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Ringraziamenti e bilanci tra Santiago, Madrid e Cagliari

Mentre sono tra le nuvole del volo Santiago-Madrid, prima di puntare verso Cagliari ripenso un po’ a questo viaggio, e parto proprio dalla fine. I fuoriprogramma, le cose più belle della vita. Eppure li temo, perché barcollo sempre tra desideri di liberazione e ansie da cagliaritano.
Non dire, non fare, non pensare, chissà cosa accadrà? Poi scopri che regalano sorprese e cambiano serate altrimenti destinate a raffreddarsi tra noia e sbadigli, come ieri sera.
Stamattina sveglia alle 7, doccia e corsa all’aeroporto (finalmente non otto ore prima come mio solito per le mille paranoie). Tempo per una colazione carissima (7€ per spremuta, cappuccino annacquato e una napoletana… Esiste frastimiamo e lodiamo?) e si parte. Ho sempre pensato che consumare in aeroporto sia un errore grossolano ma, stupidamente, ci casco sempre. Come in tante altre cose in cui dimostro di essere uno scemo patentato. Persevero. Come nel mandare sms dall’estero o usare l’iPhone e sprecare batteria quando poi mi servirebbe per cose serie.

Facciamo un po’ i bilanci di questo viaggio dopo circa 150 km percorsi a piedi in totale (113 di cammino e altri sparsi), 11 bus presi, 4 voli aerei.

Cose positive:
– la capacità di fare amicizia con gente che non ho mai visto e mettermi in gioco. Adattativo
– meno vergogna nel chiedere le info all’estero (orari bus, strade), mio grosso cruccio (rideranno di me?). Invece, tutti disponibili
– curiosità sui piatti locali (tranne il polpo, sia chiaro)
– sono rientrato in una chiesa dopo tanto tanto tempo
– numero di oggetti portati quasi perfetto
– risposta fisica più che sufficiente: ho usato giusto qualche anti-infiammatorio, ma nessun cerotto o altro strumento. Giusto qualche dolorino serale (sembravo Pinocchio)
– i cambi programma (andare in ostello invece che in hotel)
– il sacco a pelo
– l’iPhone, un vero compagno di viaggio utilissimo in tanti casi per prenotare, prender appunti, scrivere, fotografare, leggere libri e cazzeggiare
– aver usato una sola scheda telefonica lasciando l’altra (e mi scusi chi mi ha contattato al 392)
– ho capito che mi piace la Spagna e la lingua spagnola. Anzi, me gusta
– mi son appassionato di piccole cose: panorami, persone, mangiare le more in cammino, saltare un ruscello, incrociare un contadino, mangiare nelle taverne, lavare la roba col sapone. Low Tixi
– mi son sporcato sentendomi fiero di me. Er zozzone
– facoltà di adattamento inattese. Macgyver
– ho rispolverato gli occhiali da sole Bollè che usavo nell’estate del 2000: revival
– look trasandato e poca attenzione al vestiario: vagabondo
– mi sono ingegnato per risolvere la mancanza della scopetta del cesso nella camera a La Coruna con il getto dell’erogatore della vasca: geniale
– il bagno e il tramonto a Finisterre, sull’oceano: eccitante
– ancora una volta mi hanno scambiato per un 25enne e per uno studente Erasmus
– la colonna sonora scelta: Enya, Mannoia e colonne sonore varie mi hanno accompagnato

Cosa non mi è piaciuto:
– tutte le paranoie iniziali: sono il solito
– potevo risparmiare qualcosa di più sulle spese, organizzandomi meglio. Sprecone
– potevo portare ancora meno roba: due bermuda invece di tre, ad esempio.
– ho acquisito almeno 3 chili: inutile camminare e poi cenare a distruzione (ma non si poteva dire di no)
– a Ferrol ho sprecato una giornata (programmato male e tardi).
– ho letto le notizie provenienti dall’Italia: potevo evitare. Stupido
– due colazioni carissime a La Coruna e oggi. E poi ti lamenti di chiagliari?
– ho rischiato di svenire e morire alla prima tappa dopo aver bevuto una coca ghiacciata al termine di 20km di cammino. Un funerale a Portomarìn non sarebbe stato il massimo
– ho perso l’asciugamano, anzi me l’han ciulato, proprio prima del bagno sull’oceano
– ho perso gli occhiali ma, dai, ne ho fatto a meno alla grande. Zurpo

