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Un giorno a Lubiana, la tranquilla capitale Europa

Lubiana era una di quelle città che mi girava attorno da tempo ma mai avevo preso in considerazione. Lo ammetto. Sapevo molto poco, così come so molto poco di questa zona di mondo. Ma, come sempre mi accade, una giornata e mezzo – inutile forse per capire e vedere – ha aperto le porte alla voglia di tornarci.

Alla fine, complice il caro amico Giuseppe Marcialis, ho trovato anche la soluzione ai miei dubbi esistenziali: oltre la Spagna, oltre il Portogallo amo l’Est europeo, le capitali dei paesi ex comunisti – sì, lo so, la ex Jugoslavia di Tito ha una storia diversa – mi affascinano con quel loro mito, quell’alone di mistero.

Mi sono reso conto che tutto questo angolo di mondo – ho visto già Tirana e Belgrado – non assomiglia molto all’Europa centrale, ma ha una propria caratura, dei segni distintivi che lo rendono speciale. Come ogni destinazione.

Lubiana è una delle capitali che lo dimostra. Una delle capitali più piccole ma in quella dimensione si racchiude molta bellezza semplice. Del resto, significa “amata”, e non ci vuole molto per cadere sotto il suo fascino. Non sembrerebbe ma ha 300.000 abitanti, che ci sono più spazi verdi in città che case, un fiume al centro, quasi metà della superficie della città è coperta da foreste native.

Lasciata Trieste ci vuole un’ora e mezza per aprirsi al nuovo mondo. Autostrade veloci, neve, paesi che appaiono e scompaiono. Slovenia! Quando arrivo è già sera e posso immaginarmi solo lo spettacolo che mi aspetterà domani. Mi godo il presente, Lubiana nel suo abito luccicante. La poca gente in giro si affretta a rincasare o nascondersi in fumosi pub, i mucchi della neve ai bordi strada ricordano di una copiosa sventagliata bianca di poco tempo fa, le luci e i profumi mi accolgono anche camminando da solo nel freddo.

Alloggio a due passi dal fiume verde smeraldo Ljubljanica, con i suoi 17 ponti incrociati, tra cui il Triplo ponte di Plečnik e uno dedicato al simbolo della città: il drago. Lo troverò un po’ ovunque! La mia camera è un’accogliente, una mansardina ergonomica con vista sui tetti della città da cui si accede con una scala a chiocciola doppia.

Lascio lo zaino in stanza, accendo il termosifone al grado 5  per riscaldarla bene – ebbene sì, questo ammorbante calore mi entusiasma! – e inizio il mio primo giro di perlustrazione. Sono le sette e il centro storico si rivela una piacevole ragnatela di strade acciottolate ed edifici colorati coperte da tetti di tegole in terracotta. 

Alcune chiese svettano, e un castello arroccato su una collina ti guarda dall’alto quasi controllasse i miei passi. Chi mi segue sa che adoro le città con il mare vicno ma anche il fiume ha sempre il suo perchè. E il lungofiume si rivela un luogo ricco di vita e opportunità. Qui ci sono i bar, i pub, i piccoli ritrovi dove sorseggiare una tazza di caffè o una pinta di birra chiara.

Voglio subito buttarmi dentro qualche taverna dal sapore balcanico. Mi stuzzica questo Sarajevo 84. Scese le scale, con quella curiosità tipica del viaggiatore alla prima sera, la sala è piena di giornali d’epoca disposti nei lati del soffitto e un curioso cartello che indica le città vicine (Bihac, Banca Luka, Tuzla, per esempio) Un sorriso gentile, una parola di italiano e mi sento già a casa e mi accomodo in un tavolo che domina la sala, con una familiare tovaglia bianco rossa.

Ordino la salsiccia carniola che arriva con una copiosa pagnottella fresca e due salsine. Ancora
la birra Pivo, rigorosamente mezzo litro, e alla fine una grappa Domace (che significa domestica) e un dolce di noci e miele e ancora un caffè turco.

Quando vado via il freddo si è fatto intenso e una camminata liberatoria tra il silenzio e i pochi fantasmi che ancora girano per Lubiana, figlia anche dei fumi dell’alcool, mi anticipa come sarà la giornata di domani.

