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Copenaghen, Danimarca il mio ultimo viaggio!

E così fu…Copenaghen! Come sempre le migliori destinazioni nascono senza troppi programmi. Tutto deciso il 4 agosto, prenotazione volo Easyjet e partenza due settimane dopo. Roba da pazzi come me, insomma.

Da diversi anni le mie destinazioni di viaggio sono esattamente opposte rispetto al clima e alla temperatura di casa. Ad agosto scelgo sempre il freddo: l’anno scorso fu Irlanda, in passato Svezia, Norvegia e ancora Irlanda, poi Scozia e ancora più dietro Inghilterra e Berlino. In autunno e inverno punto sempre alla Spagna o giù di lì.

Il nord ha sempre un fascino particolare e diverso: il cielo, il fresco, le lentezza, la serenità, le nuvole, le case caratteristiche, il vento, la natura e la pioggia, le canzoni dei King of Convenience. Tutto questo può essere una bella fuga dal caldo e dal traffico estivo, un momento per resettare pensieri e fisico.

Così è stata Copenaghen. Tre giorni intensi e freschi, ma particolarmente piacevoli.

Partenza da Malpensa al mattino del 17 agosto, arrivo a Copenaghen due ore e mezzo dopo. Scelgo, visti anche i prezzi, un bell’ostello in posizione strategica, proprio sulla trafficatissima (dalla gente) Nyhavn, l’antico porto con le sue casette variopinte, i ristorantini e le barche a vela ormeggiate, la cartolina più conosciuta della città.

All’arrivo, un po’ disorientato prima di trovare l’uscita, linea due della metro, un servizio di trasporto efficientissimo e con guida automatica (c’è pure di mezzo un mio caro amico, David Modica, nella sua costruzione!). In dieci minuti mi ritrovo a Copenaghen. Biglietto da applicazione, non devi obliterare (anche nel caso lo faccia cartaceo). Non cambio contanti sapendo che la carta di credito qui può essere utilizzata per ogni transazione, anche da pochi euro!

L’ostello Bedwoood come sempre si dimostra una scelta azzeccata per un viaggiatore solitario: una immersione di cosmopolitismo, a contatto con storie, chiacchiere, persone da ogni luogo della terra e quell’atmosfera di viaggio che un albergo, troppo asettico non ti offre. Nella hall c’è sempre la colonna sonora perfetta. I prezzi poi, ne orientano la scelta: Copenaghen è carissima e solo in ostello spendi 40 euro a notte, più 7 euro di colazione, un buffet semplice ma assolutamente gradevole. I prezzi degli hotel e bnb sono per un viaggiatore come me fuori schema mentale. E’ proprio questione di filosofia: voglio viaggiare, ma non buttare soldi.

Copenaghen dispone di una rete integrata di trasporti pubblici fatta di metropolitana, treno, autobus e traghetti, articolata su sette zone. La città non è molto estesa e, in relazione ai luoghi da visitare, puoi girartela a piedi oppure, come ho fatto, prenderti una bici (ci sono tantissime stazioni e ho usato il servizio arancio di Donkey republic) e la vita cambia. Quando le città sono strutturate per le due ruote, viaggiare in bici è un’esperienza unica: diminuisci i tempi, ti senti sicuro sempre (anzi, padrone della strada!) e comunque stai in movimento. Particolare notare che il traffico sia bassissimo e le bici abbiano il sopravvento su tutti i mezzi.

Le cose da vedere sono varie e ve ne segnalo alcune, premettendo che non viaggio mai con troppi programmi, mi piace scoprire camminando: Kongens Nytorv, Nyhavn, Holmens Canal, dove puoi prendere un battello, andare in bici fino a Amalienborg Slot, la Statua della Sirenetta (troppo caos e turisti, delusione), attraversare Christianshavn, ritornando poi, alla base di partenza. C’è Christiansborg Slot, la sede del Parlamento Danese. La torre imponente, la più alta della città, è aperta gratuitamente al pubblico. C’è Torvegade, il ponte che attraversa il canale. C’è Christiania, la famosa comunità alternativa la cui entrata principale è collocata in Prinsessegade, fondata negli anni settanta da un gruppo di hippy e anarchici che occupò una base militare abbandonata e rappresentò un riferimento per tutte quelle persone affascinate dal vivere in una società libera e autogestita. Non è uno scherzo, giuro! All’interno l’impressione è di stare in un centri sociale, graffiti, murales, zone abbandonate e gruppi alternativi. Finisco quasi senza accorgermene in “Pusher Street” e subito un ragazzo con l’aria tranquilla ma ferma mi ricorda che non posso far foto. Infatti pusher street è un grande mercato all’aria aperta di erba (sì, avete capito bene). Per il resto ci sono mostre, bar e piccoli ristoranti dove mangiare a prezzi contenuti.

