Certo che trovare la primavera a Milano fa davvero ridere. E così, camicia e giubbottino, gusto un cappuccino carissimo con muffin, cercando soluzioni sul come mangiarlo, nel primo bar a portata di mano.
Cielo grigio metallizzato e città che mi avvolge con i suoi rumori e ritmi forsennati.
Mi butto sul 14 che arriva lentamente sul classico viale alberato, doppia corsia e preferenziale di mezzo. Mi accoglie un caldo umano, un misto di facce di ogni età e generi. Inserisco il biglietto sputato due secondi dopo dalla macchinetta rossa. Mi siedo, posto verde, mentre una stanca voce impersonale ricorda la fermata.
Registro pezzetti di discorsi e telefonate, frugo per un attimo nelle vite di sconosciuti vicino a me. Un classico rituale da non miricordoquantianni ci vengo. Oggi è un viaggio nonviaggio. Volo verso un ufficio, passando per il centro.
Eppure questo luogo non mi affascina. Sarà bello, stimolante, ricco. Pieno di luci e vetrine, auto e moda. Ho degli interessi. Ho delle prospettive. Forse. Non ci vivrei. Manca un mare che dia spazio ai tuoi pensieri. Manca il Sud che non è solo un luogo fisico, ma un concetto esistenziale, una filosofia.