I raggi di sole del bagno mi svegliano presto. Il cielo è chiaro e i rumori della città sono piacevoli. Apro la finestra basculante per rinfrescare e la nuova città si presenta con l’abito del giorno! Piccoli edifici dai colori pastello accompagnano il dolce scorrere del fiume e il Castello, da lassù, ha contorni nitidi. 

Faccio colazione vicino al ponte dei lucchetti – a centinaia sono agganciati nei vari interstizi del parapetto di ferro – che in verità si chiama Ponte dei Macellai. Un nome non proprio incoraggiante. Il motivo è che è al centro dei banchi dei macellai del vicino mercato. Ci son statue dello scultore sloveno Jakov Brdar, creature deformate sulle balaustre del ponte. una grande statua di Prometeo, mentre le miniature sul recinto narrano con malizia gli eventi nei capanni. Il contrasto tra le sculture inquietanti di Brdar e i “lucchetti dell’amore” è effettivamente curioso.

Un toast, un cappuccino e una spremuta al bar Lockal mentre intorno la vita comincia. C’è un gruppo di studenti, poi ancora delle donne che ridono sguaiatamente davanti a un fumante cappuccino. Decido di salire fin al castello, evitando la funivia. Ma prima, di passaggio, c’è il mercatino all’aperto. Una bella mostra di verdure, frutta, pane, formaggi, ricotte fanno il paio con souvenir, abbigliamento troppo pesante per i miei gusti e piccoli oggetti regalo, come pietre luccicanti e gemme, sistemate con dovizia da Dora, così pare si chiami, sulla bancherella a bordo strada. 

La salita per il Castello è a vicina. Niente funicolare. Mi chiedo quale sforzo immane ci sia da compiere, perchè il primo tratto ha una bella pendenza, alla fine conterò meno di dieci minuti per godermi il panorama, fiatone e un po’ di esercizio. Con me ci sono altri due ragazzi e una ragazza bionda che porta in giro un cane tascabile. 

La vista è interessante, nonostante il freddo dell’altura. C’è un cocktail bar, chiuso, e delle panchine da cui osservare Lubiana. Immagino come sarebbe farci una festa con una consolle diretta sulla città!

Quando ridiscendo, ho tempo per una bella camminata sul vialone della città vecchia, che si chiama Stari Tra, prolungamento di Mestrni tra i rintocchi della Cattedrale di San Nicola.

Passata qualche banale marca da centro commerciale, che puoi trovare ovunque, i negozietti e le botteghe sono uno sfoggio di bambole, maglioni, piccole composizioni floreali, quadri e poi ancora piccole taverne dove gustare la Knanjska Klobasa, la salsiccia di carne tritata.

In un altro negozio ci sono riproduzioni in legno degli insetti con le facce buffe: un’ape, un grillo. Vicino, delle borse con le forme più curiose: un telefono, una chitarra, una lanterna. Chi potrebbe mai comprarle, mi chiedo sorridendo. Un ragazzo si abbraccia on un’amica, pare che non si rivedano da tempo. Immagino quante cose abbiano da dirsi. O forse si son trovati casualmente?

La camminata è lunga e rilassante, brevi rumori rompono il silenzio – una bici che passa, la medaglietta di un cagnolino che scodinzola, un rumore di tazzine – la vita pulsa, nonostante questa sensazione di assenza.

Quando decido di tornare verso la stazione dei bus, rifaccio tutto il lungo fiume controllando con ansia le distanze e i tempi. Qui l’aria è movimentata. Ci son scolaresche che immortalano il loro viaggio con una rumorosa foto di gruppo, turisti che fotografano tutto e tutti e veloci e sfreccianti ragazzi in bici (a proposito, state attenti!).

I caffè si riempiono di persone che cercano di trovare il loro posto al sole, in comode serie dal rivestimento in lana bianchissima, quasi si accomodassero su una pecora! La musica cambia a seconda del locale, come le giovani cameriere che fanno la spola tra il banco bar e i tavoli. C’è chi mangia già per il pranzo pesantissimi piatti composti sempre a base di carne o chi sorseggia un caffè. Un negozio di dischi mette in bella mostra un vinile di Elvis proponendo titoli di tempi musicali quasi dimenticati.

