Posts in Tixilife

Vita con uno smartphone

Ebbene sì, devo ammetterlo. Da quando ho cominciato a rivedere il mio rapporto con lo smartphone sono cambiate diverse cose, e in meglio.
Pensavo di non poterne fare a meno, incollato anche per lavoro e abituato a portarmelo e usarlo ovunque.

Ho disattivato le notifiche, ho nascosto i contatti che non sopportavo (ebbene sì, ci sono), ho allontanato fisicamente lo smartphone quando lavoro e mi devo concentrare su qualsiasi cosa, compreso aver ispirazione per scrivere o far musica, ho iniziato a darmi anche alla noia.
Ho iniziato anche a concentrare chiamate, mail e messaggi, a educare i miei contatti, a non rispondere subito.

I tempi come questi ci sottopongono a un attacco tecnologico e un’ansia da risposta su cui bisognerebbe riflettere. E io mi son messo in gioco, ben sapendo che mi stessi ammalando.

Il tempo si è allargato e lo stress diminuito. Come per magia.

Ho imparato a scegliere chi seguire, a dare stop alle discussioni, a riservare parole ed energie. Sono a buon punto e chi è più attendo se ne sarà accorto.

Certo, non chiuderò i profili o eviterò altre azioni. Adoro la comunicazione e questo strumento. Mi serve per informare sh dove mixerò, quando va in onda la trasmissione su Radio Sintony o per far sapere anche dei miei progetti e iniziative.

Sarei un bugiardo a dire che i social non mi piacciono, che non mi ami condividere e raccontare esperienze, viaggi, sensazioni, provocare discussioni o cose che faccio e che tramite smartphone e social ho incontrato tante persone bellissime con cui son nate anche belle amicizie.

So di essere una pecora nera perché creare contenuti scritti o pensati é più difficile di condividerli e subirli. Anzi, difficilissimo. Genera anche invidia e l’accusa di stare sul piedistallo. Ti mette a rischio contatti e amicizie. Gli equivoci sono continui. Eppure è una forma di generosità, almeno la vedo così.

E le persone importanti della mia vita se hanno bisogno di me continuano a seguirmi o mi scrivono, aspettando anche le risposte.

Ogni strumento va governato e non subito. La tecnologia può darti una mano o ammazzarti.
Lo smartphone è uno strumento geniale, una invenzione assurda, con una serie di stimoli e opportunità creati ad arte per non fartene staccare. Ma la bellezza della realtà e la vita e il piacere di incontrare le persone, pur con la fatica di una vita complicata, restano ancora uniche e speciali.

Grazie Sardegna! (cronache di un rientro)

Aeroporto. Si sente odore di aglio mentre una tipa parla. La scolaresca è eccitata per l’imbarco, mentre la prof – a cui faranno un monumento – si sgola. I ragazzini sono vestiti manco dovessero andare al Cocò, le ragazzine più pratiche e sportive non disdegnano la canadese (trad. tuta, per i non sardi). “Venticinquedddì, prof!” Urla uno. “Ambo!” risponde il suo compagno. C’è la fila, c’è il vociare all’imbarco che copre qualsiasi annuncio, ma nessuno ha ancora chiamato il volo. Io, volto triste e busta di dolcetti per gli amici milanesi, sono seduto e aspetto l’eterna ripartenza e due coglioni alle sei e venti che tanto non dormi ma non hai voglia di partire la sera prima che ti sembra di non aver vissuto. “Imbarchiamo ora il volo per Milano…”. Fuori piove, pista bagnata e cielo senza pietà. Fila sky priority, nonostante ancora qualcuno si intestardisca a voler imbarcare senza averla e viene sempre rimbalzato.

Milano pioggia e rientro complicato.

Sembra lunedì, per fortuna è mercoledì e la città si nasconde in casa e nei locali. Io devo capire solo cosa succederà questo weekend, ma è troppo presto, magari la sera porterá consiglio.

Intanto, a tutte le persone con cui ho condiviso qualcosa in questo lungo ponte in Sardegna dico solo GRAZIE! ❤

Primordialità

In un progetto editoriale che sto seguendo ho imparato una bella parola e ringrazio chi me l’ha fatta conoscere. Si chiama primordialità ed è quel senso di semplicità, leggerezza e lentezza che solo la mia Sardegna sa offrirti. Se mi allontano da Cagliari, faccio un po’ di chilometri, semino la finta cosmopolità arricchita e volgare e la bruttezza della periferia posso trovarla.

Sole, vento e profumi che solo qui trovo. Una specialità che ti pone un interrogativo esistenziale.

Posso farne a meno? Sentirmi solo, unico e connesso col mondo e la sua bellezza.

Amici e storie di viaggio, Michele

Amici incontrati in viaggio, amici a Monaco di Baviera.

Questa è la storia di Michele Porcu, nato come me in quel popoloso quartiere di Cagliari che si chiama San Michele, che qualche anno fa veniva pure alle mie serate in discoteca.

