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Andrea Doro, marketing a misura di impresa

Una di quelle persone conosciute su facebook per via dei contenuti, sempre interessanti e con il giusto piglio provocatorio che postava. Quando Andrea fa un’analisi di marketing non è mai banale e scontato, anzi stuzzica sempre un po’ la curiosità di chi legge. E così, dopo un bel po’ di tempo, e alcuni caffè e incroci mancati dalle rispettive vite e lavori (mea culpa!), ho deciso di intervistarlo a distanza.

Chi è, per cominciare, Andrea Doro? Uno che ha deciso, mi racconta, di seguire una strada in solitudine, dedicandola alla sua professione, che non trova sempre – come altre materie affini – giusto riconoscimento in una terra che vede ancora con sospetto tutto ciò che esula da storia, tradizione e così si è sempre fatto.

Ci sono molte cose in comune con alcune mie idee di vita e professione, ecco perchè era impossibile non metterlo dentro il mio sito tixi.it

“Dopo la laurea in economia, e il comodo e sicuro impiego in banca, mi accorsi che ciò che avevo studiato nell’ambito della gestione d’impresa, era, ahimè, soltanto pura teoria. Man mano che mi incuriosivo sulle dinamiche del fare impresa, mi avvicinavo sempre più a modelli e idee di gestione degli affari sotto un profilo realmente pratico, grazie ad alcuni grandi imprenditori, che ritengo ancora oggi dei mentori. Lasciai così la “sicurezza” del posto fisso, per studiare da vicino i fondamentali della promozione e strutturazione dei business. Oggi presto consulenze di content marketing, a professionisti e imprenditori di vari settori, lavorando con loro per comunicare il loro Posizionamento nel mercato.

– Cosa significa per te fare marketing?
Significa vivere la dimensione delle imprese sotto una luce fatta di regole scientifiche e ordine. Nella mia personale esperienza quotidiana, ragionare e attuare misure di marketing, vuol dire anche affrontare la complessità dell’economia da un punto di vista sicuramente privilegiato.

– E’ possibile fare marketing in Sardegna? Quali le possibilità, quali le difficoltà.
In Sardegna è possibile fare marketing, probabilmente, più che in altre regioni d’Italia. Il motivo è abbastanza singolare e quasi mai condiviso dagli operatori di settore, e riguarda la totale assenza di reale competitività…mi spiego meglio. Ciò che in Sardegna viene definito impropriamente marketing, è in realtà un estratto di uno stereotipo legato ad una visione popolare di questa che a mio modo di vedere è a tutti gli effetti una
scienza. In Sardegna abbiamo vari player operanti in singoli strumenti promozionali – ma neanche uno Studio progettazione marketing.
Le difficoltà di fare marketing in Sardegna, per quanto riguarda me e i miei colleghi in Rialzo Impresa, è unicamente legata al tempo e non, come si potrebbe pensare, alla mentalità dei sardi. Il tempo, a mio modo di vedere, ci darà l’opportunità di stimolare gli imprenditori coni principi del
marketing strutturale.

– Sardegna, le difficoltà di fare impresa.
In Sardegna, le difficoltà di fare impresa, non sono diverse o maggiori rispetto a qualunque altra regione d’Italia.
Vi è tuttavia una consistente criticità, legata al senso di rassegnazione imperante e alla cattiva abitudine di sentirsi vittime dei poteri economici esterni all’Isola.
In realtà, ritengo che anche questo non sia un vero problema, perché laddove si trovano imprenditori e imprenditrici con questi “difetti”, si possono trovare, matematicamente, anche i loro opposti – ed è dunque possibile creare sinergie straordinarie.

– Spesso di tende a confondere marketing e comunicazione, come vedi il rapporto tra queste due aree?
Sono convinto che la discussione tra quali differenze possano esserci tra marketing e comunicazione, sia del tutto inutile.
Quando si comprenderà il significato di marketing, forse lo si potrà rapportare al tema più generale della comunicazione.
È un po’ come distinguere l’oceano indiano e l’oceano Pacifico – per gli esperti la discussione non avrebbe mai fine – ai profani, basta pensare a due grosse quantità d’acqua salata, che bene o male trovano comunque un punto di incontro.

