Ieri chiacchieravo con un amico imprenditore. Riflettevamo su quanto sia complicato oggi interfacciarsi con persone serie, al punto che ti viene il dubbio anche su te stesso. Cosa vuol dire serie? Semplici, sincere quanto basta per parlare chiaro e che non ti facciano perdere tempo ed evitino i tatticismi nel lavoro come nella vita. Che non se la tirino credendosi esperti o superfighi di fanculo, come fanno molti nel loro piccolo orticello.
Ci si può capire senza parlare. Invece affronti lunatici, strateghi del silenzio, persone che sono sempre eterne vittime, che si offendono per una parola e un gesto fuori posto, e mai pensano che anche gli altri, oltre i momenti di leggerezza e svago, che non sono vietati, si facciano il culo per realizzare qualcosa e non siano automi perfetti, ma provino a migliorarsi e comprendere che siamo tutti nel mezzo di una lotta per sopravvivere, e questa sopravvivenza non si raggiunge a discapito degli altri ma collaborando e condividendo idee e risorse.
Poi ho letto una bella riflessione di Riccardo Martucci a cui mi son collegato.
La torbidità, il tatticismo, le lune non mi vanno a genio. A quel punto dò il mio minimo sindacale fino a esaurimento scorte, cioè subito.