La classica passeggiata tra i negozi (lo so, cercate anche questo) è a Strøget (Frederiksberggade, Nygade, Vimmelskattet, Amagertorv, Østergade), una vasta area pedonale situata nel centro di Copenhagen che si snoda tra Radhupladsen e Kongens Nytorv. Radhus, il municipio della città, è un palazzo caratterizzato da un’alta torre e si colloca in una spaziosa piazza di fianco a Tivoli, il parco di divertimenti, anche questo da visitare. Poi ci sono i Rosenborg Castle Gardens, un parco cittadino per gli amanti del relax, ma anche tutta la zona limitrofa a Kastellet, a due passi dal mare.

Per il gusto (e senza spendere l’anima) segnalo il Copenaghen Street Food a Papirøen (porto della città), un nuovo luogo inaugurato nel 2014 dove servono differenti tipologie di cibo di strada che possono variare in base alle disponibilità del mercato. Tra questi troverai il sempre in voga Fish & Chips, panini per ogni gusto, polli allo spiedo, pizza, zuppe, salsicce artigianali e immancabili hot dog, ma anche le patatine fritte, la carne cucinata sulla griglia e i piccanti tacos. Birra? A volonta!

A proposito, la cucina è sempre uno dei guai quando vai al Nord Europa ma non assaggiare cosa ti propone un luogo è un peccato mortale. Se ti vuoi lanciare sul gusto locale, ecco i famosi smørrebrod, una tartina di pane (generalmente di segale), ricoperta di burro o paté di fegato e condita in vari modi (es: con uova, formaggi, salumi, caviale e e verdure). Occhio alle zuppe di vegetali (primeggia la zuppa di cavolo verde, chiamata Gronkalsupper), i pesci arrosto ricoperti di prezzemolo, il Jule risengrød, un mix di riso e mandorle, la Alesuppe (zuppa d’anguille), la Gule ærter (zuppa di fave con pancetta, verdure e pezzi di salsiccia).

Capitolo dolci: si va dal Æblekage, fatto con panna e mele, alle ciambelle fritte con zucchero, dal Fløderand ripieno di frutta cotta ai pasticcini di marzapane glassati, senza dimenticare il Rødgrød, un budino con i frutti di bosco e panna e i biscotti Klejner, tipici di Natale. Per quanto riguarda il bere, birra e vino sono d’obbligo. Il vino rosso in questa zona è accettabile, delle birre i danesi vanno fieri visto che qui ci sono le notissime Carlsberg o la Tuborg.

Ovviamente la lista dei luoghi dove mangiare italiano (è necessario e normale rifugiarsi nella nostra cucina) è varia. Due nomi: la Fiorita, pizzeria minuta ma ricca di gusto e prezzi accessibili (riesco pure a trovare dei simpatici conterranei!), e il più pomposo Ristorante italiano sulla Fiolstræde 2.

Tre giorni in una città mi rammolliscono, allora da Copenaghen la sorpresa è sapere che si può andar in Svezia in mezz’ora: un treno veloce (o, in sostituzione, il ben più economico bus Flixbus o Nettbuss) e siete a Malmoe attraverso il fantastico ponte di Øresund, una tratta stradale e ferroviaria di 15,9 km che collega le due realizzata tramite tunnel sottomarino e ponte – congiunti in un’isola artificiale appositamente creata – che attraversano l’omonimo sound.

È il più lungo ponte strallato d’Europa adibito al traffico stradale e ferroviario con una campata centrale di 490 m; fu inaugurato il 1º luglio 2000.

Atmosfere diverse, moneta più abbordabile (noterete la differenza!), ma stesso freddo e tempo che cambia di continuo (l’avete capito che mi piace molto?). Ne vale assolutamente la pena. Malmoe si gira in una giornata. La stazione è a pochi passi a piedi dal centro della città. Subito c’è il Turning Torso, il grattacielo di Santiago Calatrava che sembra girarsi su stesso (strano effetto ottico). Arrivi in breve tempo in Stortorget, la piazza principale su cui si affacciano palazzi austeri. C’è Södergatam tra negozi e caffè. Sempre nel giro di pochi minuti sei  sulla bella piazza Gustav Adolfs torg, con alberi e giardini: si può acquistare cibo ai chioschi (vero scandic street food a base di pesce ed aringhe) oppure proseguire ancora per negozi in Sodra Tollgatan, altra strada commerciale che diventa, dopo ponte sul canale, Sodra Forstdsgatan.

Tutte le guide dicono di imboccare le viuzze laterali: una gradevole commistione di palazzi moderni e piccole case d’epoca vi farà comprendere, più di tanti discorsi, l’amore che gli svedesi di Malmo hanno per il proprio passato.

