Qualcuno la chiama vacanza, altri lo chiamano viaggio. Io sono per la seconda.
Ti porti dietro portatile e smartphone, scegli una città, affitti una camera a poco prezzo e continui a lavorare. Con la differenza che sei altrove, impari una lingua, non usi la macchina, fai mille incontri casuali, hai la mente sgombra per lavorare e le idee e le parole sembrano venir fuori con estrema semplicità, specie quando sei nei posti più impensabili, gli aeroporti, i treni o i voli.
Io lo faccio spesso, quando ci sono periodi intensi in vista e vi assicuro che non è questa grande spesa.
Basta sapersi adattare: zero cene sontuose, alberghi lusso, shopping inutile e altre giocolerie da turista idiota. Parto leggero e senza troppi programmi.
Certo, ci sarà sempre l’accallonato nostrano che avrà da ridire quando un lavoro è inviato da Barcellona o Dublino invece che “dai pressi di Pirri”, come se questo facesse differenza, ma così funziona. Sono abituato alle callonate.
La tecnologia ci permette cose impensabili fino a ieri, il lavoro è cambiato, il Mondo è vicino, e chi non lo capisce (o come sempre lo capisce tra qualche tempo, dopo aver disprezzato questa filosofia) può sempre pensare che sia pazzia, follia, poca serietà e immaturità.