– Parlaci del tuo progetto e della tua attività a Porto Torres.
La mia attività, nata dalla collaborazione con Andrea Pinna, è semplificabile in un concetto unico: il servizio del marketing strutturale.
L’idea nacque dal poter diffondere i nostri studi teorici e sul campo, verso il tessuto economico sardo, in prima fase, e a livello nazionale successivamente.
Il percorso che ci portò a decidere di unirci in questa difficile avventura, fu stimolato dall’individuazione di quella che noi definiamo “una falla di sistema”. La falla che fummo in grado di individuare, era ed è legata ad un’errata percezione dei servizi di marketing.
In Sardegna (ma anche nel resto del Paese), vi è la convinzione che il marketing espresso in servizi per le Imprese, riguardi singoli strumenti (Social Media, blogging, e-commerce o media offline), e quindi non tutto ciò che dovrebbe comprendere la progettazione di un brand.
Pensammo che a colmare questo gap, potesse essere la nuova scena formativa composta da nuovi ed importanti nomi in ambito di materie quali il brand positioning, i sistemi di marketing detti misurabili o i metodi di acquisizione automatica.
Purtroppo, anche in quel frangente, ci accorgemmo che più che altro si era attivata una sorta di bieca catena di Sant’Antonio della formazione marketing.
Pensammo dunque di scomporre, quasi a livello molecolare, ogni tipologia di sistema proposto dai personaggi più seguiti, e scoprimmo che in realtà, sia sul lato marketing Service, che su quello legato alla formazione, vi era più che altro una spinta emotiva degli utenti, stimolata dall’idolatria
verso stili di vita venduti un tot al chilo. Fu un duro colpo. Ma fu quella scoperta, che ci portò a studiare – testare ed implementare, tutte quelle misure correttive e concrete di marketing, basate sulla micro economia del tessuto italiano, e fu a quel punto che coniamo la definizione di marketing strutturale.
Oggi, questo nostro sistema, è accettato da decine di partners aziendali, collaboratori interni ed esterni, e sopratutto dagli Imprenditori e le Imprenditrici che diventano nostri clienti. La nostra missione è anche quella di smascherare quelle pratiche ingiuste, specie in ambito formativo, anche perché taluni sono ancora convinti che per far funzionare un’impresa, sia sufficiente crogiolarsi in un perpetuo e costoso aforismario.

– L’approccio che spesso usi è ironico-polemico, pensi possa essere seguito? Non lo trovi rischioso?
Grazie per la domanda. Spesso mi viene posto un quesito simile. Il mio modo di esprimere i concetti viene spesso travisato. Ora, se per lavoro non mi occupassi di comunicazione, potrei sostenere che ciò è del tutto casuale…in realtà molti utenti considerano i miei modi al limite dell’arroganza e della spocchia. Per essere totalmente sincero, ciò che sostengo nei miei post facebook, e il modo con il quale sviluppo il testo, è dettato, il 99% delle volte, da vera e propria
rabbia. La differenza tra me (ed anche i miei colleghi), ed alcune altre persone interessate al mondo delle imprese e del marketing, che seguono certi stili di scrittura “dirompente”, è che nel mio caso, la rabbia, viene da ciò che incontro tutti i giorni nelle mie attività.
Quando un giorno sì, e l’altro pure, vedi imprenditori che cascano nelle reti di qualche agenzia di furboni, o ti imbatti nei soliti trucchetti di dialettica mista a retorica da quattro soldi, che trascinano nel nullismo, chi ha sudato tutta una vita per tirare su un’impresa, arrabbiarsi diventa il minimo.
Quando vengono omessi i fondamentali del marketing e della vendita, per ottenere dei profitti più facili ed immediati, sacrificando la vita di Imprenditori ignari, perdona l’espressione, ma mi si girano le palle.
Non so se è una metodologia che funziona, quello che so è che continuerò ad esprimermi liberamente, per come vedo il mondo delle imprese e seguendo i principi fondanti del sistema del marketing strutturale.

– Ci sono aree di marketing (tipo di aziende, prodotti, servizi) che ti colpiscono di più?
Sicuramente vi sono dei macro settori come quello della Sanità privata, per il quale nutro un forte interesse.
Dal mio punto di vista non esistono “aree di marketing”, ma solo strutture uniche di marketing. Mi spiego meglio: negli ultimi anni, è passato il messaggio che il Marketing sia suddiviso per aree o per tipologie. Nella mia visione, il marketing può essere al massimo suddiviso, in analitico, operativo e strategico.
Sicuramente sono molto più propenso all’operatività del marketing, perché credo fortemente nella praticità e nei numeri.
Per quanto riguarda prodotti e servizi interessanti, ultimamente, né ho potuto conoscere diversi, di cui non posso parlare per via della riservatezza. Posso comunque dire che c’è un fermento e un trend in crescita nel settore dell’automazione tecnologica dei processi di gestione delle aziende.