Scelgo il mio bar con gli sgabelli alti e una composizione di lampadine tenute da barattoli di conserve. Tempo di riordinare le idee, scrivere qualcosa, fare alcune telefonate. Il Triplo ponte di Plečnik porta alla piazza principale, Preseren. Curiosità è che non ci sia in mezzo nessun monumento a qualche eroe locale ma a un poeta, proprio Preseren, esponente del romanticismo europeo. Scriveva sonetti amorosi in lingua slovena.

La piazza racconta molto della città: è ingresso della vecchia città murata e si affacciano vari edifici, la chiesa francescana dell’Annunziata, i palazzi eleganti e borghesi di Frisch e Seuning e il grande Magazzino Urbanc (primo grande magazzino lubianese), e ancora casa Hauptmann e palazzo Meter.

Incantato da questo equlibrio, senza lo stress e il dinamismo di altre città europee, vado via da Lubiana. Il caos della stazione dei bus mi ricorda che purtroppo la magia dei centri storici dura poco. Va preservato quel momento. Il ricordo, lo sguardo, il profumo fugace del tempo passato. Il silenzio di chi per farsi amare non deve urlare.

Una mattinata all’IIS Atzeni di Capoterra: grazie ragazzi!

Passo dopo passo, giorno per giorno.

Una bella mattinata passata come ospite dell’assemblea degli studenti del IIS Sergio Atzeni di Capoterra a parlare del mestiere del giornalista e del DJ e convidere esperienze ed errori di un percorso di vita indipendente in Sardegna, irto difficoltà e di piccole soddisfazioni.

Abbiamo parlato anche del progetto @ver_ che vede coinvolti anche alcuni ragazzi della scuola.

Sono partito con la storia di Claudio Ranieri, l’allenatore del Cagliari, che ha accettato di prendere in mano la squadra in un momento complicato. Una sfida complicata ed esaltante, che ci insegna come viviamo sempre di rischi di perdere ma anche di occasioni per sentirci vivi.

Come ho raccontato, l’importante è sempre fare e provare senza chiedere permesso e senza piegarsi.

“I sogni sono oltre la paura”.

Grazie ragazze e ragazzi!

7 Parole per il 2023

Mi piace scrivere. Le parole sono importanti e aprono mondi e sensibilità da percorrere e sentire.

Ne ho tirate fuori sette che potranno guidarci nel nuovo anno

👉Pratica. Niente telento, niente ispirazione, solo duro lavoro e fatica, consapevoli che c’è da spalare fango.

👉Perseveranza. Continua, ripeti il gesto o il processo, anche quando sembrerebbe inutile

👉Bellezza e beatitudine, ricerca incessante, nonostante tutto.
👉Coraggio, per non fermarti alle difficoltà e per prendere le strade complicate.

👉Condivisione, creando buoni rapporti personali, curando persone pronti anche alle camminate in solitaria.

👉Pazienza, silenzio e meditazione, per calmare la rabbia, per chiarire i pensieri.

👉Consapevolezza, del momento presente, ma anche della dura verità: nessuno ti regala nulla. Men che meno chi pensavi dovesse farlo per qualche forma di riconoscenza. Anzi, parti dall’idea che nemmeno quello che hai conquistato è sicuro e che ogni giorno ricomincia la lotta.

Malta, Caravaggio e la bellezza dell’arte

Guardavo opere del Caravaggio a Malta, la decollazione di San Giovanni Battista. E poi San Girolamo scrivente. Dal vivo, senza fretta, senza stress, catturato per minuti infiniti.

Da tempo quell’occhio sulle opere è cambiato. E le sensazioni, anche quelle, son diverse. Come la voglia di farne incetta sempre e ovunque, superando quella paura figlia di una educazione a dover vivere e sopportare il brutto che ci ha sempre circondato.

Il nostro occhio poi non riesce più a trovare le differenze: accetta tutto e si accomoda.

