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Bollettino medico ideale

Bollettino medico-ideale (volevo condividerlo con voi).

Dovrò ringraziare questo momento di difficoltà perché mi sta insegnando tante cose.

Mi sta insegnando il valore del riposo, del silenzio e della disconnessione virtuale

Mi sta insegnando l’amore e l’affetto (spesso inatteso) di chi ho attorno (e nessuna recriminazione per chi si è dimenticato).

Mi sta insegnando che non si può sempre essere al top, anzi, è meglio vedersi anche in difficoltà.

Mi sta insegnando il valore del tempo.

Mi sta insegnando che posso fare a meno di tante cose.

Mi sta insegnando che siamo in continua evoluzione.

Non bisogna mai avere paura di sembrare un po’ più deboli e imperfetti, anzi. L’imperfezione, a dispetto dei tempi che ci richiedono la perfezione e il meglio, è una grande ricchezza.

Operazione!

Certo, per uno come me, abituato al movimento, prendere aerei come autobus, cambiare panorami e climi nel giro di poche ore, fermarsi in una stanza d’ospedale anche solo ventiquattro ore fa più male del dolore fisico. E’ un dolore mentale, una costrizione non sempre facile da capire.
Poi capisci che è un dolore minimo e stupido rispetto a quello altrui. Capisci che nessuna esperienza è inutile, anzi puoi imparare, vedere e toccare da vicino la sofferenza di altre persone, osservare l’amore e la cura di chi lavora (medici, infermieri e tante altre persone) a contatto con la malattia (e magari spesso viene bistrattato). Ti fa rivedere tanti tuoi punti di vista, ma anche rivalutare il concetto del tempo, digiuno e riposo, lontananza e affetto di amici e parenti, quello che arriva e quello che manca.
Insomma, nessuna esperienza, anche quella che può sembra dannosa, dev’essere disprezzata. Può insegnarti e lasciare qualcosa di profondo.
Ancora GRAZIE.

Amici di vecchia data

Ogni mio weekend è un incontro speciale, spesso casuale, con amici e amiche che non vedo da tempo. Lui è Germano Jerry Latomare, abitava nel mio stesso palazzo. Abbiamo condiviso partite di calcio infinite (roba da holly e benji), biciclettate e poi ancora sfottò, scritte sui muri e serate con l’amico Lisini.
Per chi ha qualche annetto e conosce i giri musicali di Cagliari ha fatto rap per anni ed è una delle voci di pezzi come Da dove vieni (conosciuto come Vengo da Cagliari) e Un’altra estate (roba che uGiovanni Marcici conosce bene) contenuti nello scrigno degli anni a cavallo tra Novanta e Duemila.
Anche lui come me e forse più di me ha vissuto mille vite, ha fatto tante cose, ha respirato sconfitta e riscatto. Cagliari, Londra e da tempo la campagna sarda. Ha ricominciato da zero, riazzerando tante cose, persone e idee. Una piccola casa in solitudine, la natura, i campi (ora sta coltivando gli ulivi). Ci vuole molto coraggio a fare una scelta del genere. Lo ammiro e ammiro tutti quelli che come lui nella nostra terra resistono senza svendere l’anima e senza calpestare nessuno.

Gratitude!

Ho cenato, ho fatto la valigia stando attendo a non dimenticare nulla ma infilando il meno possibile dentro, ho riordinato casa nel silenzio magico di una fredda notte. Si sentiva il rumore del treno che passava e qualche macchina lontana. Ho ancora tante cose da fare ma la stanchezza ancora non mi ha avvolto: devo preparare il preventivo per i lavori di casa, devo scrivere un progetto di calcio a 5, devo aggiornare delle pagine, devo scaricare biglietti e mappe di Vienna e Bratislava e caricare le batterie.

E’ stata una giornata speciale. Perchè vi chiederete? In realtà non è successo nulla, ma sento solo di aver vissuto. Sento di aver usato bene ogni singolo minuto e quando questo accade non conta cosa hai realizzato, cosa puoi dimostrare al circo mediatico, conta come ti senti e la gratitudine che porti dentro. E poi pensavo: quanto sono folli certe passioni! Voi lo sapete perchè so che ne avete come e più di me. Ti prendono e non ti fanno mai stancare.

Per me scrivere come maneggiare la musica da dj è un qualcosa di cui non posso fare a meno, che mi prende e mi fa dimenticare il resto, che non mi fa crescere.