– Come nasce una tua analisi di un’azienda? Su quali basi? Come ti muovi?
Quando analizzo un’azienda o l’attività di un professionista, seguo ciò che noi chiamiamo lo schema srutturale.
Innanzitutto voglio conoscere ogni dettaglio, ogni percorso ed ogni passaggio l’imprenditore o l’imprenditrice abbiano compiuto fino al giorno del mio arrivo. Sulla base di ciò che posso inserire nello schema, inizio a tracciare una “linea di semplificazione” dei processi, riguardanti: la focalizzazione, il collocamento strutturale dell’iniziativa nel mercato, i livelli di protezione e la struttura di compattazione dell’offerta.
Potrei scrivere centinaia di pagine per spiegare questo processo, ma per semplificarlo ed essere molto breve, immagina ciò che un Ingegnere è tenuto a valutare nel momento in cui viene chiamato a progettare l’edificio per un asilo.
Un ingegnere responsabile, non valuta ciò che saranno i colori delle pareti, o quanti fronzoli dovranno avere le colonne di entrata dell’edificio, un vero professionista si preoccupa di compiere analisi idrogeologiche sul terreno, calcolare meticolosamente i carichi statici e quelli dinamici – aggiungere la massima ridondanza di sicurezza alle strutture, valutando che al suo interno dovranno coesistere delle persone, o come in questo caso, dei bambini.
Solo dopo queste considerazioni, può nascere una forma riconoscibile. Solo al termine di un duro percorso di progettazione, una Struttura può immettersi nel mercato e stabilire la propria identità univoca.

– La situazione più curiosa che hai vissuto con un cliente.
Ho assistito a varie situazioni curiose. Ricordo in particolare un ciente. Gli facemmo un cnsulenza su un suo progetto già in essere, e come sempre, lo mettemmo al corrente di tutta una serie di possibili criticità. Tra l’altro, erano criticità che avrebbero seriamente compromesso il suo investimento e probabilmente anche la sua futura credibilità come individuo. Ricordo che fu molto soddisfatto della cnsulenza che, come sempre, era a pagamento. Come forse saprai, siamo l’unica realtà in Italia, a far pagare le consulenze iniziali.
Ad ogni modo, per lo step successivo, prepammo una dettagliatissima scheda di piano operativo di marketing strutturale, contenente anche tutte le misure attuative per eliminare la possibilità di incappare in qualunque tipo di criticità. Ci rispose che anche sua cognata faceva piani operativi di
marketing strutturale e che glielo avrebbe sviluppato gratuitamente. Fu esilarante anche perché il metodo del marketing strutturale è una nostra creazione, e nessuna agenzia al mondo ne conosce i dettagli. Ridemmo per giorni.

– Vedo il tuo spirito polemico quando parli di istruzione e università, come mai  e cosa proporresti?

Questa domanda è interessante. Provengo da una formazione economica ma da quando ero un semplice universitario ho sempre visto i tremendi errori di un sistema scolastico come quello italiano. Ultimamente sto svolgendo dei seminari presso l’Università proprio su questo tema che mi sta davvero a cuore.
Il problema di base è rappresentato dall’incapacità dell’università di formare degli studenti adatti a vivere al mondo di oggi e non negli anni ’70.
Gli studenti oggi devono avere strumenti ben diversi, che sono dati data la velotià della società e della tecnologia e il sistema non può più permettersi il lusso di far sprecare tempo per lo studio di materie teoriche come una volta. Vorrei prendere come esempio la facoltà di economia, ovvero quella da cui provengo.
Tale facoltà non si occupa minimamente di impresa. Non aiuta lo sviluppo di una mentalità imprenditoriale o semplicemente autonoma agli studenti ma rappresenta, di fatto, solo un ponte tra loro e il mondo del pubblico impiego. Questo aspetto era accettato fino a qualche decennio fa ma oggi, per me, rappresenta la forma più bassa di un sistema che dovrebbe istruire e dare una cultura alle persone presenti.

Queste istituzioni non si prendono mai la responsabilità reale di cosa succede agli studenti, se così fosse racconterebbero loro fenomeni come la “sostituibilità” nel mercato, ovvero processi moderni e reali che dovranno toccare con mano una volta usciti da quelle istituzioni.
Oggi viviamo in una società formata da algoritmi, bot automatici, macchine che compiono lavori e automazioni senza che le aziende sostengano costi fissi come i lavoratori.
Io stesso con Rialzo Impresa ho dei sistemi totalmente automatici che lavorano 24h su 24 senza aver bisogno dell’intervento umano. Tutto questo andrà spiegato un giorno a tutti quei ragazzi che in buona fede, pagano le tasse universitarie, studiano e non potranno trovare nessun posto di lavoro e se non ci pensano le istituzioni a dirglielo, nel mio piccolo, ci penserò io. Ciò che le istituzioni non vogliono vedere è il progresso tecnologico della società che porta a rivedere totalmente i programmi ministeriali e le metodologie di insegnamento.
Dovrebbero fornire competenze specialistiche agli studenti, aiutarli a sviluppare una mentalità di gruppo, a ragionare da persone libere e autonome, a rendere loro delle figure-chiave insostituibili sul mercato. Fare tutto questo significherebbe mettere in discussione tutto e purtroppo questo rappresenta per loro, un problema.
Faccio un esempio molto pratico: chi entra in economia si ritrova con manuali da studiare come la “concorrenza perfetta” che sappiamo, come affermano gli stessi docenti, essere un modello totalmente teorico e irrealizzabile. Si ritrovano poi con materie come “diritto fallimentare” e in generale con una cultura penalizzante, negativa e volta alla non-costruzione di un pensiero autonomo e imprenditoriale.