All’uscita della chiesa ho avuto un brivido. Mi son fermato e guardato attorno. C’erano le bancarelle, i turisti nel loro lento passeggiare, i negozi plurimarca di qualsiasi centro turistico.
Poi ho aperto il social e ho pensato: come ci siamo ridotti? Ma quanto è brutta e volgare la nostra vita?
Possiamo fare ancora qualcosa?

Forse iniezioni di arte e bellezza, pur nella nostra incapacità di percepirle nella loro totalità, ci permettono di lenire quel disagio di sentirsi sempre fuori posto.

Vere.news, il nuovo magazine online!

È un periodo ricco e faticoso, se poi si aggiunge qualche piccolo acciacco il quadro è completo.

Ma son felice! Nuovi progetti editoriali, nuove collaborazioni, nuove sfide da raccogliere con umiltà e olio di gomito.

Informare, intrattenere, ispirare. Così, insieme a Ileana Coiana abbiamo presentano il nuovo periodico digitale Vere.news nato da una sfida imprenditoriale. Una realtà giovane, che vuole dare spazio alle idee e alle persone garantendo anche il contraddittorio.

“Cuore sardo ma mente aperta”, partendo dall’Isola ma non fermandoci.

Formato stories, linguaggio semplice, verità e condivisione di esperienze sono solo alcuni degli elementi cardine del magazine. Ci interessante le esigenze ed opinioni dei lettori.

Cuore sardo, ma sguardo non solo all’isola, che vuol concentrarsi su informazione, inchiesta, società e cultura, sulla bellezza che c’è attorno ma anche sulle problematiche e le emergenze che meritano approfondimento.

Ringrazio tutti per la fiducia, il lavoro sarà tanto ed emozionante.

Seguiteci su https://vere.news/

Ritorno al pianoforte!

La buona notizia di questi giorni è stato ritrovare il mio maestro Luca il suo bel pianoforte dove ci esercitiamo ogni settimana.

Imparare a suonare uno strumento è come iniziare a studiare una lingua nuova: può sembrare dura all’inizio, incomprensibile e faticosa. Però una volta che si cominciano a riprodurre le prime note la soddisfazione e i benefici sono tanti. E’ come avere un nuovo mezzo che ci permette di esprimerci in un modo nuovo, attraverso la melodia.

Non è stato un periodo facile per lui, me lo ha raccontato. Le sue lezioni mi mancavano, come i suoi consigli e i nostri confronti sulla musica e le scelte dei vari compositori. Il grande lavoro che stiamo facendo assieme, grazie alla sua pazienza, ci porterà lontano. Ne son certo!

E poi accadono cose bellissime quando cominci a studiare musica. Leggerla aiuta a migliorare la capacità ragionativa e la concentrazione.  Suonare porta con facilità ad aprirsi agli altri per condividere le proprie scoperte ed il proprio suono. Ma prima di tutto promuove l’autodisciplina. E poi quanta fiducia in sé stessi quando cominciamo a manovrare lo strumento e capirne i segreti.

Mi ha stupito che siano crollate due certezze (stupide) che avevo: che gli artisti non seguissero troppe regole e che le regole non fossero in aiuto della creatività. Invece, no, le regole aiutano essere creativi: rimescolare gli ingredienti a disposizione significa avere la possibilità di fare qualcosa di bello e nuovo!

In ultimo, specie in questi tempi, un bel contenitore allo stress. Quando suoni hai bisogno di essere concentrato. Non devi pensare ad altro. Per questo dopo un po’ le preoccupazioni sono dimenticate e rimani solo tu e quello che stai suonando. Si sospendente il normale flusso della tua vita e allo stesso tempo inizi a esprimere con sincerità le tue emozioni.

Grazie Luca!

Ci manchi Ale Massessi DJ!

