Il giorno fa tutt’uno con la notte in questo angolo d’Europa dove c’è sempre luce. Fuori dal letto, doccia, rimetto a posto i bagagli e volo in stazione. Alle 6,45 mi aspetta un trenino che mi farà fare uno dei percorsi più belli al mondo: direzione Flam passando per Myrdal. Che il secondo giorno norvegese abbia inizio!
Esco dall’hostel. Giro nella solitudine della città al suo risveglio, disturbandola col suono delle rotelle del trolley. La stazione Oslo S mi aspetta con la sua futuristica struttura. Dentro c’è già vita, ma c’è silenzio. Un silenzio irreale. La gente scorre fluida verso le piattaforme che sembrano gate aeroportuali. Io mi fermo per colazione in un bar che vende di tutto, dal Giornale fino al pollo arrosto. Macchinetta, tazza e start. In pochi secondi si materializza un vago ricordo di un cappuccino come sempre caldo anzi bollente e scelgo dalla vetrina un croissant al cioccolato: 25 corone, 3 euro. La cassiera sorride, batte lo scontrino e impacchetta. Trovo un posto dove consumare la colazione accorgendomi che il cappuccino non ha alcuna intenzione di raffreddarsi.
Cieli nuvolosi, tiepidi soli, grandi prati, case solitarie, alberi e specchi d’acqua dove si riflette il mondo. Questo è quel che voglio.
Si parte! Come una lama il nostro “trenino” (si fa per dire: comodo, spazioso, wifi e prese elettriche) taglia in due la Norvegia regalando paesaggi da sogno. Giornata fredda e nuvolosa, boschi, laghi e case basse e colorate di bianco e rosso fan da cornice. Piove a tratti, 11 gradi: fatico a credere che sia il 13 agosto. Sonnecchio. Mi risveglia il profumo dei panini che qui davanti a me si stanno preparando. Paesaggi da fiaba, l’arrivo a Myrdal è lontano. Ancora non so dove dormirò stanotte, non ho prenotato nulla. Mi fermerò quando sarò stanco, un posto per me ci sarà di certo.
Una delle domande più curiose che mi fanno è “tu viaggi, sei ricco?”. Si lamentano e poi buttano soldi in cose che dopo due ore si stufano di avere o in viaggi inutili come se stessero a casa, senza neanche sapere che viaggiare costi meno che vivere “alla moda” e rappresenti una delle migliori esperienze di vita. Il mondo ha bisogno sempre di farti i conti in tasca, di misurarsi, di confrontare più che pensare a vivere.
1222 metri, Finse. I ghiacciai ci guardano. Il treno è salito dolcemente, superando i mille metri di quota sul livello del mare, fermandosi in piccoli villaggi con annesse stazioni sciistiche ed attraversando un meraviglioso paesaggio fatto di laghi, ghiacciai, tundra, dove trovano posto numerosi rifugi e baite di montagna. Facciamo una breve sosta per goderci questa tappa.
Pioggia anzi nevischio. Entro nel bar, cioccolata calda, un sorriso, due biscotti e riparto. Le bandiere norvegesi sventolano mosse da questo vento gelido, mentre la foschia nasconde le cime dei monti vicini. Il treno riaccende i motori, si riparte.
Alla stazione di Myrdal lascio il treno Oslo – Bergen, per salire su quello diretto a Flam. Freddo e nevischio mi danno il benvenuto. Ecco sbuffare da lontano il trenino, color verde scuro. L’interno è caratteristico. Fortunatamente trovo un posto. La ferrovia Flamsbana è considerata un gioiello di ingegneria e una delle ferrovie più panoramiche del pianeta. Questi primati sono dovuti al suo percorso, che in appena 20 chilometri copre un dislivello di 880 metri!
Dopo essere scesi osservando la natura nelle sue varie espressioni, ecco Flam, piccolo villaggio di 200 anime con un porto e qualche casa da dove, alle ore 15:30 prenderò un piccolo battello che mi farà fare un giro nei fiordi fino a Gudvagen. Flam è uno snodo turistico visto che porticciolo e stazione sono a pochi passi. Atmosfera perfetta, sembra una cartolina vivente tra escursionisti e famiglie. C’è anche una nave da crociera, nulla a confronto con i monti da cui siamo scesi col trenino. E finalmente mi concedo il pranzo: due panini e uno strano affettato che costava poco, frutta e un’aranciata.
In un sovraffollato battello di pericolosi turisti (italiani immancabili) che scattano circa 400 foto al minuto e si sono caratterizzati nello sport “dare cibo ai gabbiani” eccomi in direzione Gudvangen, su due dei bracci del Aurlandsfjord, contornati da montagne che raggiungono i 1880 metri di altezza, cascate che si buttano sul mare e villaggi. Mi aspettano un’altra ora di navigazione in questo scafo che mi fa ricordare il traghetto per Carloforte. Inutile rilassarsi, caos. I turisti son pericolosi, non hanno modi e regole: per loro vacanza è imbarbarimento. Intanto un vento freddo schiaffeggia senza pietà chi tenti di star fuori.
Il battello arriva a Gudvangen dopo una tranquilla navigazione alle 5,30. Stanco, semino la truppa degli avventori di prima che per non farsi mancare nulla corre disperatamente ai bus. Scene da riprendere, roba da ridere. Ma io non partecipo. Mi fermo in questo tranquillo paese, in un caratteristico alberghetto, accolto da una simpatica receptionist vestita da nurse. La mia stanza è lontana 200 metri dalla reception, una casa a due piani bianca in legno. Mi sa che starò solo stanotte. Moquette, lavandino, letto con piumone nordeuropeo. A due passi l’acqua del fiume scorre. Finalmente un po’ di relax.
Riesco dopo un po’. Calma piatta in mare, poche case, qualche anima come me. Solo i rumori della natura e dei miei passi mentre il giorno finisce. Se mi giro vedo monti altissimi e cascate, luci e verde. Faccio la spesa in una stazione di servizio, mi concedo attimi che mai avrei pensato: il tempo è tutto mio. Mi sembra di esser dentro un film e il mondo da qui con i suoi affanni e le sue inutili vanità è una galassia lontana.