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Vita da dj

Fare il dj non è solo salire sulla consolle, essere conosciuto e mettere tutto il tuo intuito e genio per far divertire la gente (e non è detto che si riesca). Delle serate mi piace notare i particolari e ricordarmi gli intrecci: i genitori che aspettano con ansia i figli all’uscita, i miei litigi con il computer, vedere in azione i colleghi amici dj e la loro diversa concentrazione e linea musicale, gli abbordaggi spesso improbabili in pista dei clienti, il mare che luccica e la luna sullo sfondo di ogni notte d’estate, i profumi dei paninari all’uscita e le tante persone che ti fermano in serata, un saluto nella loro gestualità e due parole sempre da condividere, o una foto, spesso anche chi non ti aspetti che pure ti segue e sa tutto di te tramite i social. 
La musica e quella euforia poi si dirada quando accendi il motore e la serata diventa un file da archivio dei ricordi. E non puoi che ringraziare che tutto questo continui ad accadere. 
Ok, valigia da fare, due ore di sonno e poi volo Cagliari-Bergamo.

Eppure, non so perché, ma oggi sono triste di andar via.

Perché fermarsi?

Che bello e strano questo saltellare da una parte all’altra e prendere il meglio, ieri ero in Darsena a Milano oggi ho cambiato latitudine, Cagliari, Poetto, profumo di mare e musichina di Andrea B-Side Loche all’Oasi che mi ricorda come il dj parta sempre dai fondamentali. Adoro tutto quello che il mondo può darmi, qualsiasi spunto, suono e panorama. Amo le differenze, i confronti e il movimento.
Perchè fermarsi? ❤️🌊

 

 

 

Voglia di partire!

Dopo due giorni intensissimi di Sardegna ho già voglia di ripartire, eh già succede sempre, il tempo passa troppo lento e forse l’abitudine alla dinamicità di Milano in questo momento della vita è quello che mi piace. Oggi però ci sarà il mare e che mi terrà ancora legato, un mare lontano e bellissimo e poi all’alba, Milano. Lo dico per il bene mio e tuo, cara Isola.
Insieme a te non posso stare troppo ma così forse, abbracciandoci ogni tanto senza soffocarci, conviveremo sempre.

Ingrano la prima!

Sono a Oristano, al Centro federale della Figc, a una riunione delle società di promozione. Foto, pezzi, aggiornamenti da scrivere e appunti da riodinare. Tempo per rientrare sotto un sole cocente e una radio che propone Simply red.
Accendo la macchina, poca benzina, 40 km di autonomia.
Cominciano i pensieri: un giorno dovessi citare delle persone sicuramente un posto speciale ci sarà per chi in questo mio periodo di vita, cambiamenti, viaggi e stravolgimenti, che mettono a dura prova fisico e mente più di quanto uno pensi stando fermi e la frivolezza e leggerezza diventa una risposta naturale) si sta sempre facendo sentire anche solo per chiedermi come sto, che non mi esclude per invidia o lontananza e capisca che dietro una vita forse da cazzone e semprebambino ci sono sempre tanti sacrifici. Che non complica, non giudica e non mette bastoni.
Sto investendo tempo e pazienza in lavori, progetti e passioni, facendo scelte fondamentali e camminando in un sottile filo.
Ho ingranato la prima e non so come andrà. Intanto, grazie 🙏

Week end cagliaritano

Sulla circolare 90 oggi poche presenze ma in compenso hanno acceso l’aria condizionata a palla. La mia schiena lucidata da Voltaren non gradirebbe, allora cambio veloce posizione e trovo un posto rivolto verso la coda, vicino alla ultima portiere.
Zara, fermata Zara, ripete la vocina dell’altoparlante, e scatta in cuffia Ofenbach.
Momento riflessioni e todolist mentali: weekend cagliaritano che neanche ci sto dentro nel rapporto tempo/cosedafare. Serate da dj, appuntamenti con figc, organizzare il trasporto scooter a Milano, fare un grande pacco con i vestiti estivi, commercialista, trovare chi mi manovri la schiena, farmi una corsa al tramonto, salutare mamma e amicizie sparse. Le mie classiche quarantott’ore senza fiato che poi riparti alle 6 del mattino di lunedì, muori e risorgi.
I love you, I want you…ora tocca ad Axwell/Ingrosso. E la domanda: quante persone effettivamente ci amano e ci vogliono? Lo scopriremo mai? E cosa definisce un amore rispetto a un semplice interesse momentaneo? Non rispondete, semmai avete coraggio, fidanzamenti e cose varie che siete antigusu.

Addio stadio Sant'Elia

Oggi niente Sant’Elia per me, sono qui a Milano per gli impegni da dj. Mentre cammino per Porta Nuova, quartiere avveniristico, con un sole che fa spavento e picchia forte sui grattacieli e le auto impazzite per io Giro d’Italia ho pensato a quanto lo stadio di Cagliari ha fatto parte della vita. 
Quanto ricordi ci ho lasciato tra gli spalti, quanti episodi, amicizie, quanta paura e quanta riconoscenza per quel luogo che ho iniziato a vedere mano per mano con mio padre in una lontanissima Cagliari-Inter del 1981, tribuna laterale numerata. 

Io troppo piccolo e lo stadio troppo grande per me. Entravo gratis, da under12. Salivo le scale dopo aver superato gli sguardi delle maschere ed allora cominciava la gioia, il continuo emozionarsi.
Mi innamorai dei colori, dei profumi di pipa e panini imbottiti e dei rumori della gente, di quei rituali domenicali. Mi batteva il cuore e se non era stadio erano capricci. 

