C’è sempre qualcosa di bello in un ritorno. I ricordi freschi di un viaggio, il profumo della tua isola, i primi abbracci, le nuove idee scaturite in viaggio, le promesse fatte a sé stessi e l’arrivo della fine dell’estate, il periodo dell’anno che più amo con la sua idea di rinascita, inizio, ripartenza.
Nuovi stimoli, progetti, nuove idee, nuove conoscenze (ma, sia chiaro, già penso al prossimo viaggio).
L’aria di casa, eccola qui. La respiro a pieni polmoni. Pista di Elmas, 16 agosto. Scendo dall’aereo e felpe e freddi sono un ricordo. Per curiosità prendo per prima volta il trenino aeroporto-città: finalmente una bella idea! Si paga solo 1 euro e 25. Di questi tempi sembra un sogno. Una di quelle cose che ci avvicina al mondo civilizzato, noi poveri sardi.
Lungo tunnel, tutto nuovo di zecca, alla biglietteria automatica c’è addirittura un signore gentile (che parla pure in inglese!) messo là ad aiutare i passeggeri. Non si preoccupi, binario 1.
Venti minuti di attesa. Divido la panchina con un’inglese. Ti aspetteresti, alla fine di questo percorso di modernità, un supertreno. No. Arriva un vecchio locomotore diesel celeste antico, vagone unico: di primo acchito dico “eccoci qua, le solite cose, mi sono illuso”. Vero a metà. Si aprono con difficoltà le portine. Salgo, mi accoglie il sorriso di una dipendente in uniforme FS che riceve i viandanti. Per quanto la vettura sia vecchia, c’è l’aria condizionata e i sedili e le tendine sono nuove. Rimesso a posto. Meglio di nulla.
Si parte, sbuffando. Il treno va lento, penso a 60 all’ora. Scendo a Santa Gilla, davanti all’Unione, le famose Zunk Towers: il potere edilizio mediatico di Cagliari mi guarda. La grande redazione del quotidiano più letto nell’isola. Ed io? Mi sento impaurito io con il mio piccolo bagaglio, a camminare sotto il sole, sotto quelle torri, e fa sorridere vedermi così, quasi fossi uno straniero.
Affronto la città vuota con curiosità quasi fossi altrove o fossi uno straniero, poche auto e nessuno in giro. Fermata di viale sant’Avendrace: una signora con una borsa della spesa e un gatto mi fanno compagnia. Una donna vestita di bianco immagino vada al mare, e cammina dall’altra parte della strada, con borse e occorrente per la spiaggia.
Ore 11.04, arriva il mio bus. Salita e poche anime dentro, dirette chissà dove o forse solo a bordo per far qualcosa che non sia stare a casa o per prendersi solo il fresco.
I viaggi servono a guardare dentro di sé, a scoprire limiti e incertezze, solitudini e illusioni e a saper convivere con l’idea di migliorarsi un po’. Siamo speciali, straordinari, ma molto spesso non ce ne accorgiamo, mettendo in disparte noi stessi e i nostri sogni per paura di non essere all’altezza e per timore del giudizio altrui.
Scendo alla fermata. Si ricomincia la vita di sempre, nel posto di sempre, con mia madre che dice “mangia”, con la macchina da riaccendere, le facce amiche da rivedere, i problemi di sempre, e tutta la magia che ti resta dalla Norvegia.
Bentornato a casa mister Tixi. In attesa del prossimo viaggio.