E’ un paradosso che non sappiano da che punto iniziare per costruire un impresa ma conoscano alla perfezione il fallimento di essa. Non ci sono materie moderne, non si fanno lavori in gruppo, non c’è un ufficio di orientamento al lavoro, non si crea un Business Plan, non si insegna il Business Model Canvas.
Non credo che la mancanza di tutte queste discipline possa giustificare la parola “economia” in tali facoltà.

– Oltre la professione, come si racconta Andrea Doro?

Sono un ragazzo giovane ma che ha avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno fatto conoscere la realtà delle cose. Intendo il vero lavoro, i sacrifici, gli errori comuni e le difficoltà locali. Ho passato davvero un inferno, ma lo rifarei altre mille volte. Non ho mai amato la superficialità, le persone senza polso e chi non prende mai una scelta. Oggi posso affermare che per raggiungere alcuni obiettivi non bisogna solo avere competenze o tenacia ma bisogna avere una dote che non viene insegnata da nessuna parte. Parlo della consapevolezza di poter perdere tutto. Per me è stato così. Per tanto tempo ho dovuto fare delle rinunce, sia rapporti sentimentali, sia di amicizie o contratti lavorativi. Vedevo i miei coetanei uscire, divertirsi, far festa, fidanzarsi mentre io dovevo far finta di nulla, ingerire il rospo e andare avanti sapendo che ciò che avrei ottenuto mi avrebbe ripagato di tutto l’impegno. Così è stato. Oggi sono una persona che ha pochissimi amici ma veri, mi piace viaggiare, vedere il bello di ogni situazione, di ogni esperienza, affrontare le mie giornate con un’ottica volta all’imparare e a creare valore per i pochi che mi stanno attorno e hanno fiducia in me. Odio le faccende domestiche lo ammetto, automatizzerei tutto quel comparto, ahimè, è un mio punto debole.
Amo il buon gusto, la classe e ascoltare i racconti e lo storytelling calcistico di epoche passate.

 

 

 

Compagni di viaggio

E’ vero, amo viaggiare spesso da solo, ma ho avuto anche ottimi compagni e compagne di viaggio. Oggi ho deciso di stilare una piccola lista delle caratteristiche di chi vorrei che viaggiasse con me.
Una sorta di manifesto del compagno di viaggio nell’attesa che qualcuno proponga un viaggio o una destinazione.

Com’è per me un compagno di viaggio?

Ottimista  e ironico
Succede un imprevisto, un ritardo, un cambio programma. Adoro l’ottimiso e l’ironia. Capiteranno momenti difficili, in cui magari bisognerà prendere delle decisioni rapide: vedere il bicchiere mezzo pieno e cercare di non lamentarsi aiuterà a mantenere vivo il buon umore nonostante stanchezza e imprevisti.

Curioso
Importante è avere voglia di vedere, scoprire e provare cose nuove senza diffidenza, mettersi in gioco e accettare la diversità di ogni aspetto.

Indipendente
Stare troppo appiccicati potrebbe soffocarvi! L’affiatamento è fondamentale, ma come in tutte le coppie che funzionano è altrettanto importante rispettare gli spazi di autonomia e il bisogno di privacy dell’altro.

Sincero
Aspetto delicato. Tenere il broncio non serve. Le sfuriate non sono simpatiche, ma se qualcosa dà fastidio, meglio dirselo subito in faccia invece di mandare giù bocconi amari e rischiare di esplodere!

Con un budget e idee simili alle vostre
Bisogna scegliere una persona che possa trovarsi d’accordo sulle cose da fare ma anche sulle spese. Inutile viaggiare con chi vuole un hotel 5 stelle o evita di spendere. Equilibrio!

Informale
Niente abiti perfetti, niente persone piene di fisime! cerchiamo spirito di adattamento e senza troppe pretese, che possa sentirsi a suo agio senza portarsi la casa in valigia

Paziente e rilassato
Si lega alla caratteristica di indipendente. Take it easy! In ogni situazione, non discutere se non c’è senso, non pensare di arrivare dal posto e dalla cultura migliore, non stressare/stressarti e lamentarti, no!

Rispettoso
Aperto mentalmente e che non puntualizza le differenze e fa confronti. Delle altre culture e modi di vivere con cui entra in contatto. La consapevolezza che il diverso ci arricchisce è alla base della filosofia dei viaggiatori.

Socievole
Che abbia voglia di farsi nuovi amici e integrarsi velocemente con la gente dei luoghi che si visitano. Che riesce a creare sempre contatti o comunque non si isola!

