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Ti ascoltano quando fai un djset (e ci fanno caso)

Oggi in palestra è successo qualcosa che mi ha strappato un sorriso: una persona mi ha fatto i complimenti sulla musica che metto durante le serate. Questi complimenti, così spontanei e lontani dal contesto di un locale, mi fanno sempre un piacere immenso. Forse proprio perché li sento ancora più sinceri rispetto a quelli detti magari tra un drink e l’altro.  

Vuol dire che, anche se la gente nei locali chiacchiera, si diverte e sembra distratta, alla fine la musica lascia un segno, una traccia. E per un DJ, sapere che un tuo set resta impresso nella memoria delle persone è qualcosa di pazzesco. Un pezzo di quella serata che continua a vivere.  

Alla fine, quando fai il DJ, non stai solo facendo ballare o accompagnando un aperitivo: stai raccontando una storia. E sapere che qualcuno l’ha ascoltata davvero, più di quanto tu pensi, fa sì che tutto abbia un senso. La tua ricerca, il tuo lavoro, la tua passione.

Grazie a questa donna!

Ci vediamo tra poco al Bacàn!

L’alchimia delle parole

Sono a 1300 metri, in una baita su un tramonto che combatte con le nuvole e profuma di pioggia delicata.

Il profumo acre del camino mi riporta ad atmosfere invernali, ai paesini illibati della Sardegna dove ancora la modernità non è arrivata, dove si respira l’ancestrale infanzia e il ricamo dei ricordi.

Il presente ci ha rubato le stagioni, il caro vecchio inverno, e ritrovarlo qui d’estate, in Trentino è davvero curioso.

Perdo il conto dei giorni e delle ore.Poi ho un pensiero nell’aria. Mesi fa un amico, storico professore di filosofia del Pacinotti, Ettore Martinez, con cui ho preso caffè ricchi di idee e riflessioni esistenziali, mi ha dato una lettura perfetta delle delusioni e delle sconfitte: “Nick, tu stai elaborando un lutto! Passerà”.

Quella frase è stata geniale. Me la son portata legata come i miei braccialetti al polso e mi ha aiutato a superare le amarezze e crisi che avvolgono una vita come la mia, di sfide cruciali e di finali di Champions.

Da quando è morto papà, oltre dieci anni fa, non ho avuto più nessuno che mi risolvesse gli intrecci: ho sulle spalle tutto io.

Le parole e le frasi sono alchimie.

Il prof, con quella, mi ha aiutato a superare i passaggi sfortunati, le cadute e gli amici e le amiche che mi hanno trattato male. I tanti fallimenti della mia vita (sì, ne ho avuto tanti).

Mi ha dato una chiave di lettura di tante cose per convivere e superare il dolore.

Ancora grazie prof.

Il weekend in consolle di Nick Tixi

Un weekend intensissimo in consolle!

Ci vediamo giovedì al Bacan dalle 18:30 in poi con una imperdibile performance musicale insieme al percussionista Davva.

Venerdì sarò all’inaugurazione della nuove veste del Resort di Is Molas, sulla Costa di Santa Margherita.

Venerdì, dopo la mezzanotte, ci vediamo al Bacan!

Camus e lo Straniero

“Oggi è morta la mamma. O forse ieri, non so”. Questo è l’ incipit dello “Straniero”, il romanzo che Albert Camus scrisse nel 1942 e avrebbe contribuito a portarlo tra i big della letteratura mondiale del Novecento.

Da questi primi capitoli che sto leggendo, è un romanzo spigoloso e asciutto, che non dà spazio alle emozioni, quasi cronachistico. Una “dichiarazione al mondo” di Camus che perlustra le asperità della vita di noi tutti.

Faccio tesoro di qualche passaggio della sua vita artistica direttamente dal discorso alla consegna del Premio Nobel: “i veri artisti non disprezzano nulla e si sforzano di comprendere invece di giudicare: e se essi hanno un partito da prendere in questo mondo, non può essere altro che quello di una società in cui, secondo il gran motto di Nietzsche, non regnerà più il giudice, ma il creatore, sia esso lavoratore o intellettuale.

La missione dello scrittore è fatta ad un tempo di difficili doveri; per definizione, non può mettersi oggi al servizio di coloro che fanno la storia: è al servizio di quelli che la subiscono”.

Siviglia, tornare è sempre bellissimo

Tre giorni di viaggio a Siviglia, un luogo dove tornare sempre, caldo, accogliente, movimentato. Una città come un dipinto impressionista che si muove e respira.

Sono arrivato ripetendomi nella testa una frase banale e ricorrente: “Non sei triste, hai solo bisogno di un po’ di Andalusia”.

Siviglia sa fare il suo. È una città dove tornerei sempre. Cuore dell’Andalusia, nel sud della Spagna. Aggiungo tutta l’Ansalusia che ha un’energia speciale e merita sempre un viaggio, specie nei momenti di ansia e stagnazione personale.

Comincio dalla sua bellezza, attraverso l’architettura moresca. Siviglia è un gioiellino. La città è piena di capolavori come l’Alcázar, un palazzo reale con giardini geometici, e La Giralda, l’iconica torre campanaria della cattedrale di Siviglia che offre una vista panoramic sulla città. Non può mancare un salto, dopo una bella camminata dal centro, in Piazza di Spagna, una delle piazze più maestose che io abbia mai visto, circondata da un canale e decorata con ceramiche colorate: ogni volta che ci passo ci sono nuovi angoli e particolari da scoprire.

