Ho appena visto il video dell’intervista ad Arrigo Sacchi. Poi ho notato che stamattina tantissime testate ci hanno montato su l’ennesima polemica. Su un concetto espresso:
«Io mi vergogno di essere italiano. Per avere successo siamo disposti a vendere l’anima al diavolo. Non abbiamo una dignità, non abbiamo un orgoglio italiano. Ci sono squadre con 15 stranieri, questo perché si mette il business al primo posto: e quando si mette il business al primo posto il calcio non può avere successo. […] Oggi vedevo il torneo di Viareggio: io non sono un razzista – ho avuto Rijkaard – ma vedere così tanti giocatori di colore, vedere così tanti stranieri, è un’offesa per il calcio italiano»
La parola ‘di colore’ ha fatto infuriare i soliti soloni del politically correct. Una parola in un contesto in cui si evince benissimo cosa voglia dire l’ex tecnico, che peraltro ha lavorato anni e anni con giocatori “di colore”(posso usare questo termine per gullit, rijkaard, desailly ecc?), la cui professionalità e serietà è stata conquistata nel tempo.
Dire ‘di colore’ sarebbe razzismo (ma davvero?) oppure la classica povertà di contenuti dei giornali e sulla presenza di giornalisti sempre più poveri prevede che qualsiasi situazione possa generare un fatto? gioco sulla seconda.
Il più razzista risulta sempre chi si appiglia a queste cose per etichettare le persone di razzismo. Ora abbiamo le prove.