Attivo ma non troppo
Vedere e fare certo, ma anche prendersi del tempo per assaporare lentamente le gioie del viaggiare (accordarsi sull’ora della sveglia per esempio è un dettaglio non indifferente!). Spesso amo evitare le sveglie da servizio militare e le serate per forza in disco!

Un po’ matto
Che ogni tanto sappia uscire dagli schemi, che renda il viaggio unico con qualche idea fuori dal comune o con gesti inaspettati (basta che non vi faccia arrestare :D)

E come diceva De Gregori “due buoni compagni di viaggio, non dovrebbero lasciarsi mai…” https://www.youtube.com/watch?v=peSda1Ah508

App di navigazione, Waze o Google Maps? Ecco quale ho scelto!

Waze o Maps? E’ uno dei tanti dilemmi per i guidatori d’auto.

Viaggi in auto, oramai senza le classiche cartine stradali che pure ci portavano a destinazione senza troppi patemi. Sarà la pigrizia, sarà la disattenzione, ma ci perdiamo più spesso che in passato pur usando strumenti tecnologici impensabili fino a poco tempo fa.

Poi ci sono loro, le app di navigazione, che permettono di trasformare il nostro smartphone in un potentissimo e utile strumento.

Il dubbio? Escludendo Apple Mappe, che reputo non all’altezza delle attese e delle necessità, resta da scegliere tra le applicazioni Waze e Google maps.

Ho deciso di utilizzarli per il mio recente viaggio in Trentino, mettendole alla prova. Chi ha vinto? Lo saprete dopo questo disordinatissimo test.

Perché amo Waze, il navigatore social che nasce anche col contributo degli automobilisti:

•Posso consultare in tempo reale il traffico sul nostro percorso

•Posso controllare se ci sono incidenti, lavori o imprevisti

•Si possono conoscere autovelox o posti di blocco

•Posso verificare la presenza di punti di ristoro, distributori di benzina sul percorso, confrontare diversi prezzi dei distributori, in modo da scegliere quello più conveniente.

Purtroppo Waze ha anche dei limiti: gli aggiornamenti sono lenti, non ci sono le attività locali, l’applicazione qualche volta va in crash e non sempre è efficiente nelle zone meno trafficate (in Sardegna, per esempio, è sfruttata poco).

Con Waze non siete solo utilizzatori ma anche, qui viene il bello, contributori! potete segnalare eventuali code sul percorso o farvi segnalare nuovi autovelox/posti di blocco in tempo reale (premesso, ovviamente, che i nostri amici o altri viaggiatori sul percorso usino Waze). Un vantaggio notevole, dato che possibili deviazioni possono farvi risparmiare tempo.

Google Maps, i punti positivi. E’ l’applicazione più stabile e indicata se conoscete già il percorso, ha il limite di non aggiornarci in tempo reale ma di fornire una mappa completa e stabile, purtroppo priva di informazioni last minute, come autovelox o posti di blocco.

Riguardo l’affidabilità dei percorsi, a vincere è sempre e comunque Maps. Quindi, nel caso in cui dovreste perdervi per aver fatto una deviazione dal percorso originario, il consiglio è quello di affidarsi a Maps.

Maps della grande G vince anche sulla ricerca di un luogo d’interesse, un monumento o un locale: sulla barra di ricerca posso direttare direttamente il luogo di interesse (ad es.: Museo, Chiesa) oppure scrivere ad esempio “pizzeria a Milano” e il navigatore ci indicherà immediatamente il ristorante più vicino alla nostra posizione.

Altra forza di Google Maps è quella di orientarvi se utilizzate mezzi pubblici (anche se io preferisco oramai Moovit) o siete a piedi, possibilità esclusa con Waze.

Ai punti chi vince? Parere personalissimo: mi son trovato meglio con Waze, specie nei lunghi tragitti e dove rischiavo di trovare traffico. Ho litigato spesso con Google Maps (l’orientamento automatico a Nord vi fa incasinare non poco quando guidate, e va assolutamente tolto delle impostazioni) e nel lungo utilizzo soffre la freschezza e l’approccio social/immediato di Waze.

Quale scegliere? Dipenderà sempre dall’uso e dal tragitto. Tenetele ovviamente entrambe, ma con un occhio più attento a Waze. E condividete anche voi informazioni su questa app, per accrescere le community e offrire una migliore esperienza di guida!

 

Prima corsa dell’anno

Il ritorno comincia la mattina. A Merano c’è un bellissimo sole che rischiara la valle e permette di ammirare le Alpi.

La vita della cittadina riprende dopo un primo dell’anno di pausa quasi forzata, il traffico in centro convoglia attorno al fiume Passirio, e noi che dopo una ricchissima colazione fatta di proteine, e guai a pensare al viaggio che finisce, veniamo salutati da Franz dell’hotel con la sua solita cordialità. E poi dicevano che gli altoatesini fossero freddi e scorbutici!