I ringraziamenti vanno, oltre che ai miei compagni di viaggio Giorgio, Erika, Guido, Ercole, alle due amiche brasiliane di ieri (Jaqueline e non ricordo l’altra!), a tutti quelli incontrati nel percorso.
Ringraziamento offline specialissimo per tre consiglieri d’eccezione: Antonello Lai (non quello di Tcs ma quello di Match e diario sportivo) per la prima spinta motivante; Pippo Pirisi per le preziose informazioni tecniche, i segreti e il prestito della mochila, Emanuele Angius per la segnalazione e Matteo Lecis Cocco Ortu (che tra l’altro è anche un bravo consigliere comunale) per gli ulteriori consigli prima del Cammino.

E poi dico grazie a chi ha seguito questo Cammino, letto il blog, si è sentito al mio fianco, si è ispirato e lo sta progettando e mi ha mandato messaggi e scritto su fb. Se avete bisogno di consigli e idee per fare anche voi questa esperienza, potrete contare anche su di me!

La lezione della Mediterranea

Si può fare sport senza spendere ingenti somme in tempi di crisi, si può puntare sui giovani senza sbuffare o vederlo come un peso e un’incombenza, mantenere il clima di una società che vuol restare “quella fatta da amici” e senza scimmiottare il fintoprofessionismo dei dilettanti, diventato macchietta del calcio, figurarsi del calcio a 5.

Permettetemi di parlarne e poco mi frega se qualcuno (come sempre) si offenderà o malignerà. È scontato ai tempi d’oggi.
Lo fanno degli amici, la Med, e come loro tante altre realtà locali: Jasna, Glema, Oristano, Sant’Antioco, Cagliari 2000, Settimo, eccetera, alcune anche con più difficoltà perché lontane dal capoluogo.

Parlo di Med – permettetemi – perché è la realtà che più conosco e che meglio ha fatto, numeri alla mano. Da un’anonima C2 (la squadra dei laureati che avrebbe vinto sempre la coppa simpatia) alla promozione diretta in C1, con un mix di giovani e meno.

In un anno dal nulla è nato un settore giovanile che credo attualmente sia uno dei migliori in circolazione (e vista l’età media migliore in prospettiva), con due squadre under16 (quest’anno anche la under18) fino a una neonata femminile che pur avendo inanellato tanti ko ha concluso con orgoglio il campionato.

Dietro non ci sono mega sponsor, finanziatori o tecnici superpagati ma appassionati come Corrado (allenatore e presidente) che si dimena tra futsal, famiglia e lavoro da libero professionista e Gianmarco Serra (che ha 24 anni se non erro) due persone di generazioni differenti, che studiano, si migliorano, che vincono ma soprattutto aggregano amici e amici degli amici.
Mi ricorda il vecchio Vivarium e quell’idea di sport che forse è andata perduta e che oggi andrebbe ripresa e riaffermata.

Il risultato di questa filosofia si vede e si vede anche l’entusiasmo che hanno portato e trasmesso in giro (vi consiglio di andare a una partita della Med) in una stagione di calcio in cui tanti hanno mollato la presa, chi responsabile e chi dopo aver buttato soldi in promesse, fenomeni e allenatori e ha lasciato solo stipendi da pagare.
Promettevano Ronaldinho e non pagano neanche i tecnici delle giovanili (quando le fanno).

Una piccola lezione a chi dice sempre che i giovani non si trovano, che è un inutile investimento, che ci vogliono troppe risorse e che non si può giocare e vincere puntando sulle proprie forze.

Basta rimboccarsi le maniche e cominciare.

