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La passione per la scrittura

Ho capito di essere predestinato a scrivere prima ancora di dedicarmi a questa attività. Hai presente quando qualcosa ti opprime e quel qualcosa è una passione? Quando anche se provi a seminarla non ci riesci?

Da piccolo scrivevo. Facevo i giornalini di quartiere, quello di classe alle medie e alle superiori. Poi quello d’Istituto, quello sportivo e quello dei tornei sotto casa a San Michele. Ne inventavo uno al mese.

Con le macchine per scrivere e i primi pc sgomitando con Ventura e sperando nelle fotocopie a scrocco.

Non so se abbia trovato la formula giusta per realizzare la mia vita e camparci, anzi non credo, perché non sono uno scrittore, sono un mediocre giornalista che ha avuto pochi contatti con i quotidiani (qualche collaborazione e basta), sempre un battitore solitario e libero, ma se mi guardo indietro scopro che ho sempre scritto: prima come giornalista freelance quando una persona a cui devo molto, Antonello Lai mi ha aperto le porte di una redazione in via Sanna Randaccio, poi prendendomi il tesserino nel 2000, dopo anni di Match e Week con gente fantastica, come redattore, e successivamente responsabile di una redazione e direttore di due testate; poi di nuovo freelance, per scelta o per necessità.

Poi ho cambiato aggiungendo altro: son diventato, era il 1996, addetto stampa, consulente e responsabile della comunicazione per istituzioni, aziende, politici e infine di nuovo freelance, questa volta nei panni di imprenditore di me stesso. Oddio, che brutta parola. Eppure è così. E non è facile mai. Ho iniziato a utilizzare web o social. Male o bene chissà.

Da semplice, un foglio, una stampa e via, tutto il mondo comunicativo é diventato enorme, complesso, vario. Tutto cambia e non puoi saperlo.

Snocciolare ciò che hai fatto, sia chiaro, vale meno di zero in un mondo veloce e distratto come quello di oggi. Conta il qui ed ora non più il chi sei stato. Quelle son fotografie sbiadite, ricordi da vecchio incazzato e recriminante, robe da raccontare e chissá chi le vuole ascoltare. La comunicazione resetta velocemente e non ha un “salva con nome”, al limite un “salvati”.

Oggi non so se quella passione sia sempre la stessa, ma avverto un bisogno impellente di scrivere e mi accorgo che non si può nascondere. Come quando scappa la pipì e devi proprio farla. Diceva Riccardo Lo Monaco che son stato sempre un “incontinente sul social”. È vero.

Forse in questi anni, quella passione, l’ho un po’ tradita, forse ho speso parole inutili, disseminato pensieri che andavano incanalati altrove e meglio, forse dovrei tornare di più a fidarmi di lei, rispettarla, forse tutto quello che nasce da piccoli non va mai fatto tacere perché si diventa grandi e si ascoltano voci di chi non ha mai sognato o di chi non capisce cosa sia una passione.

Quando fai tacere le cose in cui credi non stai invecchiando, stai morendo. Ed è peggio. Allora devi subito ritrovare coraggio e umiltà e ricominciare.

Street art Sardinia, contro la dispersione scolastica

Cagliari, scuola De Sanctis Deledda. Una bella mattinata per chiudere Street Art Sardinia, progetto contro la dispersione scolastica, organizzato da Elet eventi e con la collaborazione di Radio Sintony!

Cosa ho sentito? tanta energia e belle idee in movimento. Un progetto che spero possa proseguire per dare la possibilità a tanti ragazzi di sentire la scuola come un posto diverso rispetto a come è concepito oggi, per amarla e avvicinarsi.

La dispersione colpisce in Sardegna uno studente su tre, prima ancora delle superiori.

Sabato mattina abbiamo parlato di progetti, arte, graffiti, rap, writing e moda. C’erano gli artisti che hanno fatto da docenti attraverso le diverse arti: Marco Leschio per il rap, Conan e Retro per le arti visive, il writing.

C’erano poi gli studenti dei vari laboratori. Hanno partecipato i ragazzi della classe primaria 4 A dell’Istituto comprensivo Giusy Devinu di via Meilogu, accompagnati dall’insegnante Silvia Erriu, la primaria 5A dell’Istituto comprensivo “Giusy Devinu” di via Meilogu, insieme all’insegnante Carla Fontana. Per la secondaria di I^ grado, le classi 2A e 2C della Spano di via Falzarego, insieme all’insegnante Barbara Pani.

