Se mi trovate perennemente incazzato sappiate che lo sono davvero.
Perché la Sardegna non si merita questo. E non incazzarsi, non muoversi, non denunciare, significa solo una parola: CONNIVENZA.
Siamo una terra senza futuro.
Piangete pure. Dite che non è vero. Illudetevi. Continuate a pensare in basso. Siete liberissimi.
Il mantra sole-mare-paradiso, come leggevo qualche giorno fa in un bellissimo articolo, non funziona più a chi come me VUOLE DI PIU’ dalla propria terra, perché ne ha diritto, perché non vuole sentirsi isolato, perché si attende opportunità e non vive di selfie e briciole, aiuti dello stato e patrimoni ereditati.
Peggio ancora lo “stai sempre criticando” scritto da chi vive in mondi che non esistono, magari sovvenzionato dallo stato e da posti di lavoro avuti per favori o discendenze. Così è facile, grazie.
Parto e viaggio per tenermi aperte mille porte, ma prima di tutto la mente. Per capire, vedere, per respirare aria, per avere stimoli e sentire ancora chi ha voglia di mettersi in gioco. Perché se hai voglia di fare e crescere non puoi startene in una spiaggia, non puoi aspettarti la manna dal cielo. Devi andar via.
La mia fortuna è quella, dopo anni di sacrifici, di lavorare in proprio e non essere dipendente di nessuno anche perché imprenditori illuminati ce ne sono pochi.
La maggior parte delle persone che fanno “impresa” in Sardegna (bottegai, sfruttatori e arricchiti) trattano gli altri come schiavi, non insegnano e non fanno crescere nulla se non il proprio capitale. Poi magari steccano, falliscono, e tutto ricomincia. Guarda il turismo, per esempio.
Quando ci parli, abituato a lavorare in altri contesti, con gente differente, ti chiedi davvero in che mondo vivi e ti scendono i coglioni a terra: tutto fatto a “tasinanta”, tutto “come va va” e se ti permetti di criticare e di proporre qualcosa di nuovo sei il solito rompicoglioni che vuol fare il saputello.
Sempre peggio, sempre in ritardo, sempre organizzato male, sempre precario, sempre mediocre, sempre complicato, sempre disordinato. Tutto lasciato all’incuria. E nessuno mai che si prenda la briga di fare qualcosa, anche solo di chiudere un rubinetto o tagliare l’erba del giardino. Però cucine e soggiorni perfetti, abiti marcati.
Le amministrazioni sono composte da una marea di gente che vive fuori dal mondo. Ne sono prova tutte le incompiute che ci sono in giro, tutto quello che abbiamo ereditato.
Ogni qual volta si tenta di sviluppare un progetto, un’idea, un qualcosa che rompa lo schema mentale-economico-tradizionale
Non ci credo più alla frase “Sardegna vive di turismo” “ha tutte le risorse per…”
La Sardegna non vuole cambiare, non ha nessuna voglia di mettersi in gioco, non ha nessuna voglia di regalare un domani ai suoi figli. Non ha nessuna voglia di tutelare l’ambiente, nemmeno il proprio giardino davanti a casa. Non ha voglia di finire il grezzo di un’abitazione o tenere decorosa un’aiuola. Non ha voglia, stop.
La Sardegna non è fatta per le rivoluzioni, per il coraggio, per la lotta.
Quindi bisogna partire, innamorarsi lontano, correre, alzare il ritmo della propria esistenza, slegarsi dalla massa, anche a costo di essere incazzati, anche a costo di farsi meno amici (prezzo salato, ma ci sta), basta non farsi ammanettare dalla noiosa e patetica tiritera della bellezza fine a sé stessa.
Bisogna vivere nell’attesa di una prossima vita, magari più fortunata di questa, dove qualcuno capirà i tuoi sogni, i tuoi sforzi, dove illuminati andranno al governo, dove un paradiso non sarà semplicemente un selfie.