Mi sono chiesto cosa mi abbia portato fin qui, di sabato pomeriggio, a vedere un film “maledetto” come Oil2 di Mazzotta.Forse la mia voglia di capire, di cercare verità, di essere un minimo consapevole del mondo in cui vivo. Facile pensare sempre ad altro e dire che non succede nulla.
Facile voltarsi e fare gli indifferenti. Da molto tempo non ci riesco più. Nulla mi scorre sulla pelle come se niente fosse. Ed è stato un caso straordinario e curioso che quel film sia stato proiettato a Poggio dei pini, uno dei pochi luoghi che ha dato disponibilità alla proiezione e soprattutto uno dei luoghi della mia infanzia.
Poggio è la mia infanzia, le domeniche bellissime con i miei parenti, con i miei zii che avevano una bella villa a Pauliara, una delle zone violentate dall’alluvione, che ancora mostra i segni della violenza con cui la natura si è ripresa i suoi spazi. Poggio era la domenica, trascorsa tra pranzi infiniti, seguendo la partita del Cagliari, ascoltando la natura che parlava con te, il caminetto, l’ansia di arrivare e la poca voglia di tornare a casa.
Ritornare è stato come un salto indietro nel tempo, riaprire l’album di ricordi, ripensare a quel che è stato, alla propria giovinezza, al tempo che passa, ai profumi e alle sensazioni che oggi fatichi a risentire, forse perché da piccoli ci si innamorava e affezionava con poco, ci si accontentava di un frinire di grilli o di un po’ d’acqua fresca per lavarsi la testa in quei giorni d’estate che non finivano mai, in quei pomeriggi impossibili in cui non c’era internet o la macchina o il motorino ma solo la propria fantasia.
Forse anche per il contesto ambientale, carico di ricordi, vi confido che il mio cuore ha battuto tanto dopo aver visto questo film (ve lo consiglio e vi consiglio il “primo tempo”) e sono andato via con qualche lacrima di rabbia, come un bimbo che aveva perso la partita sotto casa all’ultimo minuto.
Ho visto operai dover scegliere tra morire di fame o di tumore, ho visto la politica intrecciata agli interessi, ho visto il “tanto meglio tanto peggio”, ho visto gente perdere non solo la vita ma anche l’anima. I soldi, sempre loro, capaci di cambiare tutto.
Sono quasi corso via alla fine. Riaccendendo la macchina è salita fortissima una sensazione di malessere perché vedevo in quelle immagini ricche di testimonianze (c’era pure un mio ex collega di circoscrizione, il comunistissimo fornaio Augusto Fonnesu, sindacalista ai tempi della Saras) il racconto non solo di un’industria ma di una terra e di un paese, tutte le sue profonde rughe e ingiustizie, di tutta la sua sofferenza accumulata nel tempo da promesse e dolori: gente trattata come niente e troppa indifferenza nel nostro DNA.
Mi fa star male.
Di fronte a tutto questo non si può essere MAI indifferenti.