Viaggiare, scoprire facce nuove, sconosciuti che ti salutano, incontri che non ti aspetti, lingue differenti e situazioni impreviste, usi e costumi diversi, scoprire sempre qualcosa di nuovo dagli altri e da te, i pensieri che fluttuano nella mente, la nostalgia della sera e il piacere di una colazione di una città diversa, la lontananza e l’ansia di ritorno, il calore, la fiesta… Tutto questo non è vacanza, è viaggio che è molto diverso e solo provandolo si capisce.
*** ore 17.30
Sole tiepido su Barcellona.
L’autobus da Girona arriva veloce, portandomi dentro la capitale catalana in un’oretta abbondante. Lavoro un po’ al pc ma poi spengo e resto a fissare il finestrino e quel che scorre, senza attenzione. Di solito nei viaggi i pensieri volano via, si diradano, si addolciscono, stavolta vien difficile scansarli, come l’amaro del caffè preso sull’aereo.
Ti senti indifeso di fronte alla vita, fai schemi irrazionali di idee, senti freddo e paura per tutto il resto. Ma non c’è nessun freddo e tutto è sotto controllo. Invece no. Paura che il tempo non sia mai abbastanza, che gli affetti volino via senza un ultimo saluto, che tante cose che fai e pensi siano inutili, che non ci sia mai spazio per amare e odiare. Estacio del Norte, chissà quante volte ci son passato e ci ho dormito. Non le conto più.
Temporeggio e aspetto che i cagliaritani, imbruttiti dai loro vestiti ricercati, così ansiosi e stressati dal prendere i bagagli e correre si diradino. Resto qui con la mia valigia. Mi mischio. Non è una vacanza, è un innamorarmi di un altro posto e vivere e lavorare ad altre latitudini. Per tornare e poi ripartire. Ora con un pensiero in più. Ma non ho fretta.
*** ore 18
È la prima volta che provo airbnb e devo dirvi che ne vale la pena. A due passi dalle Ramblas e ancora meno dal mare, come volevo.
Il padrone di casa è Jordi, giovane musicista e produttore di origini olandesi, che appena entrato mi sottopone a una bella chiacchierata in lingua inglese mentre studio e osservo il salone con tanti oggetti interesssanti: pc, piatti 1200 technics, chitarra, mixer, ampli, microfono. Parliamo della Sardegna, della Catalogna, del lavoro, finché mi sistemo in stanza, una carina con parquet. La sua casa sta su una di quelle strette viuzze proprio dietro il mercato della Boquerìa, dove si avvertono mille voci e suoni.
Allora disfo i bagagli, mi cambio, pantaloncini e maglietta e mi attende una bella corsa. Sciogliere i pensieri e osservare il tramonto: sarà bellissimo correre tra porto, Barceloneta e spiaggia. Metto le cuffie, un abbraccio amici.
*** ore 19.34
Provi a esorcizzare un dolore viaggiando, scrivendo, staccandoti dal mondo, correndo in questo posto diverso, facendo finta che non sia successo niente, ma poi ti accorgi che più lo allontani e più torna.
*** ore 23.30
Può una città alleviare le tue amarezze? Forse si, se si chiama Barcellona.
Capitolo dieci. Decima volta che sono qui. Non sarà poi amore? Non posso più nascondermi: non sono più un turista, sono un amante. Mi muovo come se fossi a casa. Parlo spagnolo. Male, ma lo parlo. Ridicolo.
Oggi sono andato a correre dalla Rambla all’Opium. Mezz’ora andata e ritorno. Mi sentivo immerso in un posto nuovo. Mi son goduto il tramonto.
E ora son qui. Un ristorantino dove mi trattano da Dio.
Finisco cerveza e paella, mi offrono il caffè, pago e saluto e me ne vado al porto, a tu per tu col mare. Come piace a me. Serata dolce, aria frizzante, gioco a carte con i pensieri e mi tornano dolori recenti accompagnati da canzoni che girano sull’Ipod. Osservo le luci, profumo di mare. Intenso.
Allarme. Il ponte si apre, passa una barca a vela. Il ponte si rimette a posto.
Provo a ricomporre pensieri. Ma qualcosa non torna.