Mi scuseranno i più ma dedico questo post ancora una volta al pallone, proprio io che spesso mi lamento che si parla troppo di calcio quando ci sono problemi ben più seri in giro.
Parlo per celebrare una possibile vittoria della juve (io, milanista), per i fatti di Genova e per raccontare la vittoria di un gruppo di amici e di una mia ex squadra.
Ieri il campionato di serie A lo ha quasi sancito: scudetto bianconero, con buona pace per noi milan-tristi. Dopo la giornata vissuta, gli episodi e le ultime settimane è chiaro come andrà questo finale di stagione.
Onore dunque alla juve che ci ha creduto, allo spirito bianconero rinato dopo il triste e vergognoso capitolo del calcioscommesse, l’onta della serie B e alcune sconfitte. Il nuovo stadio – inutile negarlo – ha contribuito a rinfocolare la passione e l’amore del popolo zebrato. I meriti ci sono tutti, quindi.
Sapete quando il mio Milan ha perso lo scudetto? Quando ha cominciato a parlare di scudetto e quando Allegri ha iniziato con la litania dei favori arbitrali. Detesto sempre chi cerca gli arbitri più che le proprie responsabilità. Il Milan aveva un ottimo tasso tecnico e credeva forse di vincere giocando con una gamba sola e con i favori del pronostico? Sbagliava. Lo scudetto richiede qualcosa di più: la Juve aveva fame e la fame in ogni sport batte ogni gap tecnico e d’esperienza. Senza dimenticare le assenze, ma quelle fanno parte del gioco e pare che in casa Milan ce ne siano sempre un po’ troppe.
La domenica ci ha anche mostrato le immagini del calcio violentato e offeso sotto la lanterna, sette giorni dopo la morte di Morosini. Dove sono finiti i buoni propositi e i grandi discorsi? Ecco proprio quelli che fanno la morale al calcio milionario delle star, delle tv a pagamento e degli stipendi. Eccoli plaudire magari i tifosi del genoa (quei pochi), i salvatori, gli ultimi gladiatori del calcio delle pay tv.
Leggere persone che si complimentavano per quel gesto “coraggioso” è la dimostrazione che il declino del calcio attraversa chi lo fa ma anche chi lo segue, è trasversale, totale e non risparmia nessuno. Che la cultura calcistica sia profondamente malata non solo nei suoi protagonistii, spesso criticati per atteggiamenti e stipendi lo si sapeva, ma anche nella base, nell’appassionato, nel tifosi.
Preziosi ha detto parole giuste esponendosi a tutti i rischi del caso. In questo sport (come nella vita) si può perdere. Fa parte della normale “ruota”. Bisognerebbe capire – sempre che ci sia ancora il tempo per farlo – che la sconfitta non è un’onta, la fine del mondo, che è onorevole quando si è dato tutto, che si può sbagliare e ricominciare. Perdono tutti, compresi i grandi e gli invincibili, vedi il Barcellona di Guardiola, l’Inter di Mou, il Milan sacchiano. Perdono i fuoriclasse, cadono i miti e tutto gira.
La pretesa di vincere sempre portae alla follia. Ecco che parte la caccia al colpevole, il dramma, la violenza, l’ossessione. Passa per le aggressioni ai campi dei campionati minori fino agli incidenti in tribuna. Complici tutti, dalla stampa che esagera i toni, che dedica i titoli alle vicende del calcio agli addetti ai lavori, da certi allenatori che pensano solo al risultato a certi presidenti, da famiglie-ultras ad operatori: non si insegna mai a perdere e a gestire la sconfitta con la dovuta dignità e con la possibilità che questa sia anche una lezione.
Ma in questa domenica celebriamo – ecco la terza pallonata – anche una piccola vittoria che non andrà sui giornali e in tv e sulla quale spero non me ne vogliano le altre squadre: la promozione della Med in serie c1 di calcio a 5. Ci tengo a sottolinearlo perchè ripaga un lavoro di tanti anni, un gruppo di amici (di cui anche io a metà degli anni 90 ho fatto parte), le scelte fatte e la sua anima, colui che si chiama Corrado Melis, deus ex machina del sodalizio, simpatico e antipatico nei suoi modi e gesti, ma sempre coerente.
Vorrei sottolinearlo perchè la Med – quindici anni di storia, per capire – è una delle poche che ha investito in idee più che in soldoni: un settore giovanile nato da un anno e già ai vertici (gli allievi sono vicinissimi alla conquista del titolo), una squadra femminile che ha cominciato senza timore ad affacciarsi nel campionato regionale (anche col rischio di prendere pallonate e batoste, che non son di certo mancate) e una prima dove c’è un buon mix di giovani e meno.
Non è un caso se dalla società rossoblù siano arrivati due elementi per la rappresentativa, Marco Tidu e Martina Cherchi, e che ci sia – cito giusto qualcuno dei protagonisti – la gens Serra (giovani che di calcio a 5 oramai ne vedono da tempo), oltre a un capitano di lungo corso come Costantino (“Acquedotto” come lo chiamavamo ai nostri tempi, non so ora) Pilo. Senza dimenticare Gabriele Congiu anima dei mitici “annuari” (che un po’ ci mancano) e di altre iniziative editorialsportive e il sempre ponderatissimo Marco Sannais nei quadri dirigenziali.
Un esempio per il futsal dei presuntuosi e dei soldi facili (ebbene sì ci sono anche nel nostro piccolo sport), di chi non investe sulle nuove leve perchè trova che sia una perdita di tempo e di soldi e di chi crede che si possa scendere in campo solo per vincere, ma mai prevede una onorevole sconfitta perchè forse c’è un avversario più forte.
Non a caso uno dei motti, se non “il” motto storico della Mediterranea è una frase che riecheggia da tanti anni al Palaconi e sul sito ufficiale, una frase bellissima presa da una lettera di R. Kypling, una delle mie preferite e che forse servirebbe in questi tempi per tanti che fanno sport (e non solo):
“If you can meet with Triumph and Disaster And treat those two impostors just the same;”