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Sarajevo, tra freddo, silenzio e ferite di guerra

“Sarajevo, perché?” È la domanda che molti mi hanno fatto quando ho deciso di visitarla. Complice il mio compleanno e i suggerimenti del mio caro amico Giuseppe Marcialis, sempre pronto a propormi destinazioni che risuonano con le mie tensioni ideali ed emotive, ho deciso di partire.

Non avevo mai pensato a Sarajevo come a una città turistica. Mi attirava la sua complessità, il fascino enigmatico del mondo balcanico, la possibilità di immergermi in una realtà fatta di storie e non di cartoline.

Al mio arrivo, il primo impatto è stato quello di una città fredda, lenta, ancora segnata dalla guerra. Le cicatrici sono ovunque: nei muri crivellati dai proiettili, nei ruderi lasciati a metà, negli occhi delle persone. Eppure, ho sentito subito un’accoglienza sincera, una gentilezza quasi disarmante, unita a una curiosità autentica verso chi arriva da fuori.

Perdersi nel freddo e nel silenzio

Mi sono concesso il lusso di perdermi. Il freddo era pungente, tagliente, ma mi ha spinto a rallentare. Ho ascoltato il silenzio, rotto solo dal richiamo del muezzin che elevava la sua preghiera. Quel suono mi scuoteva, mi riportava alla realtà, ricordandomi quanto fosse diverso e al tempo stesso simile il mondo che stavo esplorando.

Sarajevo porta ancora le ferite del lungo assedio dal 1992 al 1996. Quattro anni di isolamento, durante i quali la città è stata sotto il tiro costante dei cecchini appostati sulle colline. Ho camminato lungo quello che un tempo era il Viale dei Cecchini, oggi trafficato e pieno di vita. Pensare che, per anni, attraversare una strada significasse rischiare la vita è stato straniante.

Le immagini che avevo visto online mi tornavano in mente: persone che correvano, cercando di prevedere il prossimo sparo. I palazzi, ancora crivellati dai proiettili, sembrano custodire la memoria di quei giorni, come a voler dire: “Non dimentichiamo.”

Il Cuore Storico: Baščaršija

Il mio giro è iniziato da Baščaršija, il cuore storico della città. Le strade strette, le botteghe artigianali, le moschee che si alzano discrete: tutto sembra parlare di una Sarajevo che non ti aspetti. Mi sono fermato accanto alla fontana Sebilj, circondata dai piccioni. Ho comprato un succo di melagrana da un venditore ambulante e, sorseggiandolo, ho osservato la vita intorno a me: anziani che chiacchierano sulle panchine, bambini che rincorrono i piccioni, uomini che si recavano nella moschea.


Ho passato tempo a osservare le donne della città. Anziane avvolte in sciarpe pesanti, donne col velo con un’aria di dignità che mi ha colpito; giovani con uno sguardo sereno, spesso dietro ai banconi dei caffè o delle botteghe, con sorrisi che trasmettevano forza e resilienza.

Il Tunnel della Speranza

Fuori città, ho visitato il Tunnel della Speranza (Tunel spasa), un passaggio scavato a mano per collegare Sarajevo assediata al mondo esterno. L’ingresso, in Džemala Bijedića 19, ospita un piccolo museo che racconta la storia del tunnel con video e oggetti originali. Camminare in quel breve tratto ancora accessibile è stato come sentire il peso di chi, in quel buio, ha trovato la forza di resistere.

Il Gusto di Sarajevo

Mangiare a Sarajevo è immergersi nella sua cultura. Ho assaggiato il ćevapi, servito con pane caldo, cipolle crude e una cucchiaiata di kajmak: un piatto semplice, ma incredibilmente soddisfacente. Nei pekara(forni), ho trovato il burek, una spirale di pasta sfoglia ripiena di carne, che ho mangiato passeggiando mentre il freddo mi pizzicava le mani. Era confortante, perfetto per una sera d’inverno.

In un caffè accogliente ho provato il caffè bosniaco, servito nella tradizionale džezva. Si versa lentamente nella tazza, evitando la posa. Accompagnato da un baklava dolcissimo, è il modo ideale per scaldarti e prenderti una pausa.

