Succede un po’ di tutto. Scendi dall’aereo e dopo un tifone appena passato trovi caldo e sole. Capisci che hai ritrovato l’estate perduta mentre raggiungi il tuo albergo, sul lungomare di Sliema e attraversi una strana città.
Ma ora il tempo è già cambiato. Eppure si sta bene grazie ai 22 gradi che rendono sopportabile questo vento accompagnato da qualche spruzzo di pioggia.
Se non fosse per la Lingua inglese e la guida a destra non penserei che questo posto potrebbe essere nel Mediterraneo, un po’ Sicilia, un po’ Africa. Eppure le caratteristiche di sud ci sono tutte: ritmi lenti, gente dai lineamenti nord africani, approssimazione e vita presa con tanta leggerezza.
Sono in un cafè in riva al mare. Pranzo in ritardo. La stanza non è pronta, figuriamoci se son puntuali, il pranzo nulla di che. Ci devo fare l’abitudine. Qui l’ospitalità è una parola grossa.
Me lo spiegava un imprenditore turistico italiano che qui vive ed ho incontrato in aeroporto, con cui mi son ripromesso di vederci lunedì per farci una chiacchierata e magari trovare qualche nuovo contatto: i maltesi non ne hanno voglia, non fanno qualcosa di più. Vivono così.
Eppure qui di turismo guadagnano. Eppure questo posto strano e incasinato, raffazzonato e dai sapori nordafricani è speciale e in estate è ambito dalla massa. Ma non aspettarti granché dalla gente. E infatti il locale dove pranzo ne è conferma. Quello che pare il proprietario, carnagione olivastra e look impresentabile, mette la bocca a culo di gallina e si adopera in quel classico verso che facevamo da piccoli quando passavano le ragazzine. Infatti, ecco tre pivelle che camminano sul lungomare, oggetto del suo richiamo. Brutto forte, posso dirlo?
Volano mosche sul mio tavolo, mi attaccano senza pietà. Le cameriere mi portano un’insalata che è solo la copia sbiadita del menù.
Liverpool-Chelsea è appena finita: il locale si è quasi svuotato, ha vinto Mou. Resto io a guardare il mare incazzato schiumare rabbia da sotto. Il Mediterraneo che sembra oceano.