Mamma si dimentica la figlia in auto. La figlia muore. Si può anche oggi essere colpevolisti?
Viviamo nella società della distrazione e dell’impegno continuo e forsennato, facile additare colpevoli. La paura di perdere qualcosa, impegni, lavoro e scadenze, ci rende vulnerabili in ogni attimo. Di chi sarebbe la colpa? Le persone sono vittime o colpevoli?
Questa tragedia e altre, frutto di distrazioni, può (purtroppo) accadere. E non ci sono tante soluzioni. Si chiama fatalità e colpisce tutti.
Dolore per la bimba e pietà per la madre e per il peso che porterà nella vita.
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Verso Bayeux
Lasciata l’atmosfera di Mont Saint Michael il passaggio obbligato (ahimè) è stato su Rennes, a sud, via bus, dove ho ripreso un’auto a noleggio. Avrei evitato. Non ci crederete ma è davvero difficoltoso in questa zona muoversi in tempi brevi con i mezzi pubblici!
Ho avuto un’auto con marce automatiche: la prima mezz’ora era roba da mister Bean. Peraltro le nuove auto (la mia di cagliari è un reperto oramai del 2006) sono oramai troppo avanti a livello di gingilli e automatismi e io mi sento davvero vecchio a non conoscere gli optional delle moderne. Così tra sballottamenti in frenata, tasti pericolosi, google per capire come funzionassero le marce e altre goffagini ho preso l’autostrada verso nord, Bayeux dove conto di arrivare tra un’oretta. Piove, fa fresco, ma guidare in autostrada è sempre rilassante.
Ora pranzo in autogrill (qui si chiama Aire de repos) e solito colletto. Sfrutto la wifi per lavorare un po’:come sempre in questi luoghi mi concentro subito e sono produttivo (che termine pessimo). Poi finalmente ho capito che direzione prenderà questo mio viaggio! (Per la mia vita c’è tempo)
A volte ti prende così (racconti serali inutili)
A volte ti prende così. Finisci il lavoro serale, spegni il Mac e poi hai una voglia matta di uscire. Senza meta, prendere la macchina e girare, forse cercando te stesso o altri scampoli d’estate.
Musica sempre a palla, Sky and Sand, Kalkbrenner. Toc totoc toc toc totoc toc…
In the nightime
when the world is at it’s rest
you will find me
Mi ricordo che ho chiuso così il ‘Thank god it’s friday’ dell’inverno scorso tra chi ballava bicchiere in mano e occhi chiusi, trasportato dalla mia musica e chi non capiva quel pezzo e pensava fosse un lento e aspettava ritmi più forsennati.
Ricordi, spudorati ricordi. Ogni canzone una serata, una stagione, un posto.
Poi ti ritrovi qui, a riascoltare quel pezzo maledetto. A farti un giro per rendere meno inutile questo lunedì, nel tentativo di trovare altre anime disperse o semplici segno di vita o complicità o ispirazione. La monotonia della città rende complicata l’esistenza e pure addormentarsi non è mai facile.
Allora esci, qualche soldo in tasca, alla ricerca di un bar.
Via Roma, la mia prospettiva Nevski, semafori rossi, semafori verdi, semafori che decidono chi passa chi no. Bar all’angolo. Malfamato. Due strani figuri seduti sull’angolo parlano di loschi affari e controllano la situazione. Un altro, giubbottino North Sail e cappello leccato da K2 dei bei tempi che chiede alla barista se è sporco di fango o meno.
Caffè e un bicchiere d’acqua, prego. Poi un mirto. In tv una rete satellitare trasmette qualcosa che nessuno vede.
Te lo allungo? Dice lei. Potrebbe apparire una spudorata avance e in sere così ci starebbe pure svoltare la serata con sesso transitorio, in realtà parla del caffè anche se mi ruba un sorriso malizioso. All’ingresso, il tizio continua a dire “ma sono sporco di fango”. Lei non risponde.
Passa il mezzo per pulire le strade. Schizza detergente. Nei pavimenti di via Roma brillano le luci. Auto sfrecciano incuranti della cunetta e del pavimento liscio.
Risalgo in auto. Il giro continua.
I found myself alive
in the palm of your hand
as long as we are flyin’
All this world ain’t got no end