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Un anno fa (perchè cambiare serve)

Oggi è il primo di aprile. La data non è casuale e mi ha insegnato che cambiare serve. Un anno fa davo le dimissioni dalla mia azienda milanese (Volkswagen) e preparavo, dopo due anni e mezzo di vita milanese, una casa e tanto altro, il ritorno in Sardegna. 

Rinunciavo a un contratto a tempo indeterminato e una sicurezza invidiabile.

Qualcuno credeva fosse uno scherzo, “ma come, un sardo che rinuncia a un posto sicuro a Milano, un folle!”, altri non capivano il gesto e le ragioni.

La vita milanese, per quanto bella e ricca di opportunità e luci, non mi apparteneva. Mi apparteneva la vita da freelance, la mia terra, il dover di star vicino a mia madre, il voler costruire qualcosa qui, col maestrale e i colori del cielo, col mare che ti stuzzicava e il profumo del mirto.

Non so se quel gesto sia stato follia oppure una scelta migliore della vita.

In un anno ho ricostruito tutto: contatto, collaborazioni, lavori, serate, una trasmissione tv e tante altre cose bellissime.

Con immensa fatica perchè quando sei un freelance senza agganci e senza sponsor, che non fa parte degli “eletti” tutto è immensamente difficile.

Ho trovato chi mi ha fatto sputare sangue, quasi fossi un traditore e dovessi “subire” e chi mi ha accolto con affetto senza dire una parola. Chi è sparito e si è rifatto sentire. Regole del gioco.

Quando pensavo di aver raggiunto una nuova stabilità, ecco il vairus. Ecco tutto liquefarsi. Ecco doversi ripensare ancora.

Credo che non rientrerò nemmeno nella categoria dei beneficiari del 600 euro, giusto per sorridere ancora di più!😂

Oggi, primo aprile 2020, a ricominciare da zero per l’ennesima volta. Ripensarsi, riprogettare, ributtarsi nella mischia. Con nuove incertezze e tante cose apprese, senza sapere troppo che accadrà e chi mi sarà vicino. Come quando scrivo e non conosco mai i finali delle storie.

Una cosa ho imparato: le parole “mai” e “per sempre” sono finte. Siamo tutti alla ricerca di nuovi equilibri. E se qualcosa non ci fa star bene dobbiamo ascoltare senza paura quella parte più profonda che abbiamo. E agire, subito, senza pensarci troppo! La vita è troppo breve. Sembra una frase fatta ma è un’assoluta verità!

“Del doman non v’è certezza!”

Ecco, ricomincio a scrivere una storia nuova. Sarà bellissima, ancora.

Come iniziare a meditare, la mia esperienza!

In questi giorni di quarantena per il coronavirus ho meditato tanto. Ogni giorno è stato un piccolo impegno da seguire, una scadenza, un’abitudine da rafforzare.

Dico la verità, prima era più saltuaria e dipendeva dai momenti. Oggi è diventata necessaria e saltarla è come sentire un senso di colpa.

La meditazione è una risorsa per limitare a danni psicologici e fisici alla reclusione forzata in casa che di sicuro non rappresenta uno stile di vita che genera effetti positivi.

Poi, qualche giorno fa, ho pensato, perché non farne anche un articolo raccontando la propria esperienza? E perché non iniziare a usare il blog per condividere, come in passato, idee e risorse utili in questo tempo sospeso?

Eccolo qui.

Sapete che la meditazione serva a sopportare lo stress, a limitare l’ansia, a essere più concentrati, per avere un maggiore benessere e diventare più produttivi. Si parla anche di diverse ricerche scientifiche e articoli che lo confermano. Ma voglio restare nell’ambito dell’esperienza personale.

Come posso iniziare a meditare? Me lo hanno chiesto tanti e me lo son chiesto qualche anno fa io. Poi tra amici, conoscenti, libri e corsi di yoga mi son fatto una mia idea.

La meditazione è consapevolezza del momento presente. Vivere l’attimo, prendere contatto con sé stessi, osservando in maniera equanime quel che succede.