Trecento chilometri quasi d’un fiato, cercando di bypassare il traffico della Brennero-Modena, entrando e uscendo dall’autostrada grazie al navigatore e tagliando per Affi per poi scivolare sulla Venezia-Torino, la A4. Volano i ricordi a Rovereto, uscita per le mie estati a San Valentino. Poi c’è Bergamo, pista di decollo di mille viaggi impossibili.

Ci fermiamo un attimo verso Brescia, l’autogrill rigonfio di viaggiatori di andata e rientro. Il pollo è secco, l’insalata non sa di nulla, ma io riprendo a far circolare sangue nella mia gamba appena operata.

Milano è anticipata da cartelli giganteschi, ma l’arrivo è lontano. Noi usciamo a Certosa, dopo mezzo giro di tangenziale, cozzando con il traffico del primo giorno di lavoro della grande metropoli.

Lascio lei in albergo, trovo al volo un lavaggio d’auto in zona Fiera Milano. E’ curioso che in cinque mesi d’auto ancora non abbia avuto tempo per mettere il mio bolide sotto le spazzole. Sono 9 euro e cinquanta, l’organizzatissimo Car Wash si trova sotto la Torre Hadid, quella storta, lasci l’auto in una moderna catena di montaggio con lavaggio veloce dentro e fuori.

C’è tempo per una spesa veloce, senza carboidrati e zuccheri aggiunti, e per riordinare casa. Metto a lavare frutta e verdura, attacco la lavatrice con i resti della vacanze e provo a pensare a cosa fare a cena. Semplice: insalata e un secondo.

Mi sento uomo di casa, anche se il caos non accenna a diminuire. Preparo per la mia prima corsa del 2018, come fosse un’idea geniale. Fuori non sembra esserci troppo freddo malgrado il calendario. Gigioneggio un po’, in quel classico momento di dubbio tra uscire e non uscire. Il caldo del riscaldamento della case del Nord e il divano ti coccolano. Invece la motivazione è più forte: cerco le cuffie e tra le cose c’è questo pezzetto di carta regalatomi da un caro amico, Matteo MrBizz Floris. Vorrà dire qualcosa?

Ci penso mentre scendo le scale e il freddo mi prende a schiaffi.

Prima corsa del 2018, prima corsa dopo l’operazione alla gamba. Sento il gelo nella porzione di faccia che resta fuori e la gambe vanno senza pensieri. Corro per una ventina di minuti, con il completo invernale fatto di pantaloni lunghi, maglietta termica, scaldacollo e cuffia.

L’iphone, che all’uscita di casa contava il 34 per cento di batteria, crolla con vergogna mi molla a poche centinaia di metri sul più bello, Heroes di Alesso. La mia colonna sonora motivante da corsa conta sempre una bella tracklist di canzoni da festival Edm.

Resto nel silenzio, io e il mio fiato, e le poche luci di strada. Giro e poi torno e non sento un filo di stanchezza. Pensavo peggio, dopo un mese di pausa. Invece capisco di aver ancora tanta voglia di correre, e non solo su una pista solitaria.

 

Il discorso di fine anno (2017 verso il 2018)

Fine anno/1
Anche se il mio inizio anno è settembre provo a scrivere qualcosa.
2017, dodici mesi di grossi cambiamenti che solo a pensarci hai capogiri.
Nuova città (Milano), nuova casa, nuove collaborazioni (Volkswagen Italia e non solo), nuove amicizie e progetti, perdite, sgambetti, paure, disprezzi, allergie e operazioni.
C’è stato tanto, tutto, ma rispetto al passato è stato pieno di novità importanti.
I punti fermi sono rimasti: le passioni, i viaggi e le persone che non ti abbandonano nonostante i cambiamenti e le distanze.
Confermo che non riesco a star fermo, soffro cio’ che è immobile, statico, scontato e ripetitivo. Soffro sempre più la chiusura mentale e la provincialità, non quella speciale e semplice, ma quella che mescola rabbia e invidia repressa.
L’ho sentita nella pelle, quindi basta.
Amo le persone semplici e leggere, come la neve di oggi, comprensive e veloci, come provo faticosamente ad essere io.
Sarà che l’anima da viaggiatore mai stanco è diventata regola di vita.
Sarà un 2018 all’insegna delle leggerezza con vecchie e nuove persone. A te decidere se condivideremo
qualcosa, anche poco, insieme.

—-

Auguri a tutte le persone che mi seguono e con le quali ho condiviso qualcosa!
Un sorriso, un progetto, una serata, uno sguardo, un pensiero, una birra.
Auguri a chi c’è, c’è stato e ci sarà!
Auguri a chi ho incrociato nei miei posti del cuore, Cagliari, Milano, Torino, Roma, Bologna, il Trentino, Elmas, Seui, Siddi, i mille luoghi dei miei viaggi, Santa Margherita, San Valentino, la disco, il Lido, il Cocò, la Figc, Volkswagen, Radio Sintony, Sardegna2050, facebook e il web e qualcosa che non ho scritto.

