Nicola, eccoci qui. Riapre l’Oasi e sono felicissimo. Dopo qualche battaglia e tanti sacrifici ci siamo nuovamente riusciti. Le
premesse sono quelle di sempre, riuscire a distinguerci per forma e prodotto. C’è tanta concorrenza costruttiva in città. Ci sono tanti
professionisti e altrettanti bei locali. La premessa è questa: restituire al locale l’anima che lo ha accompagnato fin dal principio.

– Eri scomparso “dalle scene” o sbaglio? Dove sei stato in tutto questo tempo?
Nell’ultimo anno mi sono dedicato a me stesso. Ho viaggiato parecchio. Ho visto ed assaporato qualche differente cultura cercando di
assimilarne le note positive.

– C’è stata una querelle con un locale che ha usato il nome Oasi, come è finita?

In realtà non è finita. Il punto è che non sono riuscito ad ottenere un confronto diretto. Sono rimasto senza parole quando ho visto il
nome ed il marchio che mi ha sempre rappresentato in città, usato da altri ed usato male. Male perché per quanto mi riguarda, Oasi ha
sempre rappresentato un concetto, uno stile in cui un genere musicale si sposa con forme e panorami. E’ purtroppo stato stravolto
confondendo una grandissima fetta di clientela cagliaritana che ha pensato fosse un mio prodotto. Ovviamente chi mi conosce bene sa che non mi sarei mai potuto abbassare a determinate scelte. La controversia è in essere, ma non è questa la sede per parlarne.

– Quanto è difficile o entusiasmante lavorare zona-Poetto, un litorale work in progress che sta vivendo una nuova vita?

Bella domanda (sorride, ndr). In effetti in pochi sappiamo quanto sia allo stesso tempo entusiasmante e difficile avere a che fare con un’attività sul litorale. E’ molto difficile. Siamo costantemente in balia degli eventi atmosferici più di quanto si possa immaginare. Siamo totalmente legati alle stagioni, non a livello climatico ma a livello psicologico: “Ferragosto è passato da un giorno, quindi è inverno!” oppure, in pieno inverno: “oggi c’è sole, andiamo tutti al mare”.
Quindi si passa da avere due dipendenti ad averne dieci il giorno dopo per far fronte alle “invasioni barbariche della domenica”. Ma la
verità è che a me piace così. Come fossi in barca in mezzo all’oceano! di punto in bianco si alza il vento ed arrivano le onde; bisogna
essere sempre pronti.

– Ora sta arrivando l’inverno, magari si lavorerà un po’ meno. Puoi svelarci che progetti hai per il futuro?
Il futuro si prospetta roseo per il Poetto, nonostante si sia seguita la peggiore strada a livello burocratico, il risultato è abbastanza
soddisfacente. Mi riferisco al Piano di Utilizzo Del Litorale. Il Comune ha finalmente dato un volto deciso e regolare al lungomare. Il mio progetto come sempre è riavviare come si deve il locale e far sì che rientri a regime d’inverno come d’estate. Chi ha vissuto gli anni 2008/2009/2010 dell’Oasi sa perfettamente che l’inverno al mare, qui in questo locale, è meraviglioso. Ha l’aria di sembrare una gran bella pubblicità, forse lo è, ma sono sinceramente innamorato degli inverni al mare, protetto da una struttura calda, magari bevendo un buon calice di vino rosso, e si, ci metterei anche la pioggia fuori. Sarebbe perfetto.

– Immaginati di poter dialogare ora direttamente con l’amministrazione, che consigli potresti dare?
L’amministrazione dovrebbe smettere di aver paura di rispondere si alle richieste degli imprenditori. Non so se tu abbia mai avuto
esperienze negli uffici comunali. La prima risposta ad una qualsiasi richiesta è no, con successiva motivazione. Il più delle volte la
motivazione è contorta ed illogica. Il punto è che non bisogna avere paura di crescere ed evolversi. Da parte del comune vedo tanta paura.

– C’è spazio per parlare ancora, come si è sempre fatto, di Cagliari turistica o pensi sia uno slogan inutile?
Cagliari è turistica. La domanda è questa: “che genere di turismo vorremmo in città?”. Ci sono svariate tipologie, ma per andare dritti
al sodo, io credo e a Cagliari sia necessario attirare un turismo che vada dai 30 anni ai 45. Meno famiglie e meno anziani. Ci serve un turismo che non abbia paura di spendere,  che vada a cena fuori, che vada a bere per i locali e poi a ballare in discoteca. Ci serve un
turismo dinamico. Quindi ci servono anche strutture ricettive all’altezza e provvedimenti che aprano le porte allo sviluppo
notturno, non strettamente legato ai ristoranti, a mio parere ce ne sono già abbastanza, ma a discoteche e spazi per eventi che abbiano
tutte le licenze in ordine, aiutate magari da piani acustici che invece di tagliare le attività commerciali, vadano loro in contro.