Per uno come me, sempre preso da idee, progetti e situazioni in gioco la meditazione è stato un toccasana proprio per cercar di fermare il brulicare dei pensieri e tornare al momento presente. Basta rincorrere passato e futuro, basta pensare sempre al domani, al preparare, all’occuparsi di mille cose anche insieme.

La meditazione serve a questo: a vedere i pensieri senza giudicarli, all’inizio, lasciarli passare senza neanche accorgersene, recuperando quindi il momento presente. Che significa presenza per sé, per gli altri, per le cose che facciamo, e consapevolezza senza più quel brusio di sottofondo che non ci permette di capire cosa stiamo facendo e dove stiamo andando, come se in preda alla corrente.

Sì, ma come inizio?

Anche io ci son arrivato piano piano. Mi son informato cercando e trovando una mia piccola via da condividere. Una delle tante, un’esperienza, senza pretesa che si quella giusta (e mi scuseranno gli esperti)

Ho voluto raccogliere tutto in alcuni consigli:

  1. Trova un luogo e un momento tranquillo.

Quando e dove ti trovi meglio? Al risveglio? La sera prima di andare a dormire? Dentro un armadio (sì, anche quello)? L’importante è evitare di essere disturbati. Puoi usare dei tappi (nelle parafarmacie, in farmacia o su Amazon ci sono tanti modelli), le cuffie con una musica rilassante, chiedere gentilmente a tutti di non disturbarti… decidi tu!

  1. Siediti comodo.

Senza perdere tempo nella ricerca della posizione perfetta, sentiti comodo e tieni la schiena dritta. Puoi essere seduto su un cuscino sul pavimento, con la schiena contro il muro. Oppure schiena a letto, nel divano, con le gambe incrociate. Importante è che la schiena sia dritta e comunque ti senta bene.

  1. Comincia con pochi minuti.

Qual è il tempo migliore? Di certo il più possibile. Inutile però provare sessioni lunghissime. Io ho cominciato con 3 minuti per poi passare a 5, 10 e 20. Senza nessuna interruzione. Per arrivarci bisogna allenarsi, acquisire abitudini, migliorare. Iniziare piano è la tecnica migliore. Vanno bene 5 minuti, o anche 3, persino 2. Cominciare così è facile, così facile che quasi non ti sembrerà di averlo fatto. Dopo una settimana i minuti possono diventare 5-7, quella successiva 10-12; poi puoi arrivare a 15-20. Un piccolo sforzo, da aumentare sempre.

  1. Concentrati sul respiro, è il segreto!

Segui l’inspirazione, l’aria che entra dalle tue narici, e poi segui l’espirazione, l’aria che esce e torna nel mondo. Gli occhi possono restare aperti o chiusi. Puoi sorridere oppure no. Ti può aiutare contare: uno inspira, due espira, tre inspira, quattro espira. Oppure, ancora più semplice: uno dentro, due fuori, tre dentro, quattro fuori… fino ad arrivare a dieci. E poi ricomincia da uno.

E se la tua mente se ne andrà a spasso? Segui i tuoi pensieri come nuvolette, quel tanto che basta per acciuffarli e ricondurli dolcemente al tuo respiro: uno dentro, due fuori, tre dentro, quattro fuori. E così via.

  1. Osserva, non giudicare.

Quando ti concentri sul respiro, osservalo e basta. Ascolta il tuo respiro, senza forzarlo mai. Alcune volte ti piacerà, altre volte meno. Devi osservarlo per come è. Lo stesso per i pensieri: qualsiasi direzione prenda la tua mente, va bene così. Riconduci la tua attenzione al respiro. Sii equanime, una bella parola che mi ha insegnato il mio maestro di yoga. Non fermarti a ragionare sui tuoi pensieri, a giudicare se siano buoni o cattivi, positivi o negativi. Non cercare di cacciarli via: riporta gentilmente la tua attenzione al respiro e niente più.