Per la secondaria di II^ grado sul palco gli studenti dei laboratori dell’Istituto di Istruzione Superiore De Sanctis-Deledda del via Sulcis insieme alla professoressa Laura Bifulco, coordinatrice dell’alternanza scuola e lavoro per l’istituto.

Ragazzi e docenti “in azione”, che hanno chiuso così questa edizione di Street Art Sardinia, finanziato dalla Fondazione Banco di Sardegna, con il contributo della Presidenza del Consiglio della Regione Sardegna e del Comune di Cagliari.

Una bella mattinata!

Grazie a tutti per la partecipazione!

Note di notte (i post serata da Dj)

Note di notte.

Un sabato come tanti, da ventun anni a questa parte, da Dj.

Serata di febbraio, i locali aperti sono mille, la gente si divide, non è mai facile di questi tempi. Negli anni i discotecari si son ridotti e vedere questo declino un po’ dispiace, specie quando hai vissuto i tempi d’oro.

Linea Notturna. Porto è già andato via, che domani lavora. Gianmarco, gran professionista, mi consegna come sempre la pista piena. Tocca a me entrare alle 3 e mezza e tirare fino alle 5 e mezza. Sembra facile ma è un altro momento importante di ogni djset, anche perché dovrai tenere la gente incollata in pista fino a tardi. Non si prevede possibilità di sbagliare dischi, oggi è così se vuoi restare nell’onda o sopravvivere. Io provo sempre a cambiare selezione, rischio compreso.

Alla fine teniamo botta e di brutto. Cinque e mezzo c’è ancora gente. Jamming di Bob Marley, Gente che spera di JAx e Reverendo e ancora Bob Marley. Poi Tiromancino a sfumare.

Saluto Ale e Ale, i due pr che sono rimasti, e scherzo con Simone, il tecnico.

Mi aspetta la ripida scalinata di via Pola che a quest’ora è una scalata alpina. Auto di fronte al Massimo, direzione bar. Mi ferma la volante, ma è tutto ok. Mi arrivano nel mezzo messaggi di un’amica. Normale controllo, anche loro assonnati e sperano di chiudere il turno, saluto e me ne vado.

Un bar, il solito, ma prima a cercare di mettere benzina. La spia è accesa da molto, l’autonomia è di venti chilometri, racconta il cruscotto. Via Campania, Esso. Un ragazzo litiga con venti euro e la macchinetta. Mi guarda. “Ma sei Tixi?”. Di vista lo conosco ma oddio il nome. A quest’ora mi vien difficile ricordarmi le persone, anzi a ogni ora. Volti, visi, nomi, in questi anni ne ho collezionato tanti. “Sono il fratello di Michele Atzori!”. Ci credo e ricordo ma associo con difficoltà. “Ti seguo sempre su insta, i viaggi!”. Io sorrido e ringrazio. Ci diamo la mano. Saluta e se ne va. Neanche io riesco a far benzina, accetta solo carte di credito ma il sistema non mi rassicura. Faccio almeno colazione nel vicino bar. Reggaeton in sottofondo. Dico “oddio anche qui”. Il barista si lamenta che le paste (i croissant) sono senza crema, ma il fornitore le ha spacciate “con crema”. Un cappuccino, cornetto alla crema e acqua ambiente, grazie. Vado via alla ricerca del nuovo distributore. Un altro ha le colonnine accese ma il display per pagare spendo. Ne cerco un altro, lo trovo. Lontano. Un sabato finisce così, un’altra storia da raccontare, una serata da mettere nell’albo dei ricordi.

Giornalisti sopravvissuti

Quando ho cominciato a fare questo mestiere, era più o meno il 96, potevo scegliere: giornalista o addetto stampa. Scrivevo un articolo, lo mandavo, avevo un compenso regolare. Stop. Poi ho cominciato a proporre ai clienti e ai primi politici anche l’uso di un sito web. Mi guardavano strano. Pensate poi quando ho detto “usiamo facebook?” e ho cominciato con le squadre di calcio a 5 e poi con le piccole attività e gli eventi. Qualcuno mi ha trattato da pischello (e lo fa ancora!). Promuovere sui social è roba da bimbi… pensavano!

