Cellino, il calcio e la pubblica gogna

ImmagineCome sempre accade nella vita quando tutto sembra perduto ecco che arriva l’inattesa felicità.

Prendete il Cagliari, prendete il pallone come parabola di vita: la squadra isolana ha avuto la sua settimana nera, uno dei momenti più tristi della storia, con il presidente in cella e tante nuvole sul futuro ed ecco che il campo ha regalato un’importante vittoria a Pescara, una di quelle che permettono di avere la cosiddetta iniezione di fiducia. Piccola ma importante in tempi come questi.

Sulla vicenda Cellino molti aspettavano un mio post. Ho atteso qualche giorno per ragionare su sulle parole migliori e mi è uscito tutto questo.

Sapete come la penso sulla gestione del Cagliari (sulla persona non si esprimono mai giudizi): non vado allo stadio da tantissimo tempo, non mi sono piaciute certe uscite e certi modi, non l’ha mai negato, nè mi piace l’ossessione attorno al calcio, i tifosi che dànno libero sfogo di coglionaggine e la sensazione che se ne parli troppo quando ci sono in giro problemi più importanti.

Poi arriva il colpo al cuore, i ricordi, uno striscione che passa su facebook di una delle stagioni più sfigate del Cagliari, serie c1, quasi c2, 87-88, “chi aspetta il tramonto del Cagliari non vedrà mai l’alba” appeso sul settore i distinti e in un attimo in un flash torna in maniera confusa e disordinata l’amore, le emozioni, le trasferte, la curva, gli Eagles e gli Sconvolts, ma anche, tornando indietro, le prime partite, quel Cagliari-Inter 1-3 del 1981 quando per la prima volta salivo i gradini del Sant’Elia, mano nella mano con il mio caro papà e la prima grande emozione era vedere apparire quel campo verde, quei colori, la gente, il profumo della pipa dei vicini di posto, ed ancora, Gigi Piras, Giagnoni, Provitali e Paolino, Juve-Cagliari di Coppa, la Uefa, Daniel Fonseca e Claudio Ranieri. Uno spettacolo per gli occhi.

Che c’entra direte? Bene: tutto questo non può finire.

La giustizia, frase fatta, farà il suo corso. Resto sempre un garantista, fino all’ultimo grado di giudizio. Lo resto per chiunque, simpatico o antipatico che sia, perchè nessuno razionalmente può credere che la giustizia abbia sempre ragione (la storia ce lo insegna).

Non sono – sia chiaro – per la beatificazione, l’innocenza per simpatia e convenienza, le fiaccolate, l’utilizzo del calcio come soluzione ai problemi e panacea dei mali o peggio per occultare verità, le strade preferenziali e la disonestà in nome di qualcosa o qualcuno. Ma mi intimorisce l’accanimento, il “ben-gli-stà”, l’arena gladiatori, il sangue, il talastima, la sete di vendetta: tutto questo non mi trova d’accordo.

Quando le persone vanno in galera non c’è mai nulla da esultare, neanche quando se lo meritano (ma qui nessuno è in grado di dirlo). Non mi piace la sete di vendetta, il dividere il mondo in buoni e cattivi e la facile morale. Non mi piace la pubblica lapidazione, il ludibrio, le teste appese in piazza, quelli che solleticano lo stomaco più che l’approfondimento e la razionalità quando è più conveniente.

Il mondo gira al contrario ve ne siete accorti? poveri innocenti sbattuti al fresco ma sconosciuti che non fanno notizia e Cellino che muove le folle e magari, se si candidasse sindaco, avrebbe possibilità pure di ottenere un buon risultato (dite di no? vedrete). Potere mediatico, potere del calcio in Italia, per il quale si può fare sempre una eccezione (e la politica ci ha marciato tanto). Siamo italiani, ahimè.

Anche in questo caso ci sarebbe molto da dire su chi lascia fuori dallo stadio i giornalisti che non lo incensano o su chi predica la disobbedienza civile. Forse non ha avuto consiglieri eccezionali su come gestire la comunicazione, chissà. Come dicevo per il caso Corona, oltre il personaggio c’è sempre l’uomo con tutte le sue difficoltà e cadute, cattiverie e sbagli. Potremo anche dire che forse, come sottolineano illustri commentatori, questo presidente, con i suoi modi, sia l’unico che permetta al Cagliari di restare in serie A (non è una giustificazione, ma a capo di altre società non ci sono certo delle anime pie).

Ma resta sempre l’idea che a monte anche il sistema non brilli, che ci siano delle pericolose storture, e che la discussione su Cellino non può escludere tante altre riflessioni sul mondo che viviamo, di cui Cellino è solo uno degli attori, non l’unico, non l’unico colpevole eventualmente. Un mondo di comportamenti e piccole disonestà che ci tocca da vicino, su cui chiudiamo gli occhi quando ci fanno comodo e piacere, quando sono amici o persone per cui lavoriamo, prima di fare moralizzazioni più ampie sugli altri.

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