Giri e rigiri lo trovo qui, quasi per caso. Vede la mia geolocalizzazione e mi contatta.

“Vieni da noi, lavoro in una bella birreria vicino allo spiazzo dove si svolge l’Oktoberfest”. Caso vuole che sia a meno di un chilometro dal mio alloggio.

Mi accomodo e dopo un po’ arriva. La birreria, Augustine Brau, è enorme. Ci sono tre sale, tavolate e come nel perfetto stile bavarese i clienti rumoreggiano e ordinano birra come se non ci fosse domani.

Michele da ben otto anni vive qui in Germania, lavora nella ristorazione (ha cambiato diversi locali), ed é uno dei tanti ragazzi sardi in giro per il mondo.

La felicità di questo incontro casuale fa da contraltare con la tristezza e la rabbia nel vedere tanti amici sardi lontano da casa e dai propri affetti per trovare il proprio futuro. Crescere in anni splendidi lontano dal proprio mondo. È una sfida e sarebbe bella se fosse possibile scegliere e non essere quasi obbligati. Vi sembra giusto?

Empatia digitale

Una recente conversazione con un mio contatto, Ilaria Jagatpal Montis, sulla vicenda dei migranti è stata una bella pratica di empatia digitale. 
Avevamo posizioni diverse, le abbiamo tenute, ci siamo arricchiti dei punti di vista altrui, ma non c’è stato un attimo in cui ci siamo scontrati e mandati a quel paese, come spesso accade in rete. Anzi, quando eravamo indecisi sul senso di un’affermazione, il sorriso liberava tutti dal rischio di capirsi male.
C’è stata consapevolezza ed empatia attraverso parole e emoticons che hanno fatto sottintendere che fosse una semplice conversazione online, senza prevaricazioni e veleno. La rete invece ci rende suscettibili e arrabbiati? Succederebbe così anche se fossimo al bar o in altro luogo? Perchè la rete ci ha reso così?
Direi una conversazione da manuale. Grazie ancora Ilaria 

 

(illustrazione: Che rabbia! di Mireille d’Allancé)

Monaco di Baviera

Faccio ammenda per non aver scritto ancora nulla di Monaco. Ci provo, dai. 
Monaco, città che rispecchia a perfezione l’idea della capitale centro-nord europea: geografie metropolitane perfette, case curate, tetti spioventi, bei palazzi, pulizia e ordine, riscaldamento avvolgente, verde e giardinetti diffusi, freddo compreso. Certo, è solo un’impressione veloce da viaggio, lo ammetto.

Dall’aeroporto alla città in venti minuti una comoda linea metropolitana vi porta in centro. Il primo impatto alla stazione dei treni, la mia destinazione è del solito mix di velocità, facce e etnie diverse e profumo di cucina, fritto e arrosto a ogni ora. Il cielo è grigio da venerdì, anche qui come da copione. Il tedesco è materia ostica e non sempre nei ristoranti e nelle birrerie si trova alternativa in inglese. I menù lasciano scampo: mentre il portafogli si alleggerirà il tuo peso guadagnerà. Ma ne vale la pena finché, come oggi, secondo giorno e mezzo di cucina bavarese, non alzerò bandiera bianca e cercherò la cucina italiana che qui non si nasconde di certo.

Città a misura d’uomo con un centro storico concentrato – la gioia dei viaggiatori! – dove si possono ammirare molti diversi stili architettonici, dalla Chiesa gotica di San Pietro (St. Peter’s Kirche) al fascino rococò della Chiesa di San Giovanni Nepomuceno (Asamkirche). Monaco di Baviera è stata gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, ma molti edifici sono stati ricostruiti e riportati all’originale bellezza. 
Poi c’é l’area più moderna, con la Torre Olimpica e il museo d’arte Pinakothek der Moderne.

Monaco è la patria di alcune delle birre più pregiate al mondo, nonché simbolo di una vivace cultura birraia. Ti giri e c’é una birreria legata a una fabbrica.  Venerdì ho fatto tappa in una delle migliori fabbriche di birra di Monaco, la nota Hofbräuhaus, che fu fondata dalla famiglia reale e teatro di uno dei discorsi storici di Hitler. Ci si siede in tavoli comuni, atmosfera di condivisione, non è impossibile far amicizia con altri. Condividevo un tavolo con una famiglia americana e due ragazze irlandesi. Oltre alla birra, il maiale e il pretzel (salatissimo pane bavarese) ho saggiato anche la mediocrità del mio inglese!

Barcellona, un’altra volta

Dico la verità: quando ieri notte son arrivato ho avuto paura che la rottura con il governo spagnolo e la protesta indipendentista avessero incrinato l’aria gioiosa e leggera che puoi trovare in poche città come questa. La cattiveria politica e l’odio per le idee diverse possono far tutto, conosco bene come si muova e l’ho vissuta sulla mia pelle. Per uno come me abituato a perdere tanto, non solo gli oggetti, ma anche certezze, persone e convinzioni, squadre del cuore, dei e progetti in cui ha dato l’anima sarebbe stata un’amarezza non da poco. Invece eccomi qui, per l’ennesima volta, per mille altre volte. A respirare quella stessa magia che ho vissuto il giorno che si è creata l’alchimia con questo posto.

