La sveglia è fissata per le 6, dopo una colazione con l’immancabile caffè con leche a 8 mila gradi fahrenheit e pane con burro si parte.
Il nostro capogruppo è Guido, maratoneta in pensione. Fuori è buio, 15 gradi, immancabile felpa e kway. Si comincia, lasciato Portomarin, con una bella salita sul bosco e poi un sentiero tra campi di grano e girasole.
Pian piano si accende un nuovo giorno: di fronte 25 km!
Un po’ doloranti, siamo però motivatissimi. Io sto bene, ho voglia di camminare. I primi chilometri sono praticamente uguali, costeggiamo una statale poco frequentata, siamo nella Galizia celtica, case tipiche. Un caffè e si riparte. Il percorso è più dolce, nulla a che vedere con quello di ieri, più interessante ma più impegnativo.
Incrociamo una coppia di amici che per un po’ ci fa compagnia. Un francese che ha una ditta di infissi e un pescarese commercialista che sentono me e Guido parlare di politica. Il francese, che abita a Pescara, mi sfotte: non vuol sentir parlare di politica, per di più nel Cammino. L’amico (anche lui un deluso dalla politica, di “destra” come me) mi incita: “un politico che fa il Cammino non può che essere un buon politico. Non mollare”. Mi strappa un sorriso.
Chiacchieriamo per qualche km, poi li perdiamo. Cose normalissime al Cammino.
A Llegonde si materializza una piccola oasi: timbro sulla Credencial, the, acqua e caffè caldo gratis. L’uomo seduto davanti alla scrivania è un argentino: non risparmia sorrisi e battute e e ti ricorda che in omaggio c’è il portadocumenti, una guida e un braccialetto. Mi viene subito in mente l’idea che ci sia ancora gente che fa le cose per il gusto di fare. Sorseggio the alla menta, faccio riposare le gambe. Ci sono molti altri pellegrini con cui si parla e si scambiano consigli, molti sono italiani. Si dibatte se fare tutta una tirata o fermarsi lasciando qualche chilometro: decidiamo di accelerare.
Si riparte! Ancora tanto da fare, lunghe salite ma dolci, non si incontra anima viva finché non accade qualcosa che attira la tua curiosità, mentre comincia a piovere: un piccolo cimitero con le tombe che danno sulla strada e, a pochi metri, si materializzano due porte di calcetto che idealmente delimitano un campo. Vita e morte vicini, senza timore. Continuiamo a camminare per altri 500 metri e una mandria di mucche ci incrocia. Ci fermiamo e osserviamo senza disturbare.
Torniamo in strada. La pioggia si fa pesante ma ecco il cartello “Palas de Rei“. Siamo arrivati! Il paese ci aspetta: 25 km a piedi bruciati in neanche sei ore. C’è tempo per un bel bocadillo (panino) e una cerveza fresca, per festeggiare la nostra bravura.
Ci siamo guadagnati un pomeriggio di relax. Domani si riparte per Arzua, circa 30 km: la più lunga di questo Cammino.
Se ci pensi il Cammino è una bellissima metafora della vita fatta di salite e discese, cose che accadono che ti sorprendono, altre sempre uguali, e nello zaino porti tutti i problemi e le difficoltà come un peso nella vita: maggiore è il numero più fatichi e solo lasciando l’essenziale puoi camminare spedito. Alcune volte sei veloce, altre sei lento. Gli incontri sul Cammino ti ricordano che ci sono persone che ti accompagneranno per tutta la vita, altre per un po’, alcune le perderai, altre invece le vedrai solo di passaggio.
E magari quando meno te l’aspetti scoprirai persone nuove che condivideranno con te qualcosa.