Che Dio vi benedica ❤️🌊

Merano, diario di un Capodanno

Quando vai a cercare sul web notizie su Merano ti colpisce subito il payoff della vacanza che ruota sulla parola SLOW da cui ruota l’esperienza di questa bella località di montagna.
Curiosamente, allora cerchi di capire e in questi due giorni veloci, che saranno quattro, senza vergogna per non appartenere all’esercito degli sciatori, capisci che l’Alto Adige ti può riservare belle sorprese.
Qui venni da bambino, estate 1985, ero dalle parti di Vipiteno e Colle Isarco. Ritornarci da grande è sempre una piccola emozione.

Merano, vacanza slow, che cozza con la mia vita iperattiva milanese, fatta di cellulari, portatili, progetti da seguire, serate da dj, idee da realizzare e persone nuove che puntualmente entrano nella mia vita.
Poi arriva lui, il fine anno lento, come la neve che è caduta per ore e stamattina mi ha fatto trovare quella felicità quasi adolescenziale.

Merano è rilassante ma organizzata (qui il turismo lo sanno fare, e bene), lontana dai ritmi frenetici che distinguono le mie giornate, lontana dal caos della città, a contatto stretto ed intimo con la natura, in una dimensione nuova, diversa. E paradossalmente, posti come questo ti ricaricano di energie, energie di cui tutti dovremmo aver bisogno. L’energia che solo il silenzio della montagna e della natura sa regalare.

L’aria frizzante, la neve i colori e poi i gusti della forte cucina altoatesina, le birre leggere, le grappe da gustare, le montagne e il silenzio. Oddio il SILENZIO! Come ora che scrivo questo pezzo e provo a riassumervi un po’ di emozioni, quelle vissute oggi, tra una sveglia tranquilla, una sontuosa colazione di affettati, marmellate, yogurt e spremute e poi via, per il centro, proprio mentre iniziava a nevicare.
Ci ha accolto un grande mercatino delizioso ricco di gustose bontà e curiosi manufatti, dove sorseggi il vin brulè e ti riscaldi in braci diffuse, zigzagando davvero tra mille idee regalo e delizie.
Un centro da passeggiare fatto di negozi e portici e case ben curate e ancora le acque termali, esperienza di oggi. Le quindici vasche interne ciascuna con caratteristiche differenti (in alcune possibile ascoltare la musica sott’acqua!) si contrappongono alle dieci vasche esterne alla struttura, paradossalmente – nonostante fosse pieno inverno- ho apprezzato maggiormente l’ambiente esterno.
Un momento di vera G.O.D.U.R.I.A. e penso uno dei migliori centri termali d’Europa. Anche qui, organizzazione, cura dei particoli e cordialità hanno fatto la differenza.

Io sono curioso delle persone, non sono dei luoghi. Loro, gli altoatesini, gentili, riservati e cordiali, caserecci, alla mano ma non troppo espansivi. La mia indole di viaggiatore mi fa superare ogni lontananza anche linguistica. Se prima sarebbe stato un muro, oggi manovro sempre per avvicinarmi e provare a creare ponti.Un sorriso, la cortesia che accompagnano ogni mio gesto e credo che ovunque tu possa essere accolto e che parlare di divisioni, differenze sia sempre un’idiozia.

Domani sarà un altro giorno intenso, il 31. Ultimo dell’anno, ricco di eventi e di cose da fare.
Il silenzio cala sulla montagna. La neve luccica nel chiarore della luna che si è fatta largo tra le nuvole. Le vie si svuotano lasciando spazio a ombre luminarie ovunque, specie negli alberi e in lontananza geometrie astrali che sono poi altri paesi e piccoli centri.
La montagna è bellissima. L’ho scoperto da bambino, lo confermo da grande. Pian piano sto conoscendo il Trentino Alto Adige, per le mie estati a San Valentino, un po’ di più a sud dagli amici di TennisVacanze e del Hotel Bucaneve, e ora per questi nuovi inverni in montagna.
Merano sarà un altro posto che ricorderò a lungo!

Le 16 lezioni che ho imparato da tanti di voi nel mio 2017

Le persone e le frequentazioni insegnano tanto. Ho voluto semplicemente riportare alcune delle tantissime lezioni che questo anno mi ha offerto.

1. Nulla è eterno: amicizie, amori, città, collaborazioni, case e idee. Preparati sempre a cambiare e a tenere le borse pronte.

2. Vivi il presente, non aver fretta di anticipare i tempi. Tutto arriverà se saprai aspettare.

3. Spesso impariamo dalle persone che meno ci piacciono e dalle cose che disprezziamo.

4. Ogni passione va seguita con amore, coraggio e soprattutto perseveranza. Amo viaggiare, scrivere e fare il dj. Nessuno mi toglierà nulla di questo.