  1. Metti un timer.

Per evitare di dover controllare di continuo l’orologio per il tempo, metti il timer sul cellulare con l’effetto silenzioso. Poi scegli una dolce suoneria per annunciarti che la meditazione sia finita.

I risultati? Dopo mesi posso dire che l’energia, la creatività, la capacità di gestire meglio le situazioni emotive sono state ben diverse dal periodo precedente.

Questi i miei semplici consigli per iniziare. Non voglio sostituirmi in nessun modo a chi insegna questa pratica o a chi scrive e studia la meditazione, per cui nutro profondo rispetto. E’ una semplice condivisione di esperienze.

Mi farebbe piacere che la provassi e poi mi scrivessi le tue impressioni a info@tixi.it.

Che ne dici? Cominciamo? 🙂

 

 

Buone maniere in temi di coronavirus

Se sentite che il vostro vicino ha dei sintomi, non guardate fuori dalla finestra per vedere se lo beccate che esce a fare la spesa. Chiedetegli se ha bisogno di qualcosa.

Se vedete gente per strada che cammina nel vostro quartiere, cercate di non sospettare il peggio, non chiamate il 112. Forse dovevano andare a lavorare. Non tutti hanno il privilegio di chiudersi in casa con il frigorifero pieno.

Se dovete uscire a fare la spesa, non guardate male chi avete intorno per paura di infettarvi. Salutate. Fate conversazione anche per un secondo. Non è il vostro nemico.

Se incontrate qualcuno che vive per strada, non attraversate l’altro lato della strada per paura. Se potete, uscite di casa con del cibo, una maschera in più, un po’ d’acqua in una tanica.

Se vedete qualcuno impaurito o disorientato chiamalo per rassicurarlo. Chiedigli come stia.

Diffondete positività, muovetevi, coinvolgete gli altri ad essere dinamici e non abbattersi

Evitiamo di condividere il virus della paura, quello non andrà più via.

(ispirato a un volantino spagnolo)

Primavera, nonostante la quarantena

Oggi l’aria sa finalmente di primavera. Cercate di rubare un po’ di sole, respirate a pieni polmoni se potete.
Poi penso: da Nord a Sud si moltiplicano le iniziative e i gesti di solidarietà. Alberghi che danno ai medici stanze gratuite a Udine, medici in pensione che tornano in corsia, negozi e professionisti che concedono servizi e cittadini che preparano pasti per i medici. Ma non basta: a Napoli si ristrutturano a tempi record padiglioni di ospedali. A Milano si è accelerata la macchina organizzativa.
Alcuni dei tanti esempi.

Insomma, è solo la paura di morire o anche una generosità e operosità che in fondo abbiamo, al netto di diffuse caccia alle streghe e invidie da vicini frustrati?
Ecco di cosa bisogna parlare. Cosa bisogna scrivere in giro. Cosa bisogna comunicare. Per farci voler bene, per imitare i gesti positivi.

Ricorderò sempre le parole della guida polacca di un campo di concentramento che visitai qualche anno fa: nonostante tutto, prima o poi la primavera arriva.

(Ci vediamo in diretta alle 15 sulla pagina Facendo “Cose” a Cagliari. Parliamo di belle cose con Sonia Carta!)

Riscoprirsi

Day 15 (forse).
Non ho aspettato il coronavirus per scoprire chi fossi, quali fossero i valori importanti, chi sono le persone da tenere.
Anzi, si son rafforzate tante certezze e convinzioni: una tra tutte che la flessibilità e la complementarietà nella vita e nel lavoro ci aiuteranno anche stavolta a ripensarci e ripartire.

Lo dicevo oggi a una mia amica artista, Mara Damiani, con cui condividevo ansie e speranze.
Pensate a tutti quelli che deridevano, a quello che dicevano che non fossimo “né carne né pesce”. Sono ancora fermi a capire cosa stia accadendo, mentre noi proviamo già a pensare a cosa accadrà domani. A ripensare un nuovo domani, con la paura e la fiducia, con lo sguardo di chi vuole riprovarci sapendo che sarà una salita durissima. Ma non possiamo fare altro. Quando tutto questo casino finirà non ci saranno scrivanie pronte ad aspettarci.

