Parlare con la gente. Ascoltare le storie. Non voltare lo sguardo. Essere comprensivi delle difficoltà altrui, specie ora che tanti amici, conoscenti e sconosciuti sono rimasti al palo, senza lavoro e entrate per sopravvivere. Perdere tempo per gli altri.
Non me ne frega nulla della forma e dei modi, cercatela altrove.
Col mio lavoro giornalistico e comunicativo voglio fare questo, non ho paura di vedere gente, spesso anche amici, che provocano e osteggiano.
Essere sensibili e aperti al mondo, come ricordava Roberta Relli in una bella intervista insieme è un dono che non decidi tu, è la vita che lo sceglie.
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Il diario giornaliero, perchè è importante
In questi giorni di coronavirus, una delle tante attività che ho inserito nella mia routine quotidiana è il diario giornaliero. Saltuariamente già lo scrivevo, ma il tempo e i ritmi della vita di casa di queste settimane, mi hanno fatto riscoprire la necessità di mettere su carta in maniera puntuale e giornaliera pensieri, emozioni, cose accadute, anche perché rischio di perderle. E considerando il mio lavoro pieno di possibili incasinamenti, non è mi è possibile!
Mi accorgo che ogni giorno, se non pratico la scrittura del diario, attività che mi riservo la sera e la mattina non riesco quasi a ricordare nulla. Quindi, fisso parole, idee, persone e riflessioni sulla mia Moleskine rossa.
Ho provato a seguire uno schema che noto a chi si appassiona di crescita e formazione, il Five Minute Journal, appreso da Tim Ferries – imprenditore, investitore, autore, podcaster, blogger, autore di un bellissimo libro che ti consiglio, “4 ore alla settimana” .
Il Diario giornaliero viene suggerito come un modo per innescare il tuo cervello” e coltivare gratitudine. Ma come può un diario renderti più felice? Se non ti rende felice, penso, ti riordina almeno!
COME ORGANIZZARLO
In teoria, la pratica esatta è la scrittura in due sessioni da 5 minuti così divise:
- una al mattino, durante la quale indicare:
- tre cose di cui siamo grati;
- tre cose che faremo durante la giornata per darle un senso;
- affermare un qualcosa che vogliamo sia parte della nostra vita così da aiutarci a realizzarlo;
- una alla sera, durante la quale:
- indicare tre cose grandiose occorse durante la giornata
- indicare come sarebbero potute andare meglio le cose.
Una sorta di programma e revisione di quello che fai. Un’abitudine che utilizza quella bella pratica chiamata gratitudine, ma anche un modo per ritagliare un momento per riflettere su di te, sulle persone che incontriamo, quello che facciamo e il mondo in cui viviamo. Non prenderla come una fredda misurazione di attività perchè ogni diario dev’essere gestito senza ossessioni, liberamente, senza guardare errori e orrori ortografici.
COME USARLO (IL SEGRETO)
C’è un segreto ulteriore: tienilo sul comodino, con una penna già pronta: riduce al minimo le frizioni e automatizza la routine che, come ben sai, va agevolata da piccoli stratagemmi.
Se non sai come organizzarlo, ti consiglio di scaricare Five-Minute-Journal con lo schema!
Buona vita e fammi sapere se il diario ti è stato utile!
Scrivimi a info@tixi.it!
Crisi comunicativa (da coronavirus)
Nessuno nasce preparato alla gestione comunicativa di una crisi, men che meno per un’emergenza di questo genere.
Le Istituzioni, come ho sempre affermato, sono da anni indietro sul lato comunicazione e ora sono state obbligate – con la sensazione di proprio non volerlo fare, tipo quando ti invitano a una festa e tu fino all’ultimo non vuoi uscire e se ci vai tieni il muso – a dover colmare gap epocali ed errori, facendo fronte a uno scenario nuovo.
E’ stata la prima emergenza importante ai tempi della disintermediazione generata da fonti di informazione secondarie, in particolare i social e le applicazioni messaggistica personale, che oramai vengono utilizzati dalla larga parte della popolazione.
“La comunicazione, e mica sarà un’urgenza!”, quante volte abbiamo sentito questa frase nel nostro piccolo mondo lavorativo?
“Perchè investire in comunicazione, me la faccio da me!”, e questa?
Molti operatori politici e istituzionali hanno pensato che si potesse ragionare ancora con gli schemi di decenni fa: comunicati stampa, articoli preconfezionati, interviste tv, magari anche i segnali di fumo. Sui social, tanto “ci sono i ragazzini e gli incazzati”. O i webeti.
Invece no, il mondo è cambiato. Da troppo tempo. E la comunicazione è un aspetto delicato, fondamentale, che fa la differenza. Non è un gioco da ragazzi o un passatempo.
In tutto il periodo in cui le istituzioni hanno dovuto capire che i social fossero importanti e si son dovuti riorganizzare con soluzioni d’emergenza – homemade tipo quando non sai cucinare e devono arrivare gli ospiti e allora scongeli la pizza – i cittadini si son trovati nel caos.
