Ieri si parlava sull’Unione Sarda di facebook e del bonton nel suo utilizzo, e ho avuto spazio grazie a Francesco Abate per dire la mia sul social network.
La penna di Abate come sempre ha riassunto genialmente l’uso e l’abuso dello strumento mediatico ai tempi nostri, aperto a tutti, compreso a quelli che ne lo prendono come un luogo per sfogare rabbie represse e odio al limite sempre della punibilità.
Ho sempre difeso la libertà di dire e scrivere ciò che si vuole, e mi sono spesso battuto con amici e conoscenti che hanno criticato e irriso la mia “incontinenza verbale”. Buon per loro, ho sempre detto. Così come tanti politici e giornalisti hanno sempre preso non troppo sul serio chi utilizzasse questo modo di comunicare, tranne poi ravvedersi.
Oggi, mentre aspettavo che arrivasse la mia fermata seduto comodamente in un caldo autobus del Ctm sulla linea 1 mi è venuto un pensiero veloce: ben venga la gente che usa i social per scrivere i suoi sentimenti, le sue passioni, le sue idee e convinzioni. Non ha timore di condividerle. Scrivete, scrivete quanto volete, non abbiatene vergogna (non dico lo stesso per chi posta i copiaincolla o link inutili, s’intende).
Ma non era un post per spiegarvi le ragioni per cui uso facebook in maniera estensiva, non senza errori, ci mancherebbe: nessuno ha il dono della perfezione, men che meno uno come me. Ognuno ha i suoi modi e non li deve giustificare a chicchessia.
Per quale motivo ho scritto questo post? Sto andando fuori argomento rispetto al titolo, come al solito. Qual è il consiglio da dare alla testata isolana che un giornalista precario e anonimo vuole dare e come si permette?
Ecco, proprio il giorno dopo quell’articolo, mi sono chiesto ad alta voce: come può accettare una testata come l’Unione che nel suo sito web si dia spazio a commenti, insulti e calunnie rigorosamente anonime che fanno da cornice a quasi ogni articolo di cronaca?
E’ un quotidiano bestiario da brividi di razzismo, chiacchiericcio da vicinato, delazioni, ignoranza al potere spacciato (forse) per libertà di parola e partecipazione del lettore, anzi interazione.
Puó la ricerca del numero degli accessi permettere tutto questo? Se qualcuno avrà il piacere di rispondere, sarò ben lieto di saperne di più.