Classico finale di prima serata, in attesa che cominci una seconda. Orario mezzanotte più o meno. Prendo la mia auto e sgattaiolo via dal locale facendomi spazio tra i buttafuori, la gente, le auto davanti, ancora con l’energia della consolle. Un ragazzo mi riconosce e mi fa i complimenti. Ci scambio due chiacchiere dopo aver abbassato il finestrino, poi riprendo il mio cammino.
Fiumi di persone scendono da un leggero declino stradale, ragazzi che attendono i genitori e altri più grandi che attendono per entrare alla serata successiva. Genitori apprensivi e altri che chiacchierano con tranquillità.
Qualcuno organizza un bar fai da te aprendo il cofano posteriore della propria auto. Si brinda con bottiglie di plastica da discount alla notte che verrà, ci si carica tanto alcool. Non stupitevi, questa è normalità.
Riesco a uscire da quel coacervo di auto e anime vestite in tiro e mi divincolo con manovre di fortuna, freno, frizione, marcia, poi acceleratore e ancora frizione. Combinazioni a cui dopo decenni di patente non pensi più.
Comincia il momento in cui, dopo che sei salito sulla consolle e davanti a te c’erano centinaia di persone che aspettavano solo il tuo ritmo, torni ad essere solo. Con l’energia e con i tuoi pensieri.
Rivedi il flash delle ore prima, la sintesi, pensi ai passaggi, alle scelte fatte, al mix di brani. Qualcosa non tu è piaciuta, qualcos’altro ti ha stupito. Dovevo osare di più, forse in quel momento alleggerire. È un momento strano e fantastico perché hai ancora dentro l’emozione inebriante e psichedelica del mixaggio che solo il dj può provare. Resterà per ore e giorni.
Nel cruscotto 17 gradi, accenno di pioggia, accendi un pezzo soft, i chilometri e si accende io segno sella benzina.
C’è da fare rifornimento. Un distributore vicino. Non c’è anima viva. Metto il tappo del serbatoio vicino alla colonnina. Intorno a me le voci e le ombre di chi sta andando in disco, le cricche, le auto parcheggiate con la paura di non ritrovarle. Una coppia parcheggia un bmw e corre via a piedi.
Mi prendo i miei tempi. Nella corsia 4 si ferma un ragazzo in scooter, di quelli che non vanno di moda. Bianco, casco a scodella. Lui non pare vada in disco. È vestito senza orpelli, jeans, felpa e scarpe da tennis. Fa le sue operazioni senza pensare, tristezza seria sul volto, come un alieno in quell’universo di abiti scintillanti e gel in testa.
Penso un po’ a lui. E faccio qualche ipotesi. Non ha nessuna donna con cui andare in disco, o magari nessun amico che lo inviti a uscire, bere e poi far casino. O forse non gli piace la disco. O forse non ha nulla da festeggiare. Così conclude la pratica di rifornimento poi va via senza lasciare traccia su questo mondo, se non uno scontrino erroneamente richiesto.