 

Le Rose di Sarajevo

Anche il suolo parla. Passeggiando per le strade, ci sono piccoli crateri lasciati dalle bombe, riempiti con resina rossa. Si chiamano Rose di Sarajevo. Sono segni indelebili, memoriali spontanei che ricordano le vite perse. Camminare sopra di esse è un’esperienza che ti costringe a rallentare, a riflettere.

I ponti sul fiume Miljacka

Sarajevo è una città attraversata da ponti, ciascuno con una storia. Il Latinski Most (Ponte Latino) è il più noto, famoso per essere stato il luogo in cui l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria e sua moglie Sofia furono assassinati nel 1914, segnando l’inizio della Prima Guerra Mondiale. È un ponte semplice, di pietra, ma ricco di significato.

C’è poi il Ponte Vrbanja, teatro di scontri e tragedie durante la guerra. Qui furono uccisi Admira e Boško, i “Romeo e Giulietta di Sarajevo”, simbolo di un amore che resisteva anche alla follia del conflitto. Attraversare questi ponti, con il fiume Miljacka che scorre lento sotto di essi, è come passare da un tempo all’altro. Lungo le sue rive, le case e i palazzi raccontano storie di decadenza e rinascita.

La stazione dei treni

Uno dei luoghi più surreali che ho visitato è stata la stazione dei treni. Mi ci sono ritrovato per caso, in attesa di un autobus per Mostar. Sembrava un pezzo degli anni ’80 lasciato intatto, un luogo sospeso. All’interno, bar vecchi di più stagioni, un grande muro con uno slogan datato di Coca-Cola, una biglietteria chiusa e qualche sparuto viaggiatore che sembrava più perso che in attesa. Non c’erano treni in arrivo né in partenza. L’atmosfera era quella di un non-luogo, un luogo dimenticato dal tempo.

La notte

Di notte, Sarajevo si acquieta. Il freddo pungente avvolge la città come una coperta ruvida. Non c’è caos, non c’è fretta. C’è solo il respiro della città, che ti invita a fermarti, a immaginare le vite che l’hanno attraversata.

Non è stato un viaggio semplice, né leggero, ma Sarajevo mi ha insegnato che nelle cicatrici si trova spesso la vera bellezza e che il mondo Balcanico, per quanto vicino geograficamente, è un universo tutto da scoprire e da capire.

Il mio viaggio a Malta, perdersi fuori stagione

Il mio viaggio a Malta, anzi, i miei viaggi a Malta. Sono diventati tanti, e ogni volta mi sono dimenticato di scrivere qualcosa. Così, a distanza di mesi dalla mia ultima puntata, eccomi qui a raccontarvi qualche suggestione.

Malta è un’isola che si rivela lentamente, come un libro che si sfoglia con calma. All’inizio confusa, caotica, ma poi divertente e perfino rilassante. Dipende sempre da te, dal tuo stato d’animo e da dove ti sposti. Ogni volta che ci torno, mi accoglie con il suo clima mite e quel mix nordafro-siciliano-inglese davvero unico e speciale.

Ti consiglio di alloggiare sulla costa di La Valletta: scegli un piccolo albergo, diffida delle grandi catene, leggi le recensioni e assicurati che nelle vicinanze non ci siano fonti di rumore, altrimenti… addio sonno!

Non posso che cominciare da un luogo “facile” come la capitale, La Valletta, con i suoi edifici fatti di pietra color miele che riflettono il sole. I balconi chiusi, i “gallariji”, spuntano a ogni angolo come piccoli teatri privati.

Passeggiare per La Valletta è un viaggio nel tempo. Lascia la strada principale, Republic Street, troppo affollata di turisti, e perditi nei vicoli. Non dimenticare la Concattedrale di San Giovanni: forse da fuori non ti dice nulla, ma nasconde una gioia per gli occhi e la mente. Un luogo che non è solo un capolavoro barocco – naso all’insù e poi dimmi! – ma anche custode di uno dei dipinti più drammatici di Caravaggio, La Decollazione di San Giovanni Battista. Raffigura il momento con un realismo crudo e un uso magistrale della luce e dell’ombra. In un’altra sala si trova San Girolamo Scrivente: San Girolamo assorto nella scrittura, con un’espressione intensa e concentrata. Caravaggio dimostra di saper catturare l’anima umana attraverso il gioco di luci e ombre. Entrare lì è come essere trasportati in un’altra dimensione, dove l’arte e la spiritualità si intrecciano in un silenzio quasi sacrale.