Poi la promozione con Ranieri, il concerto di Vasco, la curva, la Coppa Uefa, anni in cui io e lo stadio eravamo una sola cosa. 

Il mio sant’Elia era quello dei sessantamila spettatori, del primo tabellone che ci emozionava, del ponte su Mammaranca, delle tribune lontane e scomode. 
Abbandonai lo stadio per anni. Non rimpiansi mai quella scelta. Forse era giusta e doverosa dopo troppo tempo. Un riflusso naturale.
Poi, qualche anno fa, quando oramai non pensavo accadesse più, l’ho riscoperto dietro le quinte, come speaker, nei suoi meandri ogni domenica e a bordo campo. 

Mai l’avrei detto che alla fine quel sogno da bambino sarebbe successo ma forse io ho avevo dato talmente tanto al Cagliari che il Cagliari mi ha restituito tutto. 
Caro Sant’Elia, sarai pure vecchio e inutile, ma la mia generazione ti ringrazierà per sempre. Terrai sempre con te e con la tua anima un pezzo delle nostre storie semplici.

Il Sant’Elia

Oggi niente Sant’Elia per me, sono qui a Milano per gli impegni da dj. Mentre cammino per Porta Nuova, quartiere avveniristico, con un sole che fa spavento e picchia forte sui grattacieli e le auto impazzite per io Giro d’Italia penso a quanto lo stadio di Cagliari ha fatto parte della mia vita e di quella di tanti. Provate a farlo anche voi, dai!

Quanto ricordi tra gli spalti, quanti episodi, amicizie, quanta paura e quanta riconoscenza per quel luogo che ho iniziato a vedere mano per mano con mio padre in una lontanissima Cagliari-Inter del 1981, tribuna laterale numerata.
Io troppo piccolo e quel luogo troppo grande per me. Entravo gratis, da under12 accompagnato dal babbo.
Salivo le scale dopo aver superato gli sguardi delle maschere ed allora, finiti i gradini, cominciava la gioia, il continuo emozionarsi.

Mi innamorai dei colori, dei profumi di pipa e panini imbottiti e dei rumori della gente, di quei rituali domenicali fatti di palloni e bandiere. Mi batteva il cuore e se non era stadio la domenica erano capricci. Non c’era scampo. Terribile.
Poi la Coppa Italia con il Napoli di Maradona, la serie C quasi C2, i derby, la promozione con Ranieri, il concerto di Vasco, la curva, la Coppa Uefa, anni in cui io e lo stadio eravamo una sola cosa.
Il mio sant’Elia era quello dei sessantamila spettatori, del primo tabellone che ci emozionava, del ponte su Mammaranca, delle tribune lontane e scomode.

Abbandonai lo stadio per anni. Non rimpiansi mai quella scelta. Forse era giusta e doverosa dopo troppo tempo. Un riflusso naturale.

Poi, qualche anno fa, quando oramai non pensavo accadesse più, l’ho riscoperto dietro le quinte, come speaker, nei suoi meandri ogni domenica e a bordo campo.
Mai l’avrei detto che alla fine quel sogno da bambino sarebbe successo ma forse io ho avevo dato talmente tanto al Cagliari che il Cagliari mi ha restituito tutto.

Caro Sant’Elia, sarai pure vecchio e inutile, ma la mia generazione ti ringrazierà per sempre. Terrai sempre con te e con la tua anima un pezzo delle nostre storie semplici.

Post calcistico

Tempo fa quando ti salvavi in serie A si andava in giro a festeggiare. Bandiere, auto e un minimo di felicità. Potevi stare tra le grandi. Era il nostro scudetto e te lo godevi eccome, e se arrivava prima della fine valeva doppio.
Oggi, di guadagnarsi un altro anno di palcoscenico, non gliene frega a nessuno. Uno scazzo generale, un continuo distinguersi e farci sapere che loro hanno le soluzioni giuste, dai mister agli schieramenti. Sì, parlo della pletora degli eterni scontenti, come le pivelle che non si fidanzano perchè sono tutti brutti o quelli che in disco non ballano perché la musica non piace.
Nessuno che dica grazie, un applauso sincero o faccia un complimento per questa piccola impresa. Che sia tutto facile e dovuto come essere promossi dalla B alla prima serie?
La schiera dei lamentosi continua ad essere molto ampia e in servizio permanente effettivo. Non si capisce ancora che problemi abbiano. Cosa vorrebbero loro e cosa si potrebbe fare di più per una provinciale come il Cagliari, è ancora ignoto a sapersi.

Treni d’altri tempi

Aereo in ritardo mostruoso, le donne che mi aspettavano son fuggite, i taxi non accettano carte di credito, non ho coraggio di chiamare qualcuno allora con i pochi soldi in tasca decido di buttarmi sul passato.
La ferrovia, esperienza mistica tra rumore di ferraglia e odore di gasolio, a bordo io, il sosia malefico di Stefano Cruccu e due tipe di cui una esordisce con una battutona al telefono “siete fuori come due cozze” (ah?). E ancora sedili rifatti e tendine polverose, controllore d’altri tempi, totale 1 euro e 50, e viaggi nel tempo, forse addirittura paghi sesterzi e poi un dubbio: la stazione di Santa Gilla, “itta serbiri?”
Un trolley e faccio il viaggiatore a Cagliari, solo soletto in stazione. La dura vita da condannato a vivere in giro per il mondo.
Ma la serata non finisce qui, forse… 😜