Oggi prendo un lavoro di comunicazione e devo essere nell’ordine: addetto stampa, social media manager, blogger, fotografo, videomaker, motivatore di te stesso, esperto di contabilità, psicologo, segretario, grafico, esperto di marketing. recuperatore di crediti. I confini sono indefiniti e non ditemi che “bisogna delegare” perché é ovvio che avere una squadra di professionisti per ogni settore è meglio, ma il mitico “budget” è quello ched’é.

Però dai, ci lamentiamo spesso ma sappiamo che questa disgraziata multidisciplinarietà in fondo è una ficata anche se continueranno a chiederti “che lavoro fai?” e ti guarderanno in cagnesco non percependo mai fino in fondo cosa fai e quanto tempo fai risparmiare.

Non ti senti mai arrivato e hai sempre voglia di sapere e fare. Unica certezza: sapere di non sapere mai abbastanza.😚

Succede che…

Succede che hai un dolore alla schiena. Succede che ti prendi un Oki senza pensarci.

Succede che dopo qualche ora, in metro, stazione Garibaldi, ti si gonfi la faccia e non hai più voce. Non capisci inizialmente perchè. Avevi un appuntamento a Piola per un piano social. Chiami il cliente e spieghi che non ce la fai.

Inizi ad avere un po’ di dolore al petto. Pensi e ripensi se andare al Pronto soccorso, sembrare fuoriluogo, o andartene a casa e aspettare che passi. Capisci cosa sta succedendo, memore di un’altra brutta esperienza.

Decidi, cerchi su google maps e quella decisione si rivela azzeccata.

Arrivi e una infermiera non italiana capisce il tuo stato, si chiama Sophienne, e ti fa saltare la fila. La faccia continua a gonfiarsi. Antistaminico e cortisone. Puntura. Flebo. Ancora flebo. Molto stavolta.

Ora va meglio.

Non so ancora se mi dimetteranno stasera ma sembra stia andando bene. La faccia ched’era un misto tra Serena Grandi e Eva Grimaldi sembra sgonfiarsi.

Grazie davvero allo staff di questo pronto soccorso.

Grazie a chi mi è stato vicino qui.

Per una leggerezza e un’indecisione stavo rischiando, credo, davvero grosso. Per una intuizione che sembrava banale – andare al Pronto soccorso e non tornarmene a casa – mi son forse salvato la vita. Il finale avverso non potrò mai conoscerlo ma… Com’è strana la vita!

È una lezione (e una esperienza) che volevo condividere, anche per rassicurare chi mi ha scritto.

Verso il Portogallo

La valigia è quasi perfetta, d’altronde saranno quasi nove giorni tra Portogallo e un piccolo salto in Spagna e poi un rientro veloce a Cagliari per due serate da Dj. L’attrezzatura da corsa incide sugli spazi così come quel “qualcosa di elegante” per l’ultimo.

Ripiego tutto con scientifica attenzione superando qualsiasi razionalità. Esco e Milano mi aspetta con calma e pochi rumori, strano a dirsi. Poche auto, freddo gestibile e traffico scorrevole agli incroci. Lo Storto non è avvolto dalla nebbia. Si gira zona Fiera senza intoppi. Di scuole, bimbi e corsisti neanche l’ombra. Trovo un parcheggio zona fermata del bus Malpensa, alla milanese, sul marciapiede. Sudo freddo, si appannano gli occhiali, mi sembra di essere pesante e goffo, come al solito. Non incrocio anima viva se non una tipa che aspetta clienti a un centro di bellezza con interni bianchi.

Bip! Pass Ok! Mattina di lavoro che mi aspetta e poi verso l’Oceano. Un rit

Prostituzione

Qualsiasi libera professione senza paracadute di famiglia, fortune ereditate e casta vive di alti e bassi.

Per anni ci siamo raccontati che “bisogna seguire il cuore” fare le cose che piacciono” “la bella vita” dimenticandoci poi che le bollette vadano pagate, i fornitori pure, i guasti e le urgenze, e quindi spesso bisogna fare cose che non ci piacciono, con persone che non ci piacciono. Diffidate di chi racconta che fa solo cose belle, di chi non si sporca le mani, quella è bugia.

Ogni grande sogno, per essere raggiunto e mantenuto, necessita di fango e sacrificio, di bocconi amari, di antipatici di fianco, altrimenti non sarebbe un grande sogno.

(Pensieri camminando per Castello)