Per tornare alla materialità, ahimè, i turisti si affollano ogni giorno, alle 12:00 e alle 16:00, per la tradizionale cerimonia del saluto a colpi di cannone dalla Saluting Battery, una pratica che risale ai tempi dei Cavalieri di Malta, nei Giardini Barrakka. Per la pausa pranzo, per gustare qualcosa, c’è l’imbarazzo della scelta: non so perché, ma mi sono affezionato a un bel ristorante romano, la Trattoria ZeroSei. Eh sì, anche a Malta ho mangiato italiano.

Ma Malta non è solo La Valletta. Le Tre Città – Birgu (Vittoriosa), Senglea (L’Isla) e Cospicua (Bormla) – spesso restano nell’ombra, dimenticate dai turisti frettolosi. Eppure, queste città – le ho raggiunte con un curioso servizio di trasferimento su una traballante barca di fortuna spacciata per turistica che partiva da sotto i Giardini Barrakka – hanno un fascino tutto loro. Birgu, con il suo porto che sembra un dipinto, offre un’atmosfera rilassata, lontana dal trambusto della capitale. Il Forte Sant’Angelo, che domina il Grand Harbour, è un monumento alla resistenza e alla forza, un luogo che racconta le storie dei Cavalieri di Malta e delle loro battaglie. Immancabile una pausa aperitivo in un locale universitario come il Date Art Caffè.

La costa orientale dell’Isola è quella più abitata e movimentata: partendo da nord, da St. Julian’s, l’energia di Paceville ti avvolge con la sua vivace vita notturna, mentre a Spinola Bay il ritmo rallenta tra barche colorate e cene tranquille sul mare. Proseguendo verso Sliema, il lungomare si anima di passeggiate, caffè affacciati sul porto e lo scintillio di negozi a Tigné Point. Lasciando la modernità alle spalle, si entra nella calma di Ta’ Xbiex e Gzira, dove gli yacht ondeggiano pigri nella marina e Manoel Island custodisce il suo forte silenzioso. A Msida, il porto accoglie barche a vela, e la chiesa di San Giuseppe si erge come una sentinella barocca.

Dicevamo St. Julian’s. Questo è il cuore pulsante della vita notturna maltese. La zona di Peaceville è un caos di luci, suoni e persone. Ogni notte è una festa, una serata, un invito a entrare e buttarsi nei locali. Caos assicurato: ci sono giovani da tutto il mondo mescolarsi e divertirsi, creando un’atmosfera che non trovi altrove. Malta è anche due locali top per chi ama la musica house ed elettronica: il Cafè del Mar e il Gianpula, dove eventi e djset internazionali sono sempre in programma.

Muoversi sull’isola con il bus – sì, lo so, storcerete il naso! – è un’esperienza di per sé. Gli autobus maltesi sono un microcosmo in movimento: anziani che chiacchierano, studenti che discutono del prossimo esame, turisti confusi che cercano di capire la loro fermata (un po’ come me!). E poi c’è l’autista, un personaggio che potrebbe benissimo essere il protagonista di un romanzo, con la sua guida un po’ spericolata e quel mix di serietà e ironia che solo i maltesi sanno avere. L’unico mezzo di trasporto pubblico a Malta è lui, non ci sono né treni, né tram. Spostarsi in autobus è semplice: le distanze sono piccole e tutti i centri abitati sono collegati direttamente alla stazione degli autobus di Valletta, con una corsa ogni 15-60 minuti a seconda della località. Il concetto di puntualità a Malta è piuttosto elastico: l’autobus può spaccare il minuto oppure arrivare con un quarto d’ora di ritardo, più probabile se venite in estate.

