Posts in Tixilife

Bentornato a Milano

Milano ti riabbraccia così, con il suo veloce e interminabile moto di persone e mezzi e il caldo sopportabile. Scendo dal bus da Bergamo, volo in sede, camicia rosa al volo, nuovo di zecca, decido di prendere la 91 e non andare a recuperare lo scooter. Scelta errata: il filobus è in ritardo, così mi tocca aspettare. Dentro l’aria condizionata è a buon livello, si respira per fortuna. Pochi minuti e sarò in Volkswagen.
Il mezzo taglia la città sfruttando le preferenziali. Dentro facce di ogni tipo, telefonate e passeggini.
Comincia così il mio lunedì, fresco e leggero, si fa per dire, con l’obiettivo di fare meno danni possibili, che poi è un countdown al prossimo weekend, Barcellona 😜

Vita da dj

Fare il dj non è solo salire sulla consolle, essere conosciuto e mettere tutto il tuo intuito e genio per far divertire la gente (e non è detto che si riesca). Delle serate mi piace notare i particolari e ricordarmi gli intrecci: i genitori che aspettano con ansia i figli all’uscita, i miei litigi con il computer, vedere in azione i colleghi amici dj e la loro diversa concentrazione e linea musicale, gli abbordaggi spesso improbabili in pista dei clienti, il mare che luccica e la luna sullo sfondo di ogni notte d’estate, i profumi dei paninari all’uscita e le tante persone che ti fermano in serata, un saluto nella loro gestualità e due parole sempre da condividere, o una foto, spesso anche chi non ti aspetti che pure ti segue e sa tutto di te tramite i social. 
La musica e quella euforia poi si dirada quando accendi il motore e la serata diventa un file da archivio dei ricordi. E non puoi che ringraziare che tutto questo continui ad accadere. 
Ok, valigia da fare, due ore di sonno e poi volo Cagliari-Bergamo.

Eppure, non so perché, ma oggi sono triste di andar via.

Scoo scoo scooteroni!

Scoo scoo scooteroni, cantano Guè Pequeno e Marra. L’ho cantata, come un fesso, lo ammetto.

L’emozione era tanta da farmi sentire un bimbo che riceve un regalo da Babbo Natale. Molto meno, però anche se è una piccola svolta: è arrivato il mio scooter dalla Sardegna. Sono andato ieri a ritirarlo alla SDA di Vimodrone, comune dell’hinterland milanese.

Non è stato complicato: un amico lo ha portato al deposito di viale Elmas, ho prenotato la gabbia, che poi sarebbe la struttura entro la quale il mezzo viene assicurato per il trasporto e in due giorni è arrivato a destinazione.
Gli spauracchi della riconsegna sono per fortuna andati via non appena, girando la chiave, la levetta del carburante ha dato segni di vita: 1/3 di serbatoio, nessun timore. Lui, il mio Suzuki 125, impolverato ma in forma.

Saluto gli addetti, casco allacciato, pieno al primo distributore e marcia verso Milano, in un pomeriggio afoso e in camicia.
Che poi è strano divincolarsi nell’intreccio di strade attorno alla grande città, devi avere un’attenzione non indifferente per evitare di finire in autostrada. Ricordo avventure entrando e uscendo dai caselli. Per fortuna la strada è facile, Vimodrone, Crescenzago, Cimiano, viale di Leoncavallo, qualche errore e poi Stazione Centrale.
Lo scooter è una bordata di libertà ma il traffico milanese non scherza: veloce, imbruttito e complicato. Nessuna pietà se non sei sveglio. Ci sono tante opzioni di cui tenere conto, oltre alla reattività del milanese che non rispetta e non aspetta. I tram, gli incroci, gli innesti, le preferenziali, dove, strano ma vero, gli scooter e le moto possono circolare. Così come nelle Aree a traffico limitato: lo scooter ancora può entrarci anche se si dibatte di una tassa. Speriamo mai.

Qui corrono tutti, ci vuole davvero attenzione. Ma avere lo scooter è un piccolo passo per godersi ancora più questa esperienza!

