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Le qualità per vincere

Pubblico una bellissima nota dell’ex tecnico della nazionale di pallavolo Velasco…

L’idea della mentalità vincente a volte è fuorviante. Non credo che serva molto “caricare” i giocatori prima della partita. Certo, lo facciamo, ma solo qualche volta, altrimenti non serve, ci si abitua.
Ciò che conta è fare diversi passi che portano alla mentalità vincente, perché questa si ottiene solo vincendo. La mentalità vincente non è un trucco psicologico.

Il problema è cosa significa Vincere. La prima vittoria che propongo ai miei giocatori, e che mi pongo io stesso, è battere un nemico terribile, anche perché si nasconde, anche perché noi non lo vogliamo mai affrontare, che di solito ci fa più paura anche dell’avversario più forte. E questo avversario sono I NOSTRI DIFETTI, i nostri limiti, le cose che non ci vengono bene, che non ci piacciono. Questa è la prima vittoria, perché se non si Vince questa gara non c’è miglioramento, cioè aumento della qualità.

È inutile dire: “La nostra squadra Vincerà. Però lui batte male e non impara a battere meglio, lui è uno che non riesce a mantenere la concentrazione e continuerà a non riuscirci”. Non c’è niente da fare: la prima vittoria è Vincere contro noi stessi. E dopo questa prima vittoria possiamo già cominciare ad avere una mentalità vincente, perché sappiamo vincere i nostri difetti, e ancora non abbiamo battuto nessuna squadra.

Il secondo passo è VINCERE CONTRO LE DIFFICOLTA’, che è un’altra cosa rispetto a noi, perché quando parlo dei nostri limiti parlo di limiti personali, oltre che della squadra, non limiti in generale. Poi ci sono altre difficoltà di ogni tipo che dobbiamo risolvere, che dobbiamo battere. La nostra squadra oggi è famosa a livello internazionale per un fatto che sembra banale, ma non lo è: siamo famosi perché non ci lamentiamo mai. Sembra poco, ma non è poco. Potete controllare tutti i giornali dall’89 a oggi, non è mai capitato che dopo una sconfitta noi dicessimo: “È stato il fuso orario, avevamo un giocatore con un’indigestione, abbiamo dormito male, l’arbitro…” Mai. Non l’ho detto mai. Perché ? Perché anche questo modo di comportarsi fa parte della mentalità Vincente.
Tutti possono spiegare perché non si è riusciti a fare una cosa, pochi riescono a farla lo stesso. E per questo occorre vincere anche le piccole difficoltà. Ad esempio noi siamo una delle poche squadre italiane che quando va all’estero non si porta dietro gli spaghetti, l’olio, il prosciutto, la macchina del caffè. ..Si dice: “Poverini! Se non hanno gli spaghetti a mezzogiorno si deprimono”, però dopo bisogna giocare contro venticinquemila brasiliani, che urlano dall’inizio alla fine, e lì non ci dobbiamo deprimere, perché siamo duri, dobbiamo vincere.
Per le altre cose però non siamo così duri. È un po’ come preparare l’esercito per la guerra stando in un albergo a cinque stelle: “Stiamo in un albergo a cinque stelle così quando andiamo in guerra siamo in condizioni fisiche migliori”. Non credo che questo accada. Il passaggio dal fango dell’addestramento agli spari veri è comunque difficilissimo, ma almeno se siamo abituati al fango è già qualcosa. Quindi noi non ci portiamo gli spaghetti, non ci alleniamo in posti ideali. Perché se ci alleniamo dove fa sempre fresco, quando poi dobbiamo giocare a Cuba, che è calda, perdiamo. Invece noi dobbiamo vincere, dove fa freddo e dove fa caldo, sempre.
Non riuscire a vincere le difficoltà porta a quella che chiamo la “cultura degli alibi”, cioè il tentativo di attribuire il motivo di un nostro fallimento a qualcosa che non dipende da noi. Di solito ci si rifà a cose molto grandi, strutturali, storiche, del genere caratteristiche dei popoli (“Noi italiani siamo così, lo sono nei cromosomi, e allora non c’è niente da fare”). Ma la cultura degli alibi utilizza anche spiegazioni più banali. Nella pallavolo, ad esempio, si verifica questa situazione: lo schiacciatore, che riceve la palla un po’ staccata dalla rete e tira fuori, dice al palleggiatore “Prego, la palla più vicina”, il palleggiatore, che a sua volta ha ricevuto la palla un po’ staccata e ha alzato male, si gira e dice alla ricezione “Ragazzi, la ricezione!”, quello che ha ricevuto la palla dall’avversario non può dirgli “Batti più facile”, allora dice “Quella luce mi dà nell’occhio”, allora devo chiamare gli elettricisti, invece di allenare.
Adottando la cultura degli alibi elimino la possibilità di utilizzare il feedback, che sta alla base dell’apprendimento.

Il terzo livello di vittoria è VINCERE CONTRO GLI AVVERSARI, e qui viene il problema della qualità, nostra e degli altri, ed il problema di misurarla. In tal senso le statistiche ci servono a non fidarci delle semplici impressioni e anche a misurare in cosa dobbiamo migliorare. Ricerca della qualità non significa infatti ricerca della perfezione, perché quella della perfezione è un’idea perdente, per il semplice motivo che non è possibile raggiungerla. Se si pretende la perfezione, otteniamo il risultato che il giocatore, vedendo che non ci riesce, comincia a considerarsi in modo negativo, perché non raggiunge l’obiettivo che gli abbiamo dato. Uno dei compiti di un vero allenatore è saper individuare fra tutti gli elementi da migliorare in una partita quelli che sono decisivi per la vittoria. Questo significa stabilire delle priorità, e credo che sia una delle cose più difficili da fare. ma stabilire delle priorità è l’unico modo per guidare il processo che porta alla vittoria. Fra tutti i difetti dei giocatori occorre individuarne tre. E su quelli bisogna “martellare”, finché non si ottiene il salto di qualità. Mentre gli altri li tocchiamo. Ma non possiamo pretendere per tutti lo stesso livello di applicazione.

