Se gli altri non si muovono, comincia tu. E vedrai che forse gli altri, dopo averti criticato, si muoveranno.
È con questa frase che venerdì ho deciso di andare a Uras a dare una mano ai soccorsi. Ecco via via, i post di questa bellissima e profonda esperienza.
Ho deciso. Mollo tutti gli appuntamenti in programma.
Domattina andrò a Uras a dare una mano ai soccorsi.
Chiunque si volesse unire a me, mi contatti: si parte verso le 8,30, ho posti nella mia macchina. Portarsi stivali di gomma, abiti caldi, impermeabile, un cambio e asciugamano.
(Mattina dopo) Oggi mi sono svegliato come se mi fossi accorto di botto di quanta indifferenza ci circondi, in un mondo che non mi appartiene, dove per sopravvivere devi trovare angoli di vita, bolle d’aria. L’unica urgenza del cuore era di uscire, prendere la macchina, comprare un paio di stivali e partire per Uras.
La paura di non trovarli e rendere questa mattina inutile era tanta. Eccoli, ora posso andare.
SS 131, Il cielo non promette nulla di buono, piove e ancora piove. Speriamo che smetta.
Stare fermo mi uccideva. Vado anche a vedere, a sentire, a capire per poi raccontare.
Uno strano diario di viaggio.
Il mio aiuto sarà forse un inutile granellino di sabbia in un deserto, ma sentivo di farlo. Sono quelli attimi là in cui qualcosa ti muove, in cui hai modo di avvicinare l’azione alle tue idee. In cui sai bene che se fosse successo a te qualcun altro da qualche altra parte si sarebbe mosso.
(Pensieri in viaggio)
Tra le tante idiozie lette questi giorni il confrontare il dramma dei migranti con quello della nostra isola e accusare lo stato di diversi trattamenti. Mettere dolori e morti sul bilancino è uno sport ignobile. Più che confrontare bisognerebbe capire, sforzo troppo complicato per mentecatti da tastiera.
Capire cosa significa ritrovarsi un giorno con la propria vita azzerata. Lo han provato i migranti, lo provano i nostri fratelli oggi.
Sono a Uras pare che oggi non sia mai arrivato giorno. Piove a dirotto. I volontari con vestiti di fortuna con qualcosa di impermeabile e stivali girano per le case chiedendo se serve aiuto. Ma intanto la pioggia è fortissima. Cerco il mio punto di ritrovo.
Il mio compito qui tramite il mio contatto e collega dj Alessandro Azzena è aiutare un negozio di bici e una casa nella parte bassa di Uras travolte dall’onda di piena. Vi assicuro che guardando la linea di fango e acqua rimasta sul muro fa paura sapere cosa sia accaduto, ma al tempo stesso vieni colpito dal grande lavoro dei volontari, tantissimi, soprattutto giovani, che incessantemente fanno qualsiasi cosa e si presentano nelle case chiedendo se serve aiuto. C’è da pulire pavimenti, ripulire bici e ricambi, spostare mobili. Ieri il padrone voleva buttar via tutto, e invece….il clima non è quello di gente che s’arrende…
Gruppo in pausa, si mangia. Mentre preparano, giro un po’ attorno, alla periferia. La devastazione è stata tanta, ma la voglia di ricostruire è più forte.
Uras è in fermento, ruspe, mezzi di soccorso, squadre di volontari: si lavora comunque con occhi di speranza. Tutti condividono qualcosa, senza vergogna e senza paura.
Il cielo regala un po’ di luce, ha smesso di piovere, aria fredda incensata dal classico profumo di camini. In un soggiorno improvvisato si prepara un pranzo al volo: una tavola e tutti attorno. Ecco pane, formaggio, salame, vino, insalata di riso.
Pausa. Ci siamo spostati alle case popolari, in via Cagliari, due passi dal torrente che taglia in due Uras: qui un’altra situazione grave. Scantinati allagati di una poltiglia di acqua e fango, vestiti, mobili e oggetti da ripulire, l’acqua non ha risparmiato nulla. Eppure è straordinario il fatto che una delle inquiline ci ha accolto col sorriso, ringraziandoci e lodando tutta questa solidarietà ritrovata anche in un momento difficoltà. Pensate alla sua casa disastrata e i suoi vestiti e averi quasi da buttare. In pochi minuti tante persone sono accorse, sono arrivate pale e idropulitrici, ci si è messi al lavoro nel cortile di casa. Lei ha poi preparato il caffè. Ora tutto sta cominciando a sembrare più normale.
Senza questi preziosi strumenti molti lavori di ripristino e pulizia sarebbero davvero complicati.
Mentre il buio comincia a scendere, saluto Sandro e tutti i volontari e prendo la via di casa. La strada è per me sempre un ottimo viavai di pensieri e riflessioni.
Solo vedere e toccare dal vivo ti fa capire un po’ il dolore altrui anche se pensi sempre di aver fatto troppo poco rispetto a quel che potevi. Pensi alla paradossale forza di una tragedia che crea amore e solidarietà, instilla identità in un popolo a cui questa è sempre mancata (o forse mai l’ha sentita pur custodendola nelle periferie della propria anima), pensi al coraggio di chi ha perso tutto e malgrado questo ricomincia, pensi ai tanti che si sono sporcati e si sporcano le mani in queste ore.
Esperienze che segnano insegnano e ricordano quanto il tuo cuore abbia ragione su tutto e tutti. Quando chiama molla tutto e vai, non farti troppe domande.
La tua vita avrà qualcosa in più.
Un elogio e ringraziamento speciale all’amico e collega dj Alessandro Azzena per quanto sta facendo, sei un grande anche lontano dalla consolle!
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Si discute da giorni di #Briatore e di chi scrive su fb che dà una mano per i soccorsi.
Premesso che Briatore ha fatto un bel gesto dando alloggio a sfollati (e questo mi basta) e che fb si è rivelato uno strumento eccezionale di unione e informazioni (con tutti i suoi limiti, si sa), mi interessa poco se uno sbandiera o meno quel che fa.
L’importante è FARE concretamente e onestamente invece che parlare di chi fa, ognuno poi avrà la sua coscienza e nessuno dimenticherà le responsabilità di questi eventi.
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difficile ricominciare, tornare a scrivere anche cose leggere come se nulla fosse, dopo che i tuoi occhi vedono…. Ricominceremo, ma intanto è come se la mente e l’ispirazione si fossero raffreddate o bagnate.
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È strano pensarlo ma la gente tira fuori il meglio solo nelle difficoltà e nel dolore.
È proprio vero che una vita troppo agiata fa solo rincoglionire le menti e i corpi.
Vedere qualche giorno fa la profondità negli occhi di gente pronta a ricominciare dopo un disastro mi ha fatto capire ancor di più la mediocrità e l’indifferenza di altra gente che mi circonda.