Allontaniamoci. Andiamo verso Marsaxlokk, a sud. Viverla è come vivere in un’altra velocità, come canterebbero Battiato e Alice nei Treni di Tozeur. Questo villaggio di pescatori è una fiera di colori, con le sue barche luzzu dipinte di rosso, giallo e blu, e quegli occhi enigmatici dipinti sulle prue, simbolo di protezione contro il male. Seduto lungo il porto, con l’odore del mare che riempie l’aria e il vociare dei mercati, puoi pranzare nei piccoli bar e ristoranti che offrono (in particolare il fritto) a tutte le ore e  non puoi non provare una certa meraviglia nel vedere le bancarelle colme di pesce fresco, frutta e verdura.

Altra tappa è Mdina, la città silente, un altro mondo. Anche qui consiglio di arrivarci in bus. Appena varchi le sue mura il tempo sembra fermarsi. Non ci sono suoni di automobili, solo il rumore dei tuoi passi e, forse, un soffio di vento che sussurra tra le antiche mura. Le strade strette e tortuose ti conducono in angoli nascosti. La vista dalle mura è mozzafiato: campi verdi che si estendono a perdita d’occhio, punteggiati qua e là da piccoli villaggi e chiese. Ristorante da consigliare: Coogi’s

Se vuoi cercare silenzio e lentezza, la parte occidentale dell’Isola fa per te. Malta è, infatti, tanti scenari, tanti colori, tante suggestioni. Sulla costa opposta a La Valletta ho visitato le scogliere di Dingli. Qui, il paesaggio cambia drasticamente: dalle città e dai villaggi si passa a un ambiente selvaggio e incontaminato. Le scogliere si ergono maestose sopra il mare, offrendo uno spettacolo di forza e bellezza. Seduto su una roccia, con il vento che ti sferza il viso e il rumore delle onde che si infrangono sotto di te, ti senti piccolo, ma in pace con il mondo. In zona ho pranzato in un bel ristorantino, a due passi dal mare, di nome Bobbyland.

Un altro luogo poco conosciuto, sempre sulla costa occidentale, è la baia Ghajn Tuffiena con un interessante locale per fare un aperitivo al tramonto del sole, tra l’altro gestito da un simpatico staff di romani: si chiama Singita Miracle Beach. Occhio agli orari dei bus del rientro e alle fermate perchè poi rischi di confonderti.

Malta è anche altre isole, come Gozo, l’isoletta sorella. Raggiungibile con un traghetto (partenza anche da Ċirkewwa), è un rifugio di tranquillità e autenticità. Le sue colline ondulate, i campi coltivati e i villaggi offrono un paesaggio completamente diverso. Victoria, con la sua Cittadella, è un luogo che domina l’isola, offrendo viste spettacolari e serenità che difficilmente trovi altrove. E poi c’è Ramla Bay, con la sua sabbia rossa e le acque cristalline, un luogo perfetto per rilassarsi e lasciarsi cullare dal suono del mare.

Malta è più grande della sua estensione. C’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, un angolo nascosto, un villaggio poco noto, una storia da ascoltare.

Alcuni consigliai finali, immancabili:

  • Visitala fuori stagione I mesi primaverili e autunnali sono i migliori per godere dell’isola senza il caos turistico. Ovviamente, se cerchi serate e disco, troverai meno offerta!
  • Perditi nelle zone meno trafficate. Lasciati guidare dall’istinto, esplora i vicoli secondari e i sentieri meno battuti.
  • Ascolta il mare: Trova un posto tranquillo lungo la costa, siediti e lasciati cullare dal suono delle onde.
  • Assapora la cucina locale: Non perdere l’occasione di provare piatti tradizionali come il *fenek* o la pastizzi
  • Vivi l’isola con lentezza: Malta non è un luogo da visitare di corsa. Anche se ti troverai nel caos, nelle disco, nel vociare di studenti e turisti (anche un po’ cafoni) e nel traffico, prenditi il tempo di assaporarla, di immergerti nella sua storia e nella sua cultura.

Scrivere di Malta è fissare su carta i ricordi, le emozioni e le scoperte. Chissà, magari tornerò a scrivere ancora, perché Malta ha sempre nuove storie da raccontare ai viaggiatori come noi.