Un gioco infinito. Ed è bello perché alla fine sono due passioni che ti fanno stare in costante connessione con gli altri. Non è solo guadagno, anzi è poco quello, non è un modo per scalare la società, anzi chi lo pensa sbaglia, è sempre regalare qualcosa agli altri. Una parola, una musica. GRAZIE da #Tixi

Ancora speranza per noI!

Questa notte a Milano c’erano dieci gradi. Vicino al Duomo molti giovani sono rimasti all’aperto, al freddo e all’addiaccio. Aspettavano l’IphoneX? No, stavano in fila pur di accaparrarsi un biglietto della Prima della Scala per gli under 30. Insomma, ogni tanto questi malandati gggiovani sanno anche stupirti!

La lezione della corsa

Sono tornato a casa felice. Ho chiuso la mia Deejayten qui a Milano, la corsa di dieci chilometri organizzata ogni anno da Radio Deejay. Il primo obiettivo era arrivarci e farla, poi magari farla decentemente.

I risultati finali, grazie all’SMS con i tempi che ti arriva grazie al chip montato nella tua pettorina, sono stati davvero lusinghieri: 55 minuti, nella media di 5:30 minuti per il percorso di dieci chilometri. Oltre ogni aspettativa, anche perchè in allenamento stazionavo tra i 5:50 e i 6:10.

Certo, dieci chilometri sono solo un inizio. Mi scusino i veri atleti per tanto entusiasmo. Le distanze sono tante. Almeno il doppio. Se penso che New York è 42 chilometri abbondanti, torno con i piedi per terra.

Lasciatemi godere di questo momento, però.

La corsa è una piccola grande lezione di vita: preparare un obiettivo per mesi, piccolo ma per uno come me (abituato a fare 4/5 chilometri di media) già importante. Soffrire fino alla fine, quando sembra più complicato di quanto credevi allenandoti perchè emergono emozione, tensione e paura. Poi, quando finisci, dopo esserti sfondato con la busta ristoro (tè, barrette, noccioline, grana e tanto altro ben di dio) cronometro alla mano, veder di aver fatto il tempo migliore (5:30/km di media) e pensare già alla prossima.
In fondo ce la puoi fare, se ti alleni e se hai pazienza e non ti arrendi. Così funziona il mondo.

Deejay time, the reunion!

Ieri sera ho approfittato della reunion della Deejay Time (la fortunata trasmissione anni 90 del pomeriggio di radio Deejay) qui a Milano al Parco Experience, nell’area dell’Expo.

La mia prima sorpresa è stata vedere l’area fieristica ancora perfettamente in ordine (strano perchè dai giornali era emersa altra verità) e con l’albero della vita acceso e suggestivo come durante l’evento del 2015. Poi ci sono stati loro, i dj che hanno fatto parte della vita di tanti di noi, scrivendo una pagina importanrte nella storia della dance.

Simbolo del Deejay time è stata propria la cassettina che raccontava chi, come noi, si è avvicinato alla musica tramite questo amato/odiato supporto.

Colpo d’occhio e c’è da dire che non dico di esser stato tra i più giovani ma ero nel mezzo.

Albertino (nelle vesti pure di presentatore), Molella, Fargetta e gran finale con Prezioso. Per ascoltare tanti tormentoni dance di ieri e qualche remixaggio, con la sorpresa di Alexia, con un concentrato dei suoi pezzi. Per farsi emozionare dalle giocate tecniche di Prezioso o dai megamix sorridenti di Molella, il tutto in un’atmosfera festaiola e rilassata.

La cosa straordinaria del gruppo del Deejay Time è che mixano col sorriso, intrattengono, hanno un contatto speciale col pubblico, si prendono amabilmente in giro, prendono in giro le ossessioni dei nostri tempi e non si vergognano oggi di nessun disco comprese maranzate italodance.
Altra scuola, altra mentalità.