– Nella gestione di un locale quali sono le difficoltà che si trovano?
Le maggiori difficoltà, dando per scontato che a gestirlo sia un professionista che sa il fatto suo, sono legate al costo del lavoro ed
alla tassazione sulle imprese. Oggi il socio maggioritario e con potere decisionale di una qualsiasi azienda italiana è lo stato.
Cadrei in discorsi lunghi, pesanti ed abbastanza scontati se continuassi a parlare.

– Su quali aspetti curi l’Oasi in particolar modo? 
La forma, la pulizia ed il servizio a mio parere sono gli aspetti fondamentali. Il cliente si deve sentire in uno stato di pace e relax.
La musica è a mio parere l’unico elemento che non puà essere casuale.
La musica fa praticamente il 50 % del lavoro. Cerco di offrire un prodotto che sia all’altezza del marchio che ho costruito negli anni.

– Come organizzi il lavoro?

Bella domanda. Il locale è soggetto al clima. Ragion per cui, ogni momento in cui il locale non ha una grossa affluenza durante la settimana, è un ottimo momento per le manutenzioni e l’organizzazione delle idee. Il personale è al minimo (come ogni azienda in italia) con un rendimento che, nonostante sia migliorabile, è abbastanza sopra gli standard; questo perchè noi lavoriamo in squadra! Non c’è dipendente e proprietario, qui si lavora tutti e tutti tanto. Obiettivo è posizionarlo tra i migliori dieci locali della città.

– Fronte comunicazione, come ti muovi?

Per quanto riguarda la comunicazione, credo di essere davvero poco professionale. Vado ad umore e non è una cosa buona. Stato d’animo e clima giocano un ruolo fondamentale sulla riuscita della comunicazione sui social. Diciamo che non sono un esperto ma ci metto comunque il cuore.

  • Un consiglio per passare all’Oasi, per tutti quelli che non ci sono ancora andati?

Non saprei. Il primo è perché ci sono io =), scherzi a parte. Consiglio di passare all’Oasi perché la squadra è gentile e sorridente, i prodotti che offriamo sono buoni (la mia pancia ne è la prova) e i divano son davvero comodissimi. Ma, scusa se mi ripeto Nicola, consiglio di passare all’Oasi perché la Musica, a qualsiasi ora, è capace di trascinarti via e portarti a Parigi lungo la Senna subito dopo il tramonto, oppure a cuba mentre musicisti si danno da fare con ritmi sincopati, oppure ancora in spagna, in una stanza piena di candele, dove una coppia balla tenendosi stretta. Insomma, l’Oasi è un po’ magica.

– Un ringraziamento speciale in questo momento della tua vita?

Non sarei chi sono se non avessi avuto una famiglia fantastica alle spalle. Silvana e Samuele per me sono fondamentali. Siamo
un’unica entità ormai. E’ soprattutto grazie a loro se oggi l’Oasi ricorda l’Oasi di una volta. La mia donna, lei mi sopporta e supporta, inoltre è un’ottima consigliera!

Nicola Montisci (www.nicolamontisci.com)

David Modica, un "cagliaritano" a Riyad

Un altro amico conosciuto da un amico comune. Con una bella storia da raccontare, in giro per il mondo. Sardo d’adozione, partito per laurearsi a Milano, con mille progetti importanti. Ogni tanto riassaggia la sua Sardegna e lascia in questa chiacchierata a distanza un consiglio per le nuove generazioni.

– Ciao David, come nasce il tuo legame con Cagliari?
Da bambino, a 5 anni, ci siamo trasferiti da Siracusa, dove sono nato. Mio padre avrebbe dovuto fare frequenti trasferimenti per lavoro ed invece è rimasto a Cagliari per tutta la vita. Per un siciliano, la Sardegna è come la Sicilia senza alcuni difetti (non tutti purtroppo). Poi sono cresciuto a Cagliari e quindi resta un forte legame, soprattutto con gli amici.

– Quali sono i tuoi ricordi della nostra città?
Ho ricordi bellissimi finché ho potuto vivere senza pensare al futuro, per un bambino ed un adolescente penso sia veramente il paradiso. Ricordo, erano tempi diversi, 2 mesi di vacanza al mare, ci “trasferivamo” a Santa Margherita. E poi libertà, serenità, clima mite, amici!

– Come mai hai lasciato questo “paradiso”?
Decisi di fare ingegneria gestionale e all’epoca il corso era praticamente solo al politecnico di Milano. Pensavo che con quella laurea sarei potuto essere utile in Sardegna. Una volta laureato ho capito che la cosa era molto più complicata, per alcuni anni ho provato a dare un contributo pur da lontano ma ci vorrebbe ben altro.