Ho letto Fallire e vivere felici di Alain De Botton

Ho appena finito di leggere “Fallire e vivere felici” di Alain de Botton.
Il filosofo non mi è nuovo: ho già letto diverse sue opere come l’Arte di Viaggiare e Come Proust può salvarti la vita. Linguaggio facile, colloquiale, spunti capaci di colpire con la loro semplicità e profondità: De Botton è questo.

In un mondo che ci vuole sempre belli e vincenti, accettare il fallimento è un atto rivoluzionario. Soprattutto in quest’epoca, nella quale Internet e i social media rendono impossibile cancellare le tracce dei nostri errori. Ma è importante ricordare che nessuno attraversa la vita senza sbagliare, perché l’errore è tipico dell’essere umano e, prima o poi, tutti incappiamo in delusioni e cattive scelte. A volte gli sbagli finiscono davanti agli occhi di tutti, altre volte cerchiamo di nasconderli per vergogna.

Questo libro esamina i diversi ambiti in cui ognuno di noi sperimenta il fallimento, da quello sociale a quello sentimentale e lavorativo. Ci offre consigli pratici su come affrontare piccoli e grandi insuccessi, incoraggiandoci a trasformarli in occasioni di crescita personale, emotiva, relazionale e professionale. Ci insegna a provare empatia verso chi è sconfitto, partendo proprio da noi stessi. Perché non fallire mai è impossibile, ma si può imparare a fallire bene.

De Botton unisce, come al solito, psicologia e filosofia – questo aspetto mi affascina! – per esplorare le dinamiche dell’uomo senza reticenze, offrendo chiavi di lettura a chi desidera comprendere perché la gente odia, perché reagisce con tanta crudeltà sui social di fronte ai misfatti altrui, come se non riuscisse ad accettare che l’uomo sia imperfetto per natura. Perché non esiste pietà e compassione? Perché i migliori amici sono quelli che hanno sopportato le peggiori crisi e misfatti? Perché il fallimento è normale e non viviamo in corsa con nessuno, anche se ci fanno credere che essere perfetti sia davvero il segreto?

Emerge anche l’importanza dei traumi infantili, quei segni del passato che continuano a contare anche oggi, influenzando le nostre azioni e reazioni. De Botton ci invita a esplorare queste dinamiche senza timori, a riconoscere che la perfezione è un’illusione, e che è nell’accettazione dei nostri limiti che possiamo trovare una forma di serenità e autenticità.

Compio 28, sì ventotto, anni da DJ…

Compio 28 anni da DJ! Se ci penso dico solo: WOW
Oggi finalmente ho fatto l’iscrizione come artista in Siae, che purtroppo per alcuni problemi telematici avevo rimandato da mesi nonostante avessi già pubblicato tre singoli sulle varie piattaforme (qui su Spotify https://open.spotify.com/artist/4J06makpjkPBRGjUQc439R…)
Non mi posso lamentare nella mia vita da dj.
Ho le mie serate, metto la musica che mi piace, ho le mie consolle da resident e spesso mi riposo e declino per non “odiare” la professione. Una forma di tutela fisica e mentale. Quando si esagera la passione prende altre forme, diventa ossessione e lavoro “da ragioniere”. Allora cominci a odiarla e sentirla come peso.
Sento che l’obiettivo sarà sempre fare in modo che la mia musica vada oltre, non sia solo per i locali e per i party ma anche, come è già accaduto, in contesti nuovi e diversi, difficili e stimolanti, fondendo esperienze artistiche e trovando nuove sintesi.
Grazie ancora a chi mi ha seguito e supportato 🙂

I DJset e le serate di Tixi a Ottobre!

Venerdì 4 ottobre: Bacan Cagliari

Sabati 5 ottobre: Evento privato

Venerdì 11 ottobre: Bacan Cagliari

Sabato 12 ottobre: Evento privato

Domenica 13 ottobre: Palazzo Doglio

Venerdì 18 ottobre: Bacan Cagliari

Sabato 19 ottobre: Fiera di Cagliari – Oktoberfest

Venerdì 25 ottobre: Evento privato

Domenica 27 ottobre: Bacan Cagliari

5 motivi per viaggiare da soli seguendo il proprio ritmo

Viaggiare è uno dei modi migliori per arricchire la propria vita e ampliare le proprie prospettive. Mentre molte persone preferiscono viaggiare in compagnia di amici o familiari, c’è qualcosa di straordinario nel fare un viaggio da soli.