Siviglia e tutta l’Andalusia hanno un’altra rara qualità che ritrovo quasi sempre nei miei viaggi in Spagna: ti invita stare sempre in giro, goderti tutti gli angoli, camminare per le strade e lasciarti trasportare dai rumori, dagli odori e dalla musica, entrare in un bar, farsi una cerveza fresca, chiacchierare e lasciarsi andare. Il flusso che non si ferma e che vede protagonisti soprattutto i giovani che qui trovano delle Università di prim’ordine.

Da dj le mie orecchie sono sempre sintonizzate sulla musica. Siviglia è la patria del Flamenco, l’espressivo genere di musica e danza tradizionale spagnola. Ci sono in giro spettacoli autentici e coinvolgenti, ma anche suonate gitane. Ne trovi nei porticati in piazza di Spagna oppure vicino alla Cattedrale, in quasi tutte le ore del giorno. Una pausa musicale che merita.

Cammino sempre per le sue strade strette, con i balconcini, i piccoli bar – nel Casco Antigo ti suggerisco il popolare Er Tito – e i negozi datati. Stimoli sensoriali, patchwork di colori, suoni e odori che si fondono in una sinfonia caotica e gioiosa.

Come un moderno flaneur, mi lascio guidare ogni volta dall’istinto e dalla curiosità, pronto a scoprire ogni tesoro nascosto ma anche a riabbracciare quello che ho visto negli altri viaggi, magari con nuove consapevolezze.

La sera, che sera! Le strade si riempiono di vita e allegria. I bar, i ristoranti e le terrazze si animano di persone che si godono la vita. C’è un’energia che ti entra nelle vene. Tapas e gastronomia andalusa ti conquistano, con le crocchette di jamón, le patatas bravas e il salmorejo.

Un buon ristorantino economico è il Bodega de San Fernando in calle San Fernando dove potrai anche scegliere anche una semplicissima ma curata insalata detox (e non è così scontato trovarla). Un aperitivo invece è consigliabile nella plaza de San Francisco, anche questa animata di musica. Le opportunità sono davvero tante e troppe da raccontare!

Prima di partire mi godo un aperitivo tinto d’arancio in un baretto di nome Kiosko Bombay, davanti alle acque del Guadalquivir. Con una bella selezione houseggiante del dj locale, vedi il tramonto che scende sulle case, con un misto di meraviglia e nostalgia, consapevole che momento sia il miglior saluto alla città.

Contrasti e energia, cara Siviglia! Ogni angolo racconta una storia, ogni vicolo nasconde un segreto sotto forma di baretto o negozio curioso.

Promessa di inizio racconto rispettata: Siviglia ti dà qualcosa che ti manca! Magari sono riuscito con le mie parole a trasmetterla.

La piscina

La questione è che per un’eternità metaforica—un’eternità costellata di “forse domani” e “ci penserò”— mi son iscritto finalmente a un corso di nuoto.

Perché? Per affrontare la mia palpabile, quasi corporea, apprensione verso l’acqua profonda. Timore per l’incertezza di ogni prossimo esercizio in acqua, e euforia perché, nel profondo della mia testa, so che ho la capacità di trascendere questa paura e voglio sfidare le mie paure.

Anna, la mia istruttrice, gridava ieri con una sorta di entusiasmo coercitivo: “Perché hai paura? Tu sei capace, lo sai!” mentre io mi aggrappavo al bordo. Sorridevo, riconoscendo la verità delle sue parole. Perché la paura è quel fastidioso collante che ti immobilizza nonostante tu possieda tutte le competenze per avanzare. È la paura di te stesso, del superamento di te stesso, e dei giudizi altrui. E a tutto ciò, mi dico: “Che se ne vadano tutti al diavolo”, inclusi i miei pensieri auto-limitanti.

Essere immerso in quella massa acquatica, con la sua gravità e l’attenzione solo su di essa, ha innescato in me un fenomeno di osservazione—osservazione di me stesso e dei miei compagni d’acqua.

Ogni persona con la sua personale odissea, con i suoi limiti e le sue resistenze. Il loro impegno funge da lezione per chiunque tenda a lamentarsi e rinunciare, come il sottoscritto.

E in questa continua odissea, tra palestra e piscina, mi sono ritrovato ora a dedicare cinque giorni a settimana all’esercizio fisico.

Me ne son accorto stamattina.

Ero felice ma anche consapevole che tenere questo ritmo sarà dura.

È un ritmo intenso, sì, ma la costanza sta erodendo le barriere tra me e una serie di benefici. C’è ora consapevolezza, disciplina personale, e una sorta di chiarezza mentale che va su ogni aspetto della mia vita, inclusa la mia professione creativa e, sí, anche quando sono DJ.

Ed è strano, perché con l’avanzare degli anni, l’attenzione alla cura del corpo e della mente diventa inevitabil. Dunque, ecco dove siamo: buone abitudini, cibo sano, passioni, discernimento e attività fisica. Non c’è più spazio per frivolezze, tranne forse per quei deliziosi sprechi di tempo e per i viaggi che rendono la vita degna di essere vissuta.