– Quali esperienze hai avuto dopo? Quali tappe e destinazioni?
Ho lavorato una decina di anni a Milano nel mondo dei sistemi informativi gestionale e poi la crisi mi ha obbligato ad una svolta. Ho pensato che volevo fare un lavoro più vicino ai miei studi. Sono veramente ripartito da zero, anche come guadagni. Sono entrato nel mondo delle costruzioni civili grazie ad un’altra svolta. Conobbi la mia attuale moglie, architetto, che in via di separazione cercava lavoro. Nel tentativo di darle una mano, ho finito per lavorare in quell’ambito. Ad un certo punto non ci piaceva più stare a Milano e io sentivo forte la necessità di recuperare il colore, la natura, l’acqua… Decidemmo di andare a vivere nel lago d’Iseo. Ritrovavo l’acqua, il sole e un modo di vivere simile a quando stavo in Sardegna ma era veramente un salto nel buio perché era un territorio a noi sconosciuto e trovare lavoro in zona non era facile soprattutto per la crisi. Era il 2011 e io avevo già 42 anni. Mi contattò un’azienda di Brescia e mi propose un lavoro in Guinea Equatoriale, nella foresta, rientri a casa ogni tre mesi, due giorni di viaggio per rientrare. Sistemazione in un campo in cui i nostri alloggi erano dei container. È stata un’esperienza durissima ma per me ha rappresentato la svolta.

– Vedo che torni spesso, che sensazioni ti fa provare la tua città d’adozione? E la tua isola? E quali ricette vorresti apportare per migliorare la situazione attuale?
Torno poco rispetto alla voglia che avrei. Alla fine circa una volta all’anno, quasi sempre in estate. Cagliari mi sembra più bella ed effettivamente lo è ma io ormai la vedo da turista sia pur legato da affetti visto che la mia famiglia vive lì e ci sono i miei amici più importanti. Ricette purtroppo non ce ne sono. Sarebbe un discorso lungo perché riguarda la mentalità da cambiare. Se si vuole uno sviluppo economico bisogna rinunciare ad alcune cose e secondo me molti non ne vogliono sapere. Quando vivevo a Cagliari, in genere, nella famiglia media entrambi i genitori lavoravano e si viveva discretamente. Quella generazione fa resistenza al cambiamento. Non so i giovani perché non li frequento. Provo a fare un esempio: il turismo. Il mare da solo non basta. Occorrono investimenti importanti e non possono arrivare dallo Stato, devono arrivare da privati. E ci vogliono progetti simili alla Costa Smeralda. In questi anni di crisi, anche per chi di economia ne capisce poco, si è capito che gli unici che non ne risentono sono quelli che lavorano per il lusso. Questo non significa rinunciare ad altre forme di turismo ma ricordiamoci che per arrivare a Rimini basta un’auto, e questo limita parecchio il target di mercato. Chi ha reso famosa la Sardegna nel mondo è la Costa Smeralda, ma molti sardi la vivono come un corpo estraneo. Quando dico che per lo sviluppo occorre rinunciare a qualche cosa dico che dobbiamo scegliere tra il goderci quel paradiso solo noi e NON farne un mezzo per vivere, o sviluppiamo questa ricchezza aprendo veramente le porte dell’isola ai turisti e agli investitori.

– Di cosa ti stai occupando ora in Arabia?
Lavoro per un’azienda che installa impianti elettrici e meccanici in edifici civili. Qui stiamo costruendo un palazzo dell’università. Tutta la penisola arabica dovrebbe essere guardata con attenzione dalla Sardegna. Hanno il petrolio ma stanno pensando al futuro quando non avranno più l’oro nero. Dove investono? Formazione ovvero scuola, università…, turismo religioso per l’Arabia Saudita che ha la Mecca, glamour per gli altri Paesi.

– Come si vive in un posto così diverso, quali sono le esperienze e le situazioni?
La vita in Arabia Saudita per un Expat della mia età, 46 anni, al di là del caldo non è terribile almeno a Ryiad. Diversa la situazione altrove dove l’integralismo religioso è soffocante. La condizione della donna soprattutto è veramente pesante. Qualcosa, molto lentamente, sta cambiando. Ora finalmente possono lavorare e andare all’università ma ancora non possono guidare, unico Paese al mondo. C’è una separazione sessuale incredibile, è praticamente vietato qualsiasi contatto tra uomo e donna non della stessa famiglia. Diversa è la situazione degli altri Paesi del Golfo che essendosi votati al turismo e non avendo la Mecca in casa, si sono aperti di più.