Caos dovuto all’infodemia da una parte (lo scenario nazionale e il mondo dell’informazione) e la povertà di informazioni dall’altra (le istituzioni in Sardegna). Risultato? Paura e incertezza e ricerca di informazioni in ogni dove, alimentando dubbi e fake news.
Pagine facebook organizzate last minute, siti improponibili, video creati senza preparazione, parole nell’aria senza un minimo di attenzione alle formule e ai toni: anche semplici strumenti comunicativi sono stati utilizzati perché “si doveva” non tanto perché se ne conoscesse il valore e il fine.
E così sono andati avanti toni sensazionalistici, dichiarazioni, appelli, urla, parole d’ordine che sembrano più da campagna elettorale o da chiamata alle armi che da comunicazione in crisi.
L’assenza di obiettivi chiari e di un piano comunicativo, di persone che coordinassero e filtrassero gli umori o ordinassero dati e informazioni ha fatto il resto, generando confusione e disordine, lasciando scorrere come un fiume in piena l’onda emotiva.
Alla fine, quello che trapela oggi è solo caos, umore, rumori di fondo, parole contraddittorie e improvvisazione.
Eppure si poteva e si doveva fare altro: meno allarme, meno emotività, più coordinamento, semplicità, chiarezza e puntualità.
Far sentire le istituzioni vicine, raccontare le opportunità, valorizzare le buone pratiche. Trasmettere fiducia e sicurezza, delineare i percorsi, non solo alimentare paura e sfiducia a un’opinione pubblica fatta di UOMINI e non solo di deficienti. Che stanno vivendo una situazione mai nemmeno immaginata.
E non sarebbe stato male nemmeno un sito per coordinare e gestire le informazioni, una sorta di piattaforma digitare in cui convogliare notizie, dichiarazioni, dati, ma anche testimonianze positive.
Tutto questo, purtroppo non è stato fatto ed oggi si può solo restar fermi all’ennesima diatriba politica, se sei di destra o se sei di sinistra, bravi clap clap, impallinare chi prova a ragionare nel caos e offrire le sue idee, tacciandolo di intelligenza col nemico (il virus) e di poco rispetto per le vittime e per chi lavora negli ospedali. Formula talmente vecchia che nemmeno chi la dice ci crede.
Grazie scuola Rodari!
Parole, suggestioni, lettura, scrittura e giornalismo.
Quante cose ci siamo raccontati stamattina con gli alunni delle Scuole Elementari “G. Rodari” di Sestu?
Grazie mille per la bellissima accoglienza!
Aderisco a Street Art Sardinia!
Aderisco da quasi un anno a Street Art Sardinia, un bel progetto contro la dispersione scolastica promosso da Elèt Eventi – ovvero dall’energia e dalla passione di Ignazia Concas che ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere – e supportato da tanti partner e artisti.
C’é anche un mio intervento nella puntata di questa settimana di Family Street in onda su TCS Telecostasmeralda!
Se vuoi vederlo… 😂
Un anno di Tixi (e qualche lezione che ho imparato)
Tra poco arriva il 2020 e ci sono due o tre lezioni che ho imparato e che volevo condividere con voi.
2019, anno di viaggi, Spagna, Portogallo, ancora Spagna, Svezia e ancora Spagna. Anno di luoghi del cuore, Sardegna, San Valentino e Santa Margherita.
Anno di eterni ritorni e rimessa in discussione di alcuni valori e consapevolezza del tempo che corre e che sia l’unico metro che regola la nostra esistenza.
Era maggio quando sono andato via da Milano e lasciavo un lavoro sicuro con una grande azienda come Volkswagen. Non era facile, non sono mancate paure e amarezze, ma quella scelta, folle, impossibile da comprendere per molti, maturata proprio quasi un anno fa di ritorno da un bellissimo viaggio tra Porto, Lisbona e Madrid, era necessaria. Perdevo la metropoli, i suoi ritmi, le sue opportunità, la sua internazionalità e connessione col mondo. Perdevo – forse – il sonno tranquillo di un lavoro e ritornavo alla precarietà, anche se si chiama libera professione e partita iva.
Si aprivano nuovi scenari, altri si chiudevano. Inutile dire che sembrava follia tornate nell’isola e ripartire da zero con due professioni (comunicazione e dj) altamente inflazionate e liquide, specie in un momento così delicato per l’economia.
Sono successe tante cose: ho ritraslocato in 2 giorni, ho preso una casa nuova con una vista fantastica, ho riaperto una nuova partita iva, suonato a un festival meraviglioso e a diverse belle serate, ho riabbracciato amicizie (altre le ho perse), ho aperto collaborazioni lavorative che mai avrei pensato, ho rimodulato le mie priorità, ma soprattutto mi son riavvicinato a mia madre, rimettendo al centro musica e scrittura.
Il tempo mi ha reso coraggioso, e ciò che spaventava è diventata forza nonostante sapessi che il rientro sarebbe stato complicato e non tutto di quello che avevo preventivato, il sistema che mi ero mentalmente creato, si sarebbe concretizzato, comprese le persone che mi dissero “torna, c’è spazio per te”. Anzi, quasi tutto è cambiato. Nuovi amici, nuovi obiettivi, nuove consapevolezze, nuovi problemi da gestire.