Quando bluffano al tuo tavolo… (la lezione di Diego Podda)

“Quando bluffano al tavolo, cambia tavolo” è la grande lezione che mi ha offerto oggi un amico, Diego Podda, che ieri ha sfiorato la conquista della Coppa Italia femminile sulla panchina Futsal Femminile Cagliari.

Diego è stato mio allenatore alla Mediterranea Calcio a 5 Cagliari (ricordi Corrado Melis?) – forse era la sua prima panchina, e correva l’anno 1996 o 199. Poi abbiamo lavorato insieme in tanti progetti di calcio a 5, in alcune delle più belle stagioni di sempre del futsal in Sardegna.

Lui è un protagonista, uno con carattere, uno che sta sul pezzo, maniacale, puntiglioso, esagerato nell’essere esigente, che sa il fatto suo. Diego o lo ami o lo odi, non ci sono proprio vie di mezzo. Non sono mancati gli scontri, le discussioni e i riappacificamenti. Ci siamo sempre persi e poi trovati. Futsal Game, Basilea, Figc, Candio’s Room e chissà che altro. Abbiamo condiviso il dolore di perdite importanti, come i nostri padri, e anche quello penso non sia mai stato un caso.

Per anni ha fatto grandi cose con il calcio a 5 maschile (chi non si ricorda le fantastiche stagioni del Cagliari calcio a 5 di Marco Vacca con i pomeriggi al Palaconi ad ammirare la serie A e e lo spettacolo di un futsal d’eccellenza?) per poi puntare cuore e anima sul femminile. Una pazzia, specie perché la sua sfida è nata in tempi non troppo sospetti e col rischio di fallire. Il femminile ha mosso i primi passi solo pochi anni fa.

Ha cambiato tavolo. Era una scelta doverosa. Credere in un nuovo progetto quando le strade parevano bloccarsi. 
Eppure esiste sempre un campo su cui spostare la palla e le ostilità, una deviazione necessaria, l’uscita al casello giusto e un’alternativa per poi tornare al sogno più profondo, quello delle vette, dove si respira aria buona, e quello dei riconoscimenti del proprio valore, che funziona anche quando cambiano le stagioni e gli attori in campo.

Non aver mai paura di cambiare strada. Se il tuo lavoro e il sacrificio sono validi qualcosa succede sempre.

Grazie della lezione, Diego!

Mancanze

Il 24 gennaio sarebbero stati 78 e tu non ci sei. Ebbene sì, parlo di un padre andato via forse troppo presto o amato troppo poco per quanto avresti voluto.
Sembra un’eternità da quel duemilaeundici, la vita è andata avanti, quell’addio mi ha reso coraggioso e più folle nell’inseguire quel che volevo, più pronto al dolore e un po’ meno disposto a perdere il mio tempo se non per le cose che mi piacesse realmente fare. Pecore nere di un’idea, viviamo come scriviamo, aggrappati a una tastiera o su di una una consolle, destinati a non combinarne mai una giusta ma anche ad assaporare quella felicità che poi trovi nei momenti e luoghi inaspettati. E poi ancora la lontananza, la differenza, la malinconia esistenziale.
Un biglietto aereo, un’altra serata, un file da riempire. No, spesso non bastano per colmare tutto.
Ci si sente vulnerabili, sperduti nei traffici dell’anima, meno aperti al compromesso e al ribasso. Il futuro, il passato, i ricordi, le persone che valgono, quelle che sono state un investimento sbagliato, quelle che ti sorprendono, gli errori che fai, gli sprechi di tempo, i treni non presi, le scommesse sbagliate, le amarezze sulla via.

Su Radio Sintony con Spotted!

Siamo partiti!

Ancora un trasmissione in radio sempre su Sintony! Torna il format nato nel 2015 da un’idea della nostra direttrice artistica Silvia Cauli.

E’ un bellissimo ritorno che accompagna anche l’altra mia trasmissione musicale, Sardinia Make some noise, dedicata alla musica dance e house del momento, in onda il venerdì all’una e il sabato alla mezzanotte!

Cambia la collocazione: con Spotte sarò in onda il lunedì e il mercoledì dalle 20, subito dopo il seguitissimo programma Prossima fermata con Matteo Bruni!

Curiosità dal web, news veloci, tormentoni, buone notizie, viaggi, tendenze: tutto questo è Spotted! Poi ci sarà la musica che accompagnerà i miei flash e interventi dallo studio.

Puoi ascoltarmi sulle frequenze di Sintony in tutta la Sardegna oppure, in tutto il mondo, in streaming http://www.sintony.it/streaming.phpo sull’applicazione della radio (scaricabile qui per Android e per iOS)

Puoi scrivermi per segnalare notizie e curiosità su info@tixi.it