Aria di mare

L’aria di mare risolve intrecci e malanni, specie se è semplice e gentile come quella del Sulcis. Tra rumore di onde e vociare della gente penso a come sia strana la vita: credevo che questo periodo a Milano mi togliesse tempo e opportunità di farmi giornate al mare, seguire le passioni, godermi l’isola e viaggiare. Pensavo che avrei dovuto rinunciare a tante cose, inglobato nella realtà metropolitana e dai suoi orari stretti.
È come se quel poco tempo sia aumentato come per magia e io abbia trovato l’equilibrio giusto, pronto poi a rimetterlo in gioco. O forse sto diventando grande? Allora no, non voglio crescere

Signora Gina

Adoro questa Sardegna, quella semplice e cordiale della provincia, quella che non scimmiotta Milano o Barcellona, quella che incontri lasciando la città e provando a vedere cosa c’è fuori, senza paura di perdersi.

Spiaggia di Gonnesa, profondo Sulcis, quello che ferisce e ti affascina. Un pranzo con un’amica, ristorantino su un mare non proprio amico, domenica di giugno. Poi sbuca a fine pranzo proprio lei, la mitica signora Gina, la cuoca e proprietaria del Sapore di Mare, così si chiama il locale.
C’è tempo per chiacchierare e conoscere un’altra bella storia di amore e passione. Quella che ho sentito in ogni piatto oggi.

“Vivo qui, anche d’inverno, sto bene qui. È bellissimo. Mi piace cucinare cose semplici, vivo qui, i fornelli curano ogni male, sono rimasta vedova a 38 anni e mi sono fatto forza da sola, lo faccio qui dagli anni Settanta da quando abbiamo aperto.”

Grazie di cuore Gina e Sapore di Mare, abbiamo mangiato da dio!

State of mind

Ero a New York, ero a New York. Le luci dei grattacieli di Manhattan, ed io nemmeno credevo di esserci. Il taxi toccava quartieri come fossero titoli di film. Luci gialle illuminava incroci troppo grande per me, piccolo e della provIncia.

Poi, andando via, quella sera ad Harlem, cenai in un qualunque locale tra il frastuono di gente che non avrei mai rivisto, i mega schermi del superbowl, hamburger e birra, nascondevo dentro la felpa grigia una lacrima e capii: qui ci sarei tornato a vivere. Era destino. E anche quel portiere mi disse: “New york is a state of mind, not only a town, my friend”

New York, New York…

Ero a New York, ero a New York. Le luci dei grattacieli di Manhattan, ed io nemmeno credevo di esserci. Il taxi toccava quartieri come fossero titoli di film. Luci gialle illuminava incroci troppo grande per me, piccolo e della provIncia. Poi, andando via, quella sera ad Harlem, cenai in un qualunque locale tra il frastuono di gente che non avrei mai rivisto, i mega schermi del Superbowl, hamburger e birra, nascondevo dentro la felpa grigia una lacrima e capii: qui ci sarei tornato a vivere. Era destino. E anche quel portiere mi disse: “New York is a state of mind, not only a town, my friend”

Infinite ricerche

C’è una luna fantastica in cielo, una luna che rischiara il mare e poi parla di noi e ci sussurra di un destino di viaggi e migrazioni, di un posto migliore che non esiste perché il viaggio e quel luogo che cerchiamo siamo noi. E continua a batterci il cuore perché in fondo siamo quel cielo, quella luna e quell’estate.

Tixilife

Mal di schiena regolare post DJ set, primo weekend di scuole chiuse e venerdì in Darsena, tra musiche, suonatori di bonghi, chitarre, pischelli in uscita libera, bolidi di passaggio, profumi di cannabis e bottiglie sparse. Il motorino mi attende parcheggiato a due passi.
Domani parto e quasi mi dispiace andarmene. Queste notti parlano di me, più di quanto pensi. È come essere a casa senza averci mai vissuto, è amore della novità che rassicura più delle certezze, è insoddisfazione tale da renderci vivi. #tixilife

 

Seconde case

Ci saranno poche città che mi lasciano un segno indelebile nel cuore: New york quando me ne andai piangendo, Dublino sei mesi fantastici, Barcellona una seconda casa e ora Milano che ho paura che mi stia stregando o forse è solo bottiglia di Cannonau che mi dà alla testa e mi ricorda che sono nato in Sardegna ma sono cresciuto di aeroporto in aeroporto.
O forse sono solo fuggito.