Ma non è tempo per recriminare, solo imparare le lezioni che la vita ci offre e son tante, alcune pure amare. Il dolore sta a pochi chilometri e la paura affligge chi ci è vicino. Rassicurare, ispirare, muoversi. E capire che la parola “per sempre” non vale più.

In bocca al lupo DJ!

Lui è Graziano Fanelli, un collega deejay e speaker molto popolare di un’emittente che, quando stavo a Milano, ascoltavo spesso, Radio StudioPiù.
Oggi in tv ho conosciuto la sua storia: è uno dei sopravvissuti al coronavirus. Ha visto l’inferno nel reparto di terapia intensiva degli Ospedali Civili di Brescia. È uscito fuori dal tunnel, è guarito ed è tornato a casa.
La musica si è riaccesa, Graziano, ti mando un grande abbraccio!

Rinascere ogni giorno in quarantena

Questa quarantena dovuta al coronavirus ha svelato e sta svelando la debolezza e la forza delle persone.
Chi non ha l’appiglio delle passioni, chi si è fatto forte di quelle che aveva, chi sta andando fuori di testa, chi naviga a vista razionalmente e tiene il buon senso.

Ho risentito persone che non mi aspettavo, ho approfondito la conoscenza con altre. Altre son sparite, altre si son confermate. Poi ci saranno quelle che useranno questo periodo per dimenticarsi di noi (e magari pure delle scadenze di pagamento).
Nessuno può sapere quanto durerà questo tempo sospeso, ma ci vorrà una grande energia personale per affrontarlo.

Rinascere ogni giorno, ecco.

 

Non è un brutto sogno, ma c’è un mondo nuovo

Tutti noi ogni giorno ci svegliamo pensando che sia un brutto sogno. Non lo è, e non sarà breve.
Ma eravamo davvero così felici e soddisfatti nel mondo che abbiamo lasciato? Ah, già, perché, qualcuno crede di ritrovarlo uguale a ieri?
No, siamo in piena navigazione, come quando la nave lascia il porto e vede solo buio, mare nero e schiuma. Noi sardi di lunga data quelle sensazione l’abbiamo vissuta.

Dicevo ieri in diretta che, con il coronavirus, entriamo in una nuova epoca e quando tutto questo casino di dolore e di rabbia sarà finito capiremo ancora meglio quale sarà.
Siamo pezzi di storia, siamo la storia, e questa frase, che sembra quasi irriverente, ci offre il metro della portata.

Un piccolissimo virus, infinitesimale, capace di incasinare tutto il mondo, tutte le certezze. Vedi come vanno le cose? Vedi come tutto è strano e curioso?

Amo le parole e i significati. Un’altra parola su cui bisognerà ragionare sarà la flessibilità.
Sopravviveremo se all’arrivo di questo viaggio saremo flessibili, riusciremo a migliorarci, a re-inventarci in qualche modo e questa è una caratteristica che aiuta chi fino ad oggi viveva più nella precarietà, i viaggiatori, gli imprenditori, i creativi e i pensatori.
Sembra strano ma forse i precari oggi hanno più equilibrio di chi si è ancorato alle certezze. Perchè all’incertezza ci sono abituati, perché sono dei navigatori.

Guardiamoci. Siamo divisi, arrabbiati, incazzati, e per primo obiettivo ci sono gli altri, i nostri vicini, i passanti. Da impallinare, demonizzare, filmare e criticare.

Cadremo tutti assieme, uno dopo l’altro. Rovinosamente. Senza possibilità di singola salvezza. Cadranno grandi e piccoli, simpatici e antipatici. E verranno al pettine molti modi, tutte le porcherie che abbiamo fatto fino a un minuto fa, le mascherine fregate, la sanità violentata, la rincorsa all’esasperazione di ogni settore di vita, dell’economia e dei rapporti sociali, il chissenefregadegli altri ripetuto anche solo quando parcheggiavamo la nostra auto in seconda fila.