Lillatorg, la piazzetta cuore della città antica su cui si affacciano le case “a graticcio” e dove è ospitato il museo di arte e design contemporaneo.

Il rientro da Malmoe mi ha regalato un bel tramonto sul ponte di Oresung e un cielo stranamente azzurro. Cosa mi ha lasciato Copenaghen (oltre a qualche soldo in meno sul conto)? Tre spunti, oltre alla sensazione di serenità e freschezza che ti dà il nord Europa e a un tempo che mi emoziona. C’è la possibilità reale di vivere senza le auto (è stranissimo vedere poco traffico in una capitale). C’è la capacità dei danesi di ottimizzare ogni spazio e renderlo sempre piacevole. Ogni angolo di verde, ogni canale o superficie di mare è un’occasione preziosa per tuffarsi nella natura. Prati, moli, parchi e palestre. Ogni location sembra essere perfetta per sdraiarsi al sole, fare un picnic o stare in gruppo. Nonostante il clima tutti amano stare sempre all’aria aperta.  Mi son dimenticato di parlare dell’Harbour bath, dove vedi i danesi felici fare un tuffo nel cuore del porto di Copenaghen, con l’acqua completamente ripulita (certo, il colore non è quello nostrano, ma…). Altri moli con le sdraio a prendere quel poco di sole che spunta tra le nuvole.

Se poi ti incuriosisci, la presenza di pale eoliche che punteggiano il paesaggio danese sono un’altra caratteristica. Sapete che la Danimarca è autosufficiente a livello energetico e circa un terzo del suo fabbisogno energetico viene da fonti rinnovabili?

Una società diversa, interessante, da capire e da prendere da modello per alcuni aspetti, considerando le diversità e le distanze. Ho trovato gente cortese, ospitale, con un inglese assolutamente alla mia portata (sarà che sono diventato bravo o loro attenti a farsi capire?). Una destinazione che mi ha lasciato un piccolo segno nel cuore. E questo, oltre ai suoi prezzi (sigh!) e al freddo, vale più di tutto.

 

Milano, strada di notte

Strada di Milano, un uomo urla e bestemmia. Sembra un personaggio di una canzone di Liga, con la 127 supersport parcheggiata all’angolo.

Gilet di pelle, basettoni, capelli lunghi che malcelano una vistosa calvizie, scarpe a punta di ferro e rayban.

Forte cadenza da confine lombardo svizzero

“Tutta colpa di quelli uomini con la divisa, porco *io, io lavoro e loro non fanno un cazzo, porteteli qui, voglio i carabinieriii!”

Sembra pronto a fare una pazzia. Vaga per la strada.

Da lontano una donna, vestita con un modesto abito da casalinga, senza trucco, si avvicina.

Lo chiama. “Roberto, Roberto!”

Lui si gira, e come per incanto smette di inveire.

Tutta la strada è al balcone, pensa al peggio. Che succederà ora?

Un momento di silenzio interminabile.

Lei ha il potere di farlo calmare. L’aspetta. Si avvicina. Lei lo abbraccia, sussurra qualcosa di indecifrabile e lui ricambia stringendola forte. Piangono. Piangono insieme. In mezzo alla strada, alla luce dei lampioni.

Dai balconi sembra quasi partire un applauso che per rispetto resta silenzioso. E forse anche questa luna padana lassù si commuove, un po’ come è successo a me, ora.

Ultima notte a Copenaghen

Ultima notte danese. Mi siedo su un gradino vicino alle vetrine multimarca di Strøget a Copenaghen e mi godo la gente.

Il freddo punge attraverso un venticello bastardo e mi fa dimenticare il resto, rischiara la mente e velocizza i pensieri.

Una musica elettronica in cuffia non lascia scampo: muoversi, viaggiare ora e sempre. Vivere al massimo cercando nuovi luoghi e mari, togliendosi di dosso le zavorre.

Non sembra che qui sia finita l’estate, anzi è stata un concetto inesistente qui dove si vive tra nuvole e pioggia, sto aspettando già la primavera. Tredici gradi, impensabile amisciii. Quattro giorni fa ero giù, chi se lo ricorda? Chi si ricorda le amarezze, le telefonate inattese e i voltafaccia? Il caldo da annebbiarti la mente e rincoglionirti l’anima? Mi ricordo le cose belle.

Il viaggio riordina tutto e riporta priorità, specie se con due ore di volo cambi mondo e cielo. Ci vuole.

Non ho nessuna presunzione di capire il mondo in un viaggio ma viaggio dopo viaggio magari capisco qualcosa di me stesso

(È la birra danese)

Viaggiatori viaggianti

Vorrei essere come uno di questi viaggiatori che incrocio, liberi e senza patemi d’animo, capaci di organizzarsi con poco e di vivere sempre al limite. Non si mettono problemi di clima, vestiario, alimentazioni, orari e come possono apparire. Si sente l’onda della libertà e spensieratezza che emanano.

