Decido di raggiungere la stazione a piedi da casa di Alice. Mi immergo nella domenica mattina bolognese fatta di sole, lentezza e persone in giro. Il tragitto taglia in due il centro così faccio un ultimo remix veloce della città, Torre degli asinelli, chiesa di San Petronio, piazza Maggiore.
Ragiono sui programmi del giorno poi mi disconnetto e mi godo il momento. Da lontano una banda suona l’inno nazionale poi il Piave mormorava. Ricordo trascorsi militari a Macomer quando questo binomio di pezzi era la colonna sonora del mattino, con i primi freddi di ottobre e noi sul piazzale della caserma Bechi Luserna.
Penso ogni volta che torno qui di avere un legame spediale con questa terra di cantanti, di forti passioni e di sapori, di amici e tramonti.
Ho fatto una lista, in quanto posti ho lasciato un po’ del mio cuore? In quanti posti mi son sempre sentito a casa? Tanti, troppi. Non smetto di aggiungere qualcosa e non riesco a depennarla.
Binario 7, carrozza 4, posto 31. Intercity, vecchia gloria delle ferrovie statali che oggi si chiamano Trenitalia. Cinque minuti e il treno parte con lentezza, snodandosi dagli scambi e i binari con selciati bianchi della stazione. Ci sono i vecchi vagoni in disuso, pasticciati dai writers. Ci sono muri di città che le ferrovia denuda.
La mia vicina parla al telefono. Quella vicino al finestrino sminuzza un panino stando attenta che la bottiglietta verde di acqua vera non caschi.