Rimettersi in discussione come uomo e come professionista, facile vero? A un certo punto ti stanchi e ti rompi le balle dei continui cambiamenti, no?
Il tempo é diventato il motore di ogni cosa. Tempo che scorre e che manca. Tempo prezioso, da saper declinare.
Oggi, guardandomi dietro, sono felice delle scelte fatte e anche degli errori e i passaggi a vuoto.
Mi sento fortunato per aver avuto tanto dalla vita, anche perché so che non è quasi mai arrivato per regalo.
Non dimentico le persone che mi hanno aiutato e quelle che mi hanno osteggiato, permettendo di migliorarmi. Ringrazio le critiche, quelle oneste, e anche quelle ingiuste.
Sono grato per tutte le difficoltà avute, per questi 365 giorni, compresi quelli complessi che, col senno di poi, decidono chi sei in base a come sai affrontarli.
La lezione?
Devi imparare ad amare tutte le difficoltà, fartene amico e complice. La gente come me è condannata a non aver mai un’esistenza perfetta e tranquilla. Deve fare, magari non bene, ma fare. Imperfetti e complicati, però senza possibilità di fermarsi.
Non abbiamo sponsor, non abbiamo sponde, non abbiamo tante boe a cui aggrapparci.
Noi solo noi, anche nei giorni di tempesta e in quelli dove non si vede il sereno. Ma se non fosse così, non saremo davvero noi stessi.
(Foto ipnotica)
Scrivere è un atto d’amore (oggi a scuola)
Un’altra bella mattinata a scuola, stavolta ospite dell’ICS Sestu per parlare del giornalino, di come curiosare nel mondo alla ricerca di fatti, della stesura di un articolo e di come nasca la passione per la scrittura che mi accompagna fin dalla scuola media.
Alla fine c’é una frase che vogliono condividere con voi: scrivere è un atto d’amore. Un modo per dare qualcosa agli altri. Abbiate cura delle parole, vi aiuteranno a disegnare il mondo e magari un giorno vi salveranno la vita.
Ancora grazie a tutti, ad Alessandra Patti Calzelunghe e alle docenti Andreina Murgia e Susanna Littarru.
Tixi in giro!
Tixi in giro!
È bellissimo incontrare persone e parlare delle tue passioni aiutando gli altri a migliorare.
Prossima settimana sarò ospite dell’Istituto Comprensivo Sestu per parlare del giornalino dei ragazzi!
A breve ci vediamo per un bel lavoro di comunicazione con i ragazzi della WORK UP – Academy & Training Lab – Formazione Professionale!
Grazie mille a Alessandra Patti Calzelunghe (IC Sestu) e Carlo Masala – che non riesco a taggare – della Work UP!
Una mattina con gli studenti dell’ISI di Cagliari
Mattinata intensa, parlando di social e comunicazione ai ragazzi dell’alternanza scuola-lavoro di ISI – Istituto Scolastico Italiano Cagliari.
Un modo per confrontarsi con le giovani generazioni e capire cosa sta accadendo.
Ottanta partecipanti stamattina. Tanti sogni, spesso con la paura di raccontarli per non apparire stupidi. Eppure dietro quei volti anche annoiati c’é chi vuole fare la psicologa, chi lo steward, chi già lavora nell’edilizia, in una macelleria o in un ristorante. Ha paura di dirlo, ha paura di parlare in pubblico, ma quando glielo chiedi da vicino si apre.
Soglia d’attenzione bassa, social utilizzato instagram, musica in sottofondo, quasi tutti non hanno più facebook (o non lo hanno mai avuto), nessuno ha (ancora) Tiktok. Come se le novità arrivassero sempre tardi nella nostra terra.
C’é necessità nonostante tutto di non abbandonarli, di provare a dare loro qualcosa. Lo fanno alla grande i docenti che ogni giorno li seguono, con gran pazienza e professionalità.
Ho dato un consiglio finale ai ragazzi: non sprecate tempo. Questi anni non torneranno più.
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Grazie Patrizia Caddeo Giovanni Virdis Matteo Floris Stefania Pisano Mattia Melis e tutto lo staff dell’Isi!
Torno a scuola!
No, non in quel senso! Riprendo gli incontri su social, giornalismo e comunicazione nel mondo della scuola.
Spoileriamo?
Prossima settimana sarò ospite all’alternanza scuola-lavoro di ISI – Istituto Scolastico Italiano Cagliari per una lezione sui social media.
A breve sarò all’Istituto Comprensivo Sestu per il progetto del giornalino scolastico!
Ringrazio per la disponibilità Patrizia Caddeo Giovanni Virdis (Isi) e Alessandra Patti Calzelunghe (IC Sestu)
(Nella foto, una bellissima mattinata a Merate – Lecco – al Liceo Agnesi di un annetto fa o forse di più!)