Ma forse è inutile, è proprio un modo di vivere provinciale che ci portiamo da quando siamo nati: regole, pregiudizi, preconcetti e cosa diranno gli altri. Noi sardi siam così, siamo limited edition, impauriti e racchiusi nel nostro mondo, anche se inconsapevolmente. E quando proviamo a uscirne, una molla ci ricorda chi siamo e non allarghiamoci troppo sennò possiamo spaventare i deboli di mente.

Star sempre attenti a non urtare il sistema di convinzioni e tradizioni che hanno retto i vicinati e la città. Una complicanza di mentalità che ci ha resi stupidi senza saperlo, ma continuando a vantarci di essere migliori.

Barcellona

Anche la mia Barcellona oggi è stata colpita e offesa al cuore.

Un luogo che ha un senso particolare per me e molti di voi. La mia seconda casa, il mio porto sicuro, la mia notte infinita

City of Dreams, come cantava Dirth south e poi remixava Alesso.

Ho percorso mille volte la Rambla a qualsiasi ora. Ricordo bene ogni angolo.

Non è un caso che la mia foto di profilo sia proprio là, al termine di una delle mie sudate in platja de Barceloneta.

Penso alle strane coincidenze: non sarei dovuto andarci a questo “giro”, eppure è il mio primo giorno di viaggio. Come quando Parigi fu attaccata e io stavo a Bruxelles. Il terrore coincide sempre in qualche modo.

Non so quanti siano i morti ma la ferità è aperta, e il dolore scorre come sangue.

Hanno colpito quella città Barcellona, per intenderci, accogliente e aperta con tutti. La nostra seconda casa.

Non penso ci sia tanto da fare contro questi pazzi che solo strumentalmente usano la parola di un Dio.

Dio non esiste per questi criminali. Esiste solo ribrezzo umano e spirituale.

Mari

Dicono che esistano mari belli e brutti.

Mari cristallini e paradisi e “altri” mari che non possono “competere”

Come se fosse una gara e chi vince può vantarsene in giro.

Il mare è sempre mare e non ascolta idiozie.

È paziente come le onde.

E in ogni colore e latitudine rappresenta un perenne punto d’arrivo, un grande fratello capace di sussurrarci al cuore.

Per chi non si ferma a Ferragosto

Mentre mi preparo per la serata da Dj guardo la data: 14 agosto. Sembra quasi un giorno come un altro.
Ebbene sì, ci siamo noi che neanche nei ponti di ferragosto ci fermiamo, elaboriamo idee, lanciamo sfide, apriamo collaborazioni e continuiamo a spenderci di testa e di corpo. Perchè forse non riusciamo a star fermi e la parola FERIE non esiste.

Chi come me fa il dj o la comunicazione ma anche tanti altri, chi per necessità economica chi piacere chi in settori ben più delicati: gli ospedali, il soccorso, la sicurezza, i servizi essenziali.
Chi lavora per rendere la nostra isola accogliente a turisti, clienti e viaggiatori, i tanti imprenditori sardi che tra mille sacrifici sperano nel meglio di una stagione sempre troppo breve e veloce: gli operatori turistici e alberghieri, i gestori, le guide, ristoratori, gli organizzatori, gli esercenti, i barman, ecc ecc tanti, troppi da ricordare.
Insomma, se siete come me che non vi fermate mai vi auguro buon lavoro. Se vi prendete una vacanza e state in relax buona vita lo stesso

La Siesta

Un pezzo di Sardegna di quella bella e che adoro, che non scimmiotta milano o ibiza. Sulla provinciale rientrando a Cagliari, altezza Capitana, in uno dei tanti incroci dimenticati da Dio, il bar La Siesta (mai nome fu più azzeccato per descrivere l’aria che respira) sembra un’oasi nel deserto.

Qui puoi fare un salto nella Sardegna anni 80, di birre Ichnusa e gazzose Primera quelle per rinfrescarti quando in auto stavi senza condizionatori d’aria.
I banconi marroncini, il listino prezzi con le lettere da comporre (strano non siano in lire), gli espositori color argento con una sfilata di orzate, mirti, Amaro Averna e Villacidro, e al banco una bellissima ragazza tatuata, mora, con capelli lunghi e lisci, labbra morbide.
– ciao, prego
– un cappuccino, un cornetto e un bicchiere d’acqua
– acqua da mezza?
– no, un bicchiere pieno.
Lei, uno sguardo profondo e semplice, che potrebbe raccontare da sola la mia idea Sardegna.