C’è sempre una persona che spicca tra le luci e i suoni di una serata.

La Festa è quella di una nota palestra di città, Forma Kalaris: mi chiama come DJ un caro amico, Nicola Deiana, che gestisce Foody, lo spazio ristorazione.

Accanto alla mia consolle, c’è lei. L’“invisibile” non parla con nessuno. Si siede lì, discreta, quasi con un’aria di scusa per il solo fatto di esistere. Mi chiede più volte se voglio qualcosa dal bar, come se avesse bisogno di sentirsi utile. E poi, come per assicurarsi di non infastidirmi, mi chiede se la sta disturbando. Non lo fai, ci mancherebbe, anzi.

C’è qualcosa di fragile in lei, un modo delicato di vivere che sembra sul punto di spezzarsi al minimo rumore. Ma poi parte la mia musica, alzo il volume, “facciamoli ballare!”. Uno sguardo con con Nico. La gente si muove e il suo mondo cambia. Non è più l’ombra che ho visto. Si alza e inizia a ballare come se nessuno stesse guardando, senza filtri, senza pregiudizi, con la forza e la libertà di chi sa che il ritmo può guarire.

Poco distante, un uomo sulla cinquantina, seduto al tavolo, la guarda con un sorriso appena accennato. Batte il tempo con la mano sulla gamba, come se stesse vivendo la musica attraverso di lei. A un certo punto, si muove anche lui, timidamente, quasi a volerle dire: “Sto ballando con te, anche se non lo sai”. Lei si dimena, quasi fosse nel corpo di ballo del fu Fantastico su Raiuno.

Ed è proprio per persone come loro che essere DJ diventa meraviglioso. Non per chi si mette in posa, ma per chi si perde, per chi trova nella musica uno spazio dove essere se stesso senza paura.

Sono loro che mi ricordano perché amo quello che sono: vedere un’anima fragile trasformarsi in energia, e contagiare chi le sta intorno, è un privilegio che solo la musica può regalare.