Dov’eravamo rimasti? Facciamo un salto a ieri, la puntata al quartiere di Downtown, la parte avveniristica della città. Camminata di un’oretta sullo splendido lungomare, incrociando venditori di pistacchi, pescatori e semplici anziani che fanno ginnastica, per trovare una Beirut completamente diversa da quella araba.
Forse sorprendente ma per i miei canoni di viaggiatore poco interessante: palazzi, grattacieli, Zara, Massimo Dutti, Ferrari, Pizza Hut e vari negozi firmati.
Cosa ci sarebbe di entusiasmante? mi son chiesto. Nulla. Insipida. Così come quell’hamburger consumato in un bar francese di cui nemmeno ricorderò il nome.
Non mi ha lasciato NULLA.
Però c’è sempre qualcosa di interessante e toccante, come la vicinanza tra palazzi distrutti dalle bombe della guerra civile e nuovi e sfarzosi grattacieli. La presenza assidua (rassicurante?) dei militari in mimetica e carro armato in ogni angolo e zona di un centro completamente blindato e a prova d’assalto (in alcuni casi ci sono anche le barricate). Impossibile entrare a Nejmenh Place. A Beirut tutti gli obiettivi sensibili, che siano chiese, moschee, scuole, università, mc donald, palazzi presidenziali, residente, ambasciate, sono controllati dall’Esercito.
Superati i militari, a pochi metri c’è il Suck (che è una città mercato elegante e senza fortunatamente i maleducati delle nostre latitudini), le auto di grossa cilindrata che sfrecciano, gli ingressi affascinanti e le strade pulite. I grattacieli continuano a nascere. I lavori fervono. La città cresce più di quanto si pensi. I soldi girano. Ma ti resta davvero poco di questa zona. Neanche le luci delle vetrine di Armani ti colpiscono o ancora Rolex. Ma Beirut non è solo lusso e sfarzo. Anzi. Meglio ributtarsi nella verace quotidianità della Beirut orientale. Quella sì, che almeno ci emoziona.