E quando alla fine Prezioso ha messo Voglio vederti danzare, perfetta rielaborazione della celebre ballata di Franco Battiato, con la voce di Marvin, c’è stato poco da dire… le radici profonde non gelano mai! 😉

A volte ritornano

L’altro giorno parlavo con un amico dj e produttore che mi raccontava la sensazione che fossimo alla fine della corsa. “Siamo troppo grandi, stiamo recitando un ruolo non più nostro”. L’ho beccato in uno di quei momenti no, questa è stata la sensazione.
Io non ci credo: non credo che nella vita del dj ci sia un momento in cui smettere. Sono tutte stronzate di chi è invidioso o non ha mai vissuto l’emozione di fare il DJ.
Continuo ad andare ai festival, ad ascolare edm, hiphop e techno senza vergogna, a fare feste e serate quando vedo che possano essere belle e divertenti, a comprare musica e attrezzature, a fare una trasmissione radio. Spendo e investo per la musica senza pensare siano soldi buttati o stupidate ma con la serietà e l’umiltà di chi ha sempre fame.
Ho l’entusiasmo dei primi giorni e non me ne vergogno nonostante abbia un fantastico lavoro, viaggi e mi sia tolto soddisfazioni.
Ho voglia di fare ancora tanto o almeno di provarci nonostante il fisico non sia quello dei tempi migliori, la competizione tanta spesso anche scorretta, ci siano colleghi davvero forti da cui imparare.
Però vedete, quando una delle migliaia di persone che sono venute a una tua serata si ricorda di te, e tu diventi un elemento della sua vita e dei suoi ricordi, si ricordano i tuoi pezzi forti, significa che è pur vero che puoi non fare diecimila serate, non essere un top dj, puoi non essere quotato come altri, ti possono detestare e boicottare, ma in fondo qualcosa di bello lo hai lasciato in questi vent’anni. Non solo un like.
Sono queste le mie soddisfazioni, più di tanti falsi sorrisi. E forse capisci anche perché alcuni ti detestano.

Consigli inutili di lavoro per giovani

Un giovane che volesse lavorare a buoni livelli, oltre a un titolo di studio (almeno una laurea che permette l’accesso a tanti posti), dovrebbe avere:

– capacità di usare i principali applicativi (applica..che?)
– avere una email che non sia tamarro85@hotsex.it
– un profilo facebook credibile (ok, non siete dei santi ma stateci attenti)
– curare il personal branding ma senza scrivere bugie (se vesti da Bershka non dire che sei fashion blogger, se sei uno schiavo non scrivere manager)
– un profilo linkedin (linke…cosa?)
– un cv aggiornato (cosa?)
– gestire lo stress (e ma se mi provocano io poi parto in quarta!)
– essere reattivo, propositivo e costante
– sapersi comportare e relazionare (non sei con gli amici al bar)
– non lamentarsi senza motivo, specie su fb
– essere serio, affidabile e decoroso (non è che d’estate non lavori o ti presenti in ufficio scalzo!)
– aver attenzione per il proprio posto di lavoro (cura!)
– saper scrivere in lingua italiana (pensi di saperlo fare?)
– conoscere almeno l’inglese (e non solo per scrivere vado al closing party)
– essere aggiornato sul mondo e curioso (certo che se condividi bufale…)
– esser pronto a viaggiare e cambiare lavoro o impiego se necessario
– costruire un modo per essere indispensabile
– pensare da leader ma sporcarsi le mani (non è complicato)

È vero che attraversiamo una crisi lavorativa senza precedenti ma è vero pure che tanti sottovalutano competenze base che sembrano quasi ridicole ma che molti non hanno, preferendo prendersela solo col “sistema”.

Per consigli, chiedete!

Guru per cena

Ieri sera sono stato a cena con un amico che non rivedevo da anni.

Il Bistrot di Pomata si è confermato luogo azzeccato, il cameriere portoghese (non ricordo il nome) professionale e amichevole, il menù curato e interessante.

Il cameriere ha condiviso con noi la bella storia della sua vita in giro per il mondo, un susseguirsi di eventi e cambiamenti per poi approdare nell’Isola, un modo per insegnarci che abbiamo sempre qualcosa da raccontare e che ogni persona attraversa capitoli e pagine nel proprio libro esistenziale.

Quando l’atmosfera si fa conviviale, poi, quando un po’ di alcool e fiducia rallegrano e liberano, tutti mettono in gioco sé stessi e diventano meno sconosciuti.

Poi é bello rivedere un amico finalmente felice, dopo tante vicissitudini e tempeste che neanche puoi comprendere.

È bello sentire che riesce a raccontare come è stata la tempesta e scorgere coraggio e speranza dai suoi occhi.

Se poi questo amico è uno dei tuoi guru, di quelle persone che hai incontrato per caso e sono diventano tuoi punti di riferimento umani e professionali (trovare gente così oggi è complicato), il piacere è doppio.

Ben vengano mille cene e mille storie da ascoltare e da portare con me.