Se sei un amante dei viaggi e un appassionato di scoprire nuovi orizzonti, viaggiare da soli ti darà tante altre soddisfazioni.

Da molti anni, ho scelto di abbracciare questo modo unico e gratificante. Una modalità di esplorazione del mondo, per alcuni assurda, diventata non solo una passione, ma un’autentica forma d’arte e filosofia che ho perfezionato nel corso del tempo.

Ecco allora cinque ragioni per cui ho scoperto e amato il viaggiare da solo.

1. Libertà Assoluta

Una delle gioie di viaggiare da soli è godere della libertà assoluta di pianificare il tuo itinerario come desideri. Non c’è bisogno di compromessi o di adattarsi agli interessi degli altri. Se desideri esplorare un museo d’arte, immergerti nella cultura locale o semplicemente rilassarti in una tranquilla spiaggia o fermarti per ore al bar, sei il capitano della tua nave. Questa libertà ti consente di seguire i tuoi istinti e di adattare il viaggio alle tue esigenze e passioni.

2. Auto-Scoperta

Il viaggio da soli offre un’opportunità unica per conoscersi meglio. Quando sei lontano dalla routine quotidiana e dalle influenze familiari o sociali, hai l’opportunità di esplorare i tuoi pensieri, desideri e ambizioni. Questo processo di auto-scoperta può portare a una maggiore consapevolezza di te stesso e delle tue aspirazioni nella vita, ma anche a un’apertura nei confronti del mondo.

3. Incontri Significativi

Sebbene tu stia viaggiando da solo, sarai sorpreso da quanti incontri significativi potresti fare lungo il percorso. La solitudine spesso attira l’attenzione degli altri viaggiatori o degli abitanti del luogo, aprendo la porta a nuove amicizie e connessioni interculturali. Questi incontri possono arricchire la tua esperienza di viaggio in modi che non avevi mai immaginato. C’è un altro aspetto: dovrai obbligatoriamente interagire con gli altri! E quindi sarai costretto a parlare, chiedere, farti avanti!

4. Crescita Personale

Il viaggio da soli può essere una sfida, ma è anche un’opportunità straordinaria per la crescita personale. Imparerai a essere autosufficiente, a prendere decisioni rapide e a risolvere i problemi in modo indipendente. Queste abilità possono tradursi positivamente nella tua vita quotidiana, rendendoti più sicuro di te stesso e resiliente di fronte alle sfide.

5. Apertura Musicale (consiglio tipico da DJ)

Come appassionato di musica, apprezzi la libertà di ascoltare i tuoi brani preferiti quando vuoi. Durante un viaggio da solo, puoi creare la colonna sonora perfetta per la tua avventura. Che tu sia un amante della musica house, dance, techno o folk, puoi immergerti nel tuo genere preferito e sperimentare la musica locale in modo indipendente.

Il viaggio da soli è un’esperienza straordinaria che offre libertà, crescita personale, apertura mentale, incontri significativi e l’opportunità di scoprire te stesso in modo più profondo.

Con anni di esperienza nel viaggiare da solo, posso testimoniare quanto questo possa arricchire la tua vita. Non aspettare allora, non fidarti dei cattivi consigli e di chi lo vede come un assurdo! Prepara la tua prossima avventura solitaria per scoprire il mondo a tuo ritmo, con la tua musica preferita come colonna sonora e il tio zaino come amico fedele! 😉

Che aspetti?

Ti ascoltano quando fai un djset (e ci fanno caso)

Oggi in palestra è successo qualcosa che mi ha strappato un sorriso: una persona mi ha fatto i complimenti sulla musica che metto durante le serate. Questi complimenti, così spontanei e lontani dal contesto di un locale, mi fanno sempre un piacere immenso. Forse proprio perché li sento ancora più sinceri rispetto a quelli detti magari tra un drink e l’altro.  