J.Velasco

Appena prima di partire, riflessioni di fine anno

Come ogni fine anno giunge il momento di un piccolo bilancio, delle riflessioni, dei commenti su questo 2008.

Un anno vissuto con soddisfazioni, traguardi raggiunti, gioie e dolori, errori e grandi gesti.

Spesso ci si chiede se possa esistere un anno bellissimo e perfetto. Io penso di no: esiste sempre qualcosa che va bene e qualche altra che non gira per il verso giusto. Bisogna mettere in cascina la prima, come fosse fieno per i periodi di magra che un agricoltore custodisce con dovizia e far tesoro delle lezioni delle cose andate male.
Un anno attraversato dalle mie mille attività, ringraziando fin da ora chi, da spettatore o da protagonista, è entrato nei miei piccoli e intensi mondi: politico, calcistico, discotecaro, editoriale o affettivo. Non mi va di elencare tutto ciò che è accaduto, se ripercorrete le pagine del mio space potrete trovare ampie documentazioni.

Mi basta scrivere che dentro me, nella mia vita, è proseguito, pur con qualche frenata, il lento progetto di “rinascita” che è iniziato dal mio viaggio in Irlanda, terra a cui (purtroppo) sono sempre molto legato e in cui, non ve lo nego, vorrei tornare.Una rinascita doverosa per un ragazzo alla prima tappa della sua vita.

È stato un anno riflessivo, in cui ho tentato di mettere a frutto i tanti insegnamenti che libri di filosofia ed esperienze ti danno. È stato un anno di grandi scommesse vinte e di altre purtroppo mancate, ma ci stava. E anche se c’è davvero tanto da fare per migliorarsi, non a caso il mio motto è “il meglio deve ancora venire“, la strada è quella giusta, penso, stando attenti agli irrimediabili passi falsi e alle soste forzate, dalle quali però impariamo più di ogni vittoria.

Buon anno quindi a voi, agli amici e alle amiche di sempre, che ci sono sempre.

Altri e altre, nuovi, son stati una gran bella rivelazione, e anche loro ci sono e spero ci saranno in futuro.

Altri ci sono pure e ti aiutano a migliorare, anche solo con un consiglio.

Altri a volte ci sono, a volte no, o si avvicinano solo per la tua porzione di popolarità e null’altro, o solo quando ci sono le elezioni (mi preparo…) e le serate in discoteca per avere le liste omaggio.

Accade anche questo, permettete di dirmelo con innata tristezza.

Buon anno ai miei cari, ai miei dirigenti e giocatori, vecchi e nuovi, e agli avversari sul campo e fuori, ai colleghi consiglieri in circoscrizione con cui discuto e litigo, ai miei collaboratori in disco in prima e seconda serata (Zodiacov, G-Class, Allstarteam e X-Tend), agli amici dell’estate in trentino a San Valentino, ai miei contatti internet, ai colleghi dj, ai tanti amici e alle amiche che affollano le mie serate in disco ballando in pista al ritmo della mia musica e non perdono occasione per ripetere con me quella strana frase, “la gente è strana…prima si odia e poi si ama”. Ai miei fedeli redattori che ora mi seguiranno nella nuova avventura su Crastulo.
Mi scusino quelli con cui sono stato irascibile, presuntuoso, indisponente, è accaduto sicuramente, ma detengo tutti i vizi dell’umanità e non me ne vergogno né li nascondo, nella speranza sempre di limitarli, perché eliminarli penso sia impossibile.
Buon anno, perché no?, ai gelosi, ai detrattori, a quelli che non perdono occasione per venirti contro. Anche questi fanno parte del gioco, mai dimenticarlo.
Così come voglio ritagliare un pensiero per chi realmente soffre, per quanti ci hanno lasciato e le loro famiglie e amicizie strette, soprattutto i giovani, in particolare Paolo, Chiara e Gianfranco, per tutti quelli che non possono avere un’occasione per sorridere e pensare positivo come noi.

Grazie a voi per quest’anno, per ogni mese, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo, ogni istante in cui mi avete regolato la gioia di vivere e di fare quello che amo fare, che fosse l’allenatore, il dj, il giornalista o semplicemente l’amico.
Grazie perché “nessun uomo è un’isola” e senza di voi non potrei vivere.

Tra poco si parte, destinazione San Teodoro, dove stasera mi aspetta un ultimo dell’anno in consolle al Buddha del Mar.

Mi auguro e vi auguro un anno splendido, proficuo, ricco di momenti felici, che ci lasci qualcosa, che ci faccia crescere soprattutto dentro, maturare, arricchire. Ci apra la mente e il cuore, ci faccia incontrare persone ed occasioni costruttive. Un anno che ci lasci più consapevolezza, che ci inviti a porci tante domande e ricercare tante risposte, che ci renda più disponibili con il prossimo, meno egoisti, meno presi dalle nostre cose e dalle stupidaggini ma più alla ricerca del vero senso della vita, dell’importanza e del peso da dare ad ogni cosa e persona che incontriamo, a ogni sorriso che regaliamo, a ogni gesto positivo che offriamo, fosse anche per un minuto, del perché viviamo e del come vivere questo grandissimo dono che è la nostra vita.