La passione da dj e i giovani dj

Ricevo spessissimo mail di giovani che si avvicinano alla passione del fare il dj. Già il fatto che mi scrivano in tanti e possa essere a loro disposizione, un punto di riferimento, mi fa un grande effetto e mi regala una profonda soddisfazione. La stessa soddisfazione quando ho visto crescere e andare per la loro strada ragazzi che hanno iniziato dal nulla affiancandomi come “spalle” (che brutto termine) in consolle, senza per fortuna ereditare i miei difetti. So di essere uno fortunato ad aver intrapreso, da un bel po’ di tempo, una professione che piace a tanti, raccoglie ammirazioni e naturali invidie e antipatie.

Ci sono tanti bravissimi dj giovani in giro e organizzare eventi come “mixendi” di un anno fa, oppure coinvolgerli in qualche serata mi sembra doveroso. Ma non tutti si dimostrano all’altezza delle aspettative: spesso incrocio ragazzini che, consolle davanti, mostrano una supponenza unica, pensando che un po’ di conoscenza musicale e qualche serata possano fare già un titolo da dj. Facebook e qualche pr interessato ai loro rientri fanno il resto per montarli a dovere.

Poi ci sono quelli realmente appassionati che mi guardano mentre mixo, chiedono, si informano, non hanno problemi a raccontarti la loro passione. È bellissimo e se posso faccio qualcosa per loro, un consiglio, una dritta, un’indicazione, una chiamata.

Non tutti diventeranno dj, la consolle vera è per pochi che avranno coraggio e capacità, ma anche un briciolo di fortuna (quella che serve sempre), che sentiranno di far emergere quel fuoco che non dura una stagione e una moda.

Non basta un sogno per diventare chi si vuole. Spesso bisogna aver l’umiltà di dire che non è la propria strada. Anche io avrei voluto fare il calciatore, ma ho capito ben presto che non ero abbastanza bravo e non me la son presa con tecnici che non mi capivano, complotti o altri più fortunati di me. Ecco, tanti che non riescono più che chiedersi il perché danno la colpa in giro, al sistema, ai colleghi. Che ci sia gente più brava magari?

Cosa ci vuole per diventare dj? Prima di tutto, sopra ogni qualità tecnica, una grandissima umiltà e disponibilità. Qualche volta mangiarti la lingua, altre mandare affanculo qualcuno e perdere qualche collaborazione per difendere le proprie idee (ma questo ve lo sconsiglio!).
Prima che pensare al vostro ego, all’attrezzatura migliore sul mercato, al book fotografico, alla pagina fans, al curriculum, chiedetevi se davvero è quello che volete fare, perché non sarà una strada facile (se vi raccontassi…) e far divertire la gente non è cosa per tutti. Se avete la possibilità di avere un mentore, qualcuno che vi consigli, non perdetela. Come faccio io – lo ammetto – quando ho l’onore di mixare con colleghi e amici più esperti, senza vergogna di osservare chi sicuramente ha qualcosa da insegnarmi e il tempo che hanno passato più di me davanti a un mixer lo dimostra.

Ti puoi aspettare tutto da dj, tranne che…

Ti puoi aspettare da un dj che possa inventarsi e organizzarsi un viaggio in Spagna, di certo, e scegliere una delle tante mete che sanno di movida, musica, notti folli, sesso e droga. Quelle dove ti dimentichi ciò che è successo il giorno prima, per intenderci mezzanottemezzogiornomammaacasanonritorno, da raccontare come un’impresa titanica su Facebook con le immancabili foto da poser e tag nei locali e tutti che sbavano.