Vuol dire che, anche se la gente nei locali chiacchiera, si diverte e sembra distratta, alla fine la musica lascia un segno, una traccia. E per un DJ, sapere che un tuo set resta impresso nella memoria delle persone è qualcosa di pazzesco. Un pezzo di quella serata che continua a vivere.  

Alla fine, quando fai il DJ, non stai solo facendo ballare o accompagnando un aperitivo: stai raccontando una storia. E sapere che qualcuno l’ha ascoltata davvero, più di quanto tu pensi, fa sì che tutto abbia un senso. La tua ricerca, il tuo lavoro, la tua passione.

Grazie a questa donna!

Ci vediamo tra poco al Bacàn!

Tutti i djset di Nick Tixi a settembre

Ci vediamo in giro, ecco i prossimi djset di NICK TIXI.

Domenica 1 settembre 2024 Bacan (Cagliari)

Giovedì 5 settembre Bacan (Cagliari)

Da martedì 10 a domenica 22 settembre, Lido di San Giovanni, Alghero. WORLD WINNERS CUP Europei e Mondiali di Beach Soccer

Giovedì 26 settembre, Palazzo Doglio

Venerdì 27 settembre, Bacan (Cagliari)

Sabato 28 settembre, Bacan (Cagliari)

La grande pala eolica sulla Statale 131

Oggi, viaggiando lungo la 131, vicino a Oristano, mi imbatto in qualcosa di inaspettato, considerato le centinaia di volte che ho fatto questo tratto.

Una grande pala eolica all’orizzonte, un elemento nuovo, che prima non c’era. Incuriosito, comincio a osservarla più attentamente. Man mano che mi avvicino, la sua imponenza diventa sempre più evidente.

È un colosso, un gigante di metallo che domina il paesaggio. E all’improvviso, una strana sensazione mi pervade: la paura. Quel gigante, con le sue eliche imponenti, mi dà l’impressione di una conquista, di una forza estranea che si impone sul territorio. È come se qualcosa di violento fosse stato introdotto in un paesaggio che conosco da sempre, alterando l’equilibrio naturale.

Non fraintendetemi, non voglio certo negare l’importanza dello sviluppo delle energie rinnovabili. Sappiamo tutti quanto sia cruciale per il futuro del nostro pianeta. Tuttavia, l’emozione che provo in questo momento è quella di una violenza inflitta al territorio, come se qualcosa di sacro fosse stato violato.

So che questa è una visione poetica, forse anche un po’ romantica, della realtà, che non esiste spazio per questi pensieri – eh, già – e mi scuso se non riesco a guardare oltre. Ma è proprio questa la sensazione che provo ora.

Penso a Heidegger, che descriveva la tecnologia come un modo in cui l’uomo si rapporta alla natura, spesso riducendola a una mera risorsa da sfruttare. Questa pala eolica, simbolo di progresso e di sostenibilità, appare ai miei occhi anche come un segno di quella stessa riduzione: il paesaggio diventa un luogo da colonizzare, da piegare alle esigenze umane, senza considerare la sua essenza.

Non ho una posizione definitiva su questo tema, sappiatelo.

Mi mancano ancora tanti elementi per poter esprimere un giudizio informato. Tuttavia, c’è un aspetto che non posso ignorare e che credo di conoscere, avendo fatto per tanti anni politica e lavorando nel campo della comunicazione politica: la politica in Sardegna.

La politica si dimostra sempre più inadeguata, incapace di gestire le sfide e le opportunità che il nostro territorio offre. E purtroppo, anche la comunità ha mostrato – se si esclude qualche bella esperienza – un disinteresse cronico per il proprio destino, lasciando che decisioni cruciali venissero prese senza una vera partecipazione popolare.

In Sardegna manca da sempre un dibattito pubblico reale e continuo, una coscienza civile diffusa. Troppo spesso, i politici si concentrano su questioni di corto respiro, e le persone seguono passivamente questa deriva preferendo il disinteresse totale o l’interesse personale (il voto di scambio, il favore, l’amicizia interessata). Questo mi preoccupa profondamente. Ho paura che, anche in questo caso, il dibattito sull’eolico finisca per cadere nel vuoto, che si tratti di un’altra occasione persa per la nostra isola.