5. I risultati sono frutto del duro lavoro quotidiano, nessuna corsia preferenziale. Quella è gassosa.

6. Non puoi essere simpatico a tutti e tutti avranno sempre qualcosa da rimproverarti (soprattutto i tuoi amici e detrattori). Verrai ferito e colpito anche da chi non ti aspetti, anche senza ragioni, troverai supporto da chi pensavi magari fosse nemico.

7. Non giudicare, cerca sempre di capire. Ti giudicheranno sempre per ogni cosa, rideranno dei tuoi errori, tu vai avanti.

8. Dai un prezzo alto a te stesso e a quel chi fai, ma senza chiuderti alle opportunità.

9. La vita è composta da mille piccole vite. Vivrai e morirai mille altre volte. Ricomincerai da zero altrettante.

10. La parola è un’arma importante, usala con attenzione.

11. La libertà senza regole e limiti è una schifezza.

12. Lascia tracce di cuore ovunque ma non dimenticarti mai chi sei e da dove sei venuto. L’umiltà ti porta lontano.

13. Ringrazia per le cose belle che ti accadono (sono più di quanto pensi) e per le persone che hanno fatto qualcosa per te.

14. Trova una lezione in ogni situazione

15. Spesso abbandonare e perdere è rinascere.

16. Afferma con coraggio ed educazione le tue idee, ma senza paura. Esporsi è un rischio, ti disprezzeranno sempre perché é più facile stare al sicuro.

Ripartenze (27 dicembre, Linate Airport)

Un viaggio è sempre una piccola ricarica di vita.

27 dicembre, torno a Milano.

Dormo un po’, mi godo un caffè lunghissimo sperando di vedere il sole. Niente, solo nuvole per tutto il volo tra Cagliari Elmas a Milano Linate. Giusto una turbolenza crea un po’ di emozione, per il resto silenzio e rumori d’aereo.

Leggo questo interessante libro di Riccardo Scandellari, comprato per Natale, occasione per imparare sempre qualcosa di nuovo.

A Milano Linate il clima non cambia. Benvenuti, la temperatura al suolo è di cinque gradi.  Piove e fa freddo, ma meno dei giorni scorsi. Un sollievo per evitare il classico trapasso tra il mare e la pianura.

Un pianto ininterrotto di un bimbo rompe il silenzio.  Non ne vuol sapere di fermarsi. Le cappelliere che si aprono e con esse le porte dell’aeromobile. Il personale predispone lo sbarco non appena il pullman sono vicini all’aero. 

La macchina che mi aspetta al parcheggio sarà una lastra di ghiaccio.

Ventisette dicembre, il Natale è passato, tra poco si lavora, non riesco comunque a essere triste.

Il primo passo (fallo tu)

“Se non lo fa lui perchè lo devo fare io?”

Con questa frase tante persone evitano di chiedere scusa, fare una chiamata, dare fiducia, chiarirsi per un litigio o una incomprensione (anche banale) o mandare gli auguri.

La mentalità per cui nessuno fa mai il primo passo, ben radicata nelle società con bassa intelligenza sociale. La mentalità con cui si son rotti – spesso per stupidità – amori, amicizie e collaborazioni. Per cui il mondo va a rotoli ferito dall’indifferenza e dal “facciano gli altri, poi forse pure io”. Ci sono poi casi clinici, che meritano di essere cancellati da qualsiasi nostra rubrica, per cui anche un passo altrui e un’apertura non bastano: restano in silenzio sulle proprie decisioni e non apprezzare mai.

Ah, essere orgogliosi, essere forti e coerenti dicono sia una gran dote. Dicono che cementino il carattere delle persone. Io non sono per niente d’accordo.

Weekend lontano

Certo che passare dalla lentezza che dopo tre giorni diventa esasperante della Sardegna alla velocitá e ai rumori metropolitani di Milano non è roba da poco.
Lunedì, ore 18:25, che se lo racconti non ci crede nessuno: dopo una sveglia alle 4, un volo per Bergamo, un pullman per Milano, poi un altro pullman, una schiena che torna a far capricci, una intensissima giornata di lavoro sono ancora vivo o quasi. L’obiettivo è oggi forse solo casa, anche se l’uscita serale è sempre dietro l’angolo. Il weekend è già lontano ricordo anzi quasi non ti ricordi nulla, mentre la 90 tira sul ponte di via Monte Ceneri. Trovo posto, mi butto nel sedile dietro l’autista ancora con zaino e valigia. È bella la pioggia, rinfrescante e profumata, di Milano. Mi fa riscoprire un po’ il piacere anche solo di starmene a casa e di respirare un po’. Di starmene in quella precisa e perfetta condizione che significa “per i cazzi miei”.
Non mi fermo da giorni, e il programma estivo non concederà tregua. Giorni e notti, treni aerei e serate. Sopravviverò? Chi lo sa, proviamoci anche stavolta.