– Parliamo del domani. I progetti futuri di David.
A me piacerebbe stare di più con la mia famiglia. Spero di avere un contratto in futuro che mi consenta di pianificare almeno i prossimi 3 anni della mia vita. Invece, il mio lavoro prevede l’avvio dei progetti e la successiva gestione. Ora oltre all’Arabia Saudita, seguo a Copenaghen la nuova metropolitana. E quindi, vedo molto poco la mia famiglia. Ultimamente, li vedo una settimana al mese e in questo settore sono un privilegiato. I miei colleghi tornano a casa una volta ogni 3 mesi.

– Cosa puoi consigliare, oggi, dopo tutte le esperienze che hai fatto, a un giovane sardo?
Studiare, imparare bene l’inglese e possibilmente altre lingue e quindi viaggiare, viaggiare preferibilmente da soli. Viaggiare significa perdere la visione “locale” e vedere le cose da un altro punto di vista. Ogni volta che vedo i telegiornali italiani mi rendo conto di quanto siamo provinciali rispetto a CNN, BBC ma anche ad Al Jazeera…

– Quali valori ti guidano giorno per giorno?

Il primo: il rispetto di tutti gli esseri viventi e ti assicuro che girando per il mondo mi sono reso conto che non è una cosa banale.

Poi ne aggiungo un altro: il rispetto per quanto la vita mi presenta. La vita mi da esattamente quello che mi merito. Se non ho quello che sogno vuol dire che in questo momento non me lo merito, devo ancora imparare qualcosa. Sul momento non lo so, ma andando avanti lo capirò. Il mio sogno? Vivere coerentemente con i miei valori. Vorrei non dovermi vergognare mai dei miei comportamenti, insomma vivere da cristiano riassume bene.

– Una canzone, per finire?

My way, a modo mio.

Corse serali

Appunti serali di #tixilife

Quando dopo una fitta giornata di lavoro la stanchezza ti prende e ti porta a sederti sul divano, col rischio di accendere quella maledetta televisione o su facebook a rincoglionirti serve una scossa: decidi di cambiare il BPM della tua vita, ritrovi un po’ di motivazione, prepari la playlist, ti cambi ed esci.

Ore 19 e un quarto: zona porto. Parcheggio e mi fa da sfondo un bellissimo tramonto. L’aria è fresca in questa sera di settembre.
Parti, i primi dieci minuti sono sempre una sfida personale. Che palle, la corsa. Le canzoni sfilano via. Arrivano quelle giuste. Arrivano le parole giuste. Buildup e poi drop! Carica! cominci a prendere ritmo e gambe e piedi rispondono “presente!”

Cagliari ti scorre come un videopromo, una cartolina animata, abbracciando il porto, le caserme, il terminal crociere, poi il lungomare, Viale Colombo, il porto di Bonaria arrivando fino alla Stadio, tra luci e colori, facce che si incrociano, profumi di mare, di sigaro, di canna, di fogna, di Mammaranca, di erba selvatica e poi ancora mare. I minuti passano e la voglia ti prende. La stanchezza paradossalmente cala.

Ringrazi il momento in cui sei uscito. Ringrazi l’aria, il mare, quel che vedi.
Ci sono gli incontri con gli altri atleti o presunti tali come te, vestiti come te con colori evidenziatore. Ci sono i ciclisti, ci sono i camminatori, le coppiette che fanno l’amore e quelle che litigano.
E poi la soddisfazione finale, mentre oramai il tramonto è diventato cielo blu notte, un coitus interruptus per aver respirato, corso, visto, ascoltato, vissuto. La stanchezza soddisfacente di un fine allenamento, che ti ristora il cervello e l’anima.

Tutto questo è la corsa, è l’attività fisica. Mezz’ora al giorno. Quindi se state boccheggiando a casa, se siete annoiati, tristi, in pensiero, incasinati, se avete bisogno come me di nuovi spunti uscite subito, completino e corsa. Trovatevi posti che vi facciano vivere la città in modo diverso.
Regalatevi una Cagliari nuova, lontana da rumori e stress, dalla folla e dagli automobilisti, quella che riesco ad amare quando sto qui, regalatevi voi stessi.

Nuovo Poetto

Fedele alla tradizione di fare al contrario sono al Poetto per la prima volta di quest’estate.

Avete capito bene, è la prima volta di quest’estate, vergogna, alto tradimento! Non sei un cagliaritano vero!

Qui, di sera, la spiaggia si vuota, le auto lontane. Impensabile! Mai l’avrei detto.
Si accendono le prime luci e una cover band di Vasco prova i primi accordi. Ho una bella sensazione. Mi siedo su una panchina, osservo il mondo che mi passa avanti, rubo frammenti di chiacchierate, di ricordi, di telefonate, di silenzi.

Sì, mi piace così… alle spalle il vento, rumore del mare in surround e una luna piena color arancio.

Mi piace godermelo così. Un po’ come la città.