Eppure, è proprio nei processi di sviluppo come questi che si aprono grandi possibilità, costruire un futuro sostenibile, rispettando al contempo la nostra terra e le sue tradizioni. Ma temo che, alla fine saranno in pochi a decidere, e le scelte saranno imposte dall’alto, senza un reale consenso popolare.

C’è qualcosa di ancora più preoccupante.

Mentre ci dibattiamo in piccole battaglie(il turista sporcaccione, le dichiarazioni di Briatore, il suv milanese sulla spiaggia, la bandiera dei quattro mori ai concerti ecc), e ci lasciamo distrarre da slogan vuoti e superficiali, una profonda ignoranza continua a mostrarsi. La scarsa consapevolezza delle reali necessità del territorio, unita a questa inerzia culturale, ci sta danneggiando.

I sardi, invece di combattere per cause superficiali o prestare attenzione a falsi miti, dovrebbero (ricominciare a) leggere, viaggiare, studiare, mettersi domande, comprendere le esigenze della nostra terra, a progredire e a evolversi invece di autoconvincersi di essere un popolo compiuto e unico, speciale e intoccabile.

Non ho soluzioni, sia chiaro.

Posso pensare che questo riscatto e progresso non può e deve venire (solo) dalla politica, ma deve partire da noi stessi, dalle nostre scelte personali, dalla nostra voglia di creare, di essere indipendenti e autonomi, senza aspettare nulla dal pubblico.

Il vero progresso nasce dalla volontà di riscatto individuale, dalla consapevolezza che solo con lo studio e con l’impegno possiamo costruire un futuro migliore per la nostra isola.

La grande pala eolica sulla Strada Statale 131 è solo un simbolo, un’immagine che racchiude molte delle contraddizioni della nostra terra. Ma è anche un monito: ci ricorda che, senza una coscienza civile forte e partecipativa, rischiamo di perdere il controllo sul nostro futuro. E questo è un rischio che non possiamo permetterci di correre.

Il rischio è, inoltre, che i mezzi si stiano trasformando in fini, scambiando lo sviluppo tecnico per progresso umano.

Il progresso, in fondo, non dovrebbe mai essere una conquista imposta dall’alto, ma un atto di armonia e consapevolezza, una scelta che nasce dal desiderio di migliorarsi e di riscattarsi, l’amore per la terra e per gli altri, un passo deciso verso un’autentica autonomia e non un’eterna infanzia.

I djset di Tixi ad Agosto!

Ci vediamo in giro, ecco i prossimi djset di NICK TIXI

giovedì 8 agosto Festixi (Santa Margherita, Comunione Saia, Soul Club)

venerdì 9 agosto Bacan (Su Siccu, Cagliari)

sabato 10 agosto Club Nautico Chia (Chia, Località Campana, Teulada)

domenica 11 agosto Sunshine Rey (Costa Rey, Castiadas)

lunedì 12 agosto Bacan (Su Siccu, Cagliari)

martedì 13 agosto Bacan (Su Siccu, Cagliari)

mercoledì 14 agosto Bottega Panevino (Costa Rey)

Venerdì 16 agosto Club Nautico Chia (Chia, Località Campana, Teulada)

Sabato 17 agosto Club Nautico Chia (Chia, Località Campana, Teulada)

Domenica 18 agosto Porto di Calasetta (Calasetta)

Lunedì 19 agosto Bacan (Su Siccu, Cagliari)

Giovedì 22 agosto party Cerimonia olimpica Marta Maggetti (Windsurfing Club, Cagliari)

Venerdì 23 agosto Club Nautico Chia (Chia, Località Campana, Teulada)

Sabato 24 agosto Club Nautico Chia (Chia, Località Campana, Teulada)

Domenica 25 agosto Bacan (Su Siccu, Cagliari)

Martedì 27 agosto Bacan (Su Siccu, Cagliari)

Giovedì 29 agosto Palazzo Doglio (Cagliari)

Sabato 31 agosto Club Nautico Chia (Chia, Località Campana, Teulada)