Eppure emerge forte un nuovo lato della società, di chi ha capito che senza gli altri non si possa andare. Che siamo tutti responsabili e coinvolti. Di chi pensa che la prima cosa sia dare e condividere. Idee, ingegno, solidarietà. Molti non hanno perso la testa, anzi la stanno mettendo in moto più di prima.

Non ho nostalgia del mondo come prima anche se perderò moltissimo come libero professionista. Non ho nostalgia di qualcosa che forse non tornerà. Ho una voglia forte e curiosità di conoscere quello che verrà. Chissà che non sia ancora più bello.

Quarantena di rabbia sul web

I giorni passano senza capire quali siano, tentando di scrivere sul diario cosa succeda per non perdere consapevolezza. Il social comincia a pesare, la rabbia della gente pure e le infinite discussioni sono da evitare come il coronavirus.

I giovani, dapprima insultati per la sregolatezza, ora son spariti, relegati a fare challenge su instagram e pronti a conquistare tiktok.
Gli adulti, loro sì, ci sono. E danno il peggior spettacolo di sè. L’età, la prole, l’esperienza, la maturità, la collocazione sociale non portano sempre automaticamente saggezza. Tutte cazzate, figlie della nostra cultura borghese che si basa su preconcetti.

Stavo cercando qualche video interessante su Watch, lo stream di video su fb, e mi son imbattuto in una collezione di filmati dallo stesso tema: cittadini che vanno in giro, ripresi da altri cittadini dalle finestre o dalle auto e insultati da altri cittadini.
Ci passano tutti, dal runner a chi porta il cane, dallo psicopatico all’evidente disabile. Spesso a farne carne da macello sono politici o “influencer” locali che usano le immagini per far aumentare i numeri delle proprie pagine.
Il pubblico ringrazia e se potesse avere una pistola sparerebbe.
Questo giornaliero tribunale dell’inquisizione ci rende consapevoli che siamo in uno stato di barbarie in cui il confine tra la pazzia e la ragione è sottilissimo. A farne le spese sono le persone normali che provano a restare lucide. A lucrarci tanti.
La soluzione? Il distanziamento. Non solo fisico, come ci impongono, ma anche culturale e ideale. I cani rabbiosi del web hanno trovato lo sfogatoio. Allora capisci che buonsenso, empatia e responsabilità non sono appannaggio di tutti: ne son sempre più convinto. Possiamo ancora farcela però. Guardarci dentro e provare a usare bene la parola.
Apro un buon libro, potrò volare con la mente per un po’.

Tra poco onair

Tra un pochino andrà in onda il mio programma musicale su Sintony, che oramai ha compiuto quattro anni di vita. Una piccola creatura – si chiama Sardinia Make some noise – a cui sono affezionato.

La vita continua, col dolore di Bergamo e Brescia, con le preoccupazioni e paure sul coronavirus del Nord e con un virus che comincia a farsi sentire anche qui, con numeri che salgono velocemente.

Pensavo oggi al nostro maestrale e alla sua forza, immaginavo se potesse spazzare via questo periodo strano, un po’ come fa con le nuvole e la sabbia, e noi a prendercela con lui che rompe la calma delle giornate serene.

Periodo di paura e rabbia, isteria e timori, basta poco per sclerare e vedere incubi e nemici, mostri e colpevoli. Anche io devo esserne consapevole.
La mia scelta personale è proseguire alimentando la vita con regolarità, con il lavoro, quel che resta, le buone letture e le passioni, la musica, la meditazione e l’allenamento. Queste sono risorse a prova di tutto. Non voglio mollare la presa e provo a contaminare positivamente e razionalmente.
Serve lucidità e respiro forte per questa fase, serve freschezza mentale per me stesso e per essere d’aiuto agli altri, chi mi sta vicino per iniziare.
È come l’inizio di una lunghissima maratona, abbiamo appena passato un chilometro dei dieci previsti. E magari hai capito male e sono pure venti.