Ti stupisce che questo strano personaggio di quattro lettere scelga Santiago e la Galizia e ti chiedi: o non è un vero dj o è un dj atipico? Per me valgono entrambe le definizioni.
Del dj ora tengo una playlist confezionata su ipod e una bella magliettina color senape comprata a Londra anni fa, che si illumina di notte con davanti un segnale di pericolo con la sagome del dj e con una scritta sulle spalle carattere impact: “dj in action”.
Ma anche se ti travesti e giri il mondo nei posti più impensabili non ti spogli per un attimo delle tue passioni: ognuno è quel che fa, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Quindi non si può smettere di essere ciò che si è. Nel mio caso un allenatore, un dj, uno che scrive.
Appartengo a un mondo strano che molti reputano inutile, fanciullesco, adolescenziale. Il tempo libero, il divertimento, lo sport, costituito da persone che forse non sono mai cresciute e restano eterni bambini. Quelle che non troveranno mai un lavoro fisso, non staranno mai ferme, cambieranno sempre. Vivere la vita come si fa.
Le mie professioni sono le più incerte e instabili, dove il curriculum vale carta straccia e basta poco per finire nel dimenticatoio.

O sei primo e sei nel posto giusto o non vale. E poi gelosie, cattiverie, sgambetti. Qualcuno ti vede come un mito, altri come uno sfigato. Esperienza, bravura e passione contano tanto quanto. Nessuno lo decide. È la situazione che fa di te qualcuno, che ti rende importante e non viceversa. E quando scoprono che hai una laurea, che leggi e scrivi, più che ammirazione ricevi gelosia e vieni considerato un presuntuoso e una pecora nera. “Ma chi penserà di essere?”
Mi circonda un mondo lavorativo con una discreta quantità di stronzi, ma qualcuno ho scoperto essere davvero in gamba. Non che lo stronzo non l’abbia fatto pure io. A fine giornata tiro le somme e noto che sono sempre in rosso, perché esser stronzi pesa tre volte di più di essere in gamba. E finché non colmerò questo gap sarò sempre insoddisfatto di me.

Parlavo di passioni. Parlavo di vita, di me e quindi di voi. Delle passioni che ci vestono come i capi che portiamo ora indosso. Tutto questo “essere te stesso” non si costruisce con tutte le menate che possiamo comprarci, gli aperitivi a cui possiamo partecipare, i tag e le foto con Instagram, le amicizie interessate o l’iPhone 5.
Anche se i pubblicitari e la massa vorrebbero fartelo credere, avere gli strumenti, gli indumenti o gli oggetti delle persone di successo, questo non ti rende automaticamente tale. Non hai bisogno dell’ultimo gadget elettronico per sentirti apprezzato dagli altri. Quello di cui abbiamo bisogno è vivere esperienze che ci rendano fieri di noi stessi, combattere per le nostre idee e per gli altri, alimentare le passioni senza vergognarci mai di sembrare un po’ strani  agli occhi della massa.

Sono gli altri che devono adeguarsi a te, non il contrario.

God save the disco

(so che questo intervento attirerà antipatie, ma volevo dire la mia)

In dodici anni da dj e in almeno altrettanti da cliente e poi direttore di Week, non ho mai visto una stagione della disco così critica. Read More

Cinquanta sfumature di Tixi

È estate e come ogni bella stagione che si rispetti non mancano mai i tormentoni, come “Cinquanta sfumature di grigio” il libro dell’estate. Pare sia il caso letterario, che divide e fa discutere. Read More

Quartiere Marina

Stasera mi sono goduto uno spettacolo. La mia città. Ebbene sì, ogni tanto scopro l’acqua calda, me lo dite sempre. Vivo in una bellissima città e spesso non me ne accorgo o sottovaluto questo aspetto. Una città che è pura poesia, cibo per la mente, luccichio per gli occhi, chiarore di luna, maestrale che rinfresca, colori che nemmeno il miglior pittore potrebbe rappresentare.

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Talenti e moderati

Ho un amico a cui non dareste un euro per come si veste e per come si propone con le persone, per la musica che ascolta e per i look che porta. Non frequenta locali alla moda e non vive di esteriorità. In poche parole: se ne frega. Uno di quelli che per tanti benpensanti con la puzza sotto il naso, cagliaritonti-medi che hanno sempre ragione sarebbe catalogato come “pazzo” o “strano”.  Read More