Cos’è la mancanza?
È un fiume carsico che si nasconde e poi affiora quando meno te lo aspetti e scopre dolore e ferite. Una strada, un pomeriggio come tanti.
Perché qui giravo spesso, anche quando non c’era una serata o lavoro assieme, bastava anche solo un messaggio. “Ale son da queste parti ” e lui “passa, dai”. C’era il suo Sunshine o ci vedevamo in giro tra Castiadas e Villaputzu. E guai a non passare a salutare, se la prendeva. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sa bene quanto lui tenesse ai rapporti umani.
Da quel maledetto giorno di fine novembre tutto questo è ricordo.
Se solo si potesse riavvolgere il nastro, riaverti tra noi, riprendere le nostre cene e i progetti. Ci manchi caro Ale Massessi.

Prima di ogni partenza…

Ryanair mi avvisa che devo caricare i documenti.
Un altro viaggio si avvicina. Spegnere tutto, andare in un altro posto. Niente Mattarella, Sanremo, Covid, odio, rabbia italica, solo bellezza del mondo, sulle cose da scrivere e sulla musica, emozionarsi. Un tetto di una casa, un tramonto, una vecchia bottega, una stazione dei treni. La canzone che ricorderai. Il blocnotes con gli appunti. Gli incontri inattesi. Le idee che scaturirano. I come fosse se.
Nulla, non riesco a stare fermo, vivere sempre nello stesso posto, fare e pensare le stesse cose. Mi annoia, mi uccide, mi imbruttisce.
Cambiare. Partire. Allontanarsi. Mettersi in gioco. Respirare. Sopravvivere, grazie al mondo. Capire. Sentirsi piccoli e periferici di fronte a tutto ciò che è diverso e altro. Senza perdere tempo che tanto il tempo non lo recuperi. Non è fantastico?

Tixi su Radio Sintony con l’Isola che balla!

Da stanotte torno su Radio Sintony con una trasmissione in un cui racconterò il mondo della notte e della musica, con storie, curiosità e un Dj ospite a settimana… racconterò quel che succede tra club e discoteche!
Cominciamo questo weekend con Luigi Carbini apprezzatissimo dj del Nord Sardegna.
Il format è prodotto grazie a Luca Frau della Phonofarms.
Ci sentiamo ogni venerdì e sabato dall’una in poi!

 

Ciao Ale Massessi

“Uno che si sporcava sempre le mani”.
Avevo conosciuto Alessio allo Zero, grazie alla comune amicizia con Gianni Casella, oltre dieci anni fa.
Un ragazzo intraprendente, con una gran voglia di fare, oltre alla mia stessa passione: la musica.
Un giorno, un anno fa, mi ha raccontato la sua storia. Ha iniziato a lavorare a 16 anni nel ristorante di famiglia a Porto Corallo, poi si è fatto strada da solo, i primi soldini propri, le estati e le classiche stagioni invernali fuori dall’Isola, fino a lavorare a Madonna di Campiglio.
Non si è mai fermato: dal “semplice” cameriere è diventato imprenditore di un locale bellissimo – il Sunshine Rey – senza perdere la sua anima, il suo legame col Sarrabus e la sua gente, la sua schiettezza. Non si è seduto mai sugli allori. Faceva tutto: cameriere, service, gestore, organizzatore, oltre alla sua professione e passione da DJ.
Negli ultimi anni ci siamo visti e sentiti spesso: mi aveva chiamato come dj nel Carnevale Sarrabbese, a Orangeland e avevamo un bel progetto musicale per l’estate a Castiadas.
Ale era pignolo, incalzante, positivo, trascinatore. Incarnava l’idea del ragazzo che non si arrende, che parte dal paese e arriva a dimostrare che tutto è possibile. Mi chiamava in orari impossibili per illustrarmi le sue idee e le novità ma anche semplicemente per ridere.
Incalzante nella realizzazione delle cose che voleva, non si è mai messo problemi ad andare dritto per la sua strada, a creare connessioni, a farsi voler bene da tanti.
Mi mancheranno le sue chiamate imprevedibili, la sua ospitalità, le cene infinite nel Sarrabus, la sua lungimiranza.
Mi ha insegnato tanto e gli devo tanto.
Ultimo pensiero, forse banale. Perdere la vita così, in un attimo, a 38 anni mi ricorda che siamo di passaggio. E che forse vivere ogni giorno senza aspettare occasioni e tempo, senza perdere energia in inutili cose, è l’unica scelta.