Lo dico rispettando il lavoro altrui (premesso) ma la fiera di commenti sul fatto di oggi mi ha fatto scrivere di getto questo post.
Un anziano muore al Poetto, un fatto ovviamente degno di rispetto, di cronaca, e non mi sogno nemmeno di ironizzare.
Un fatto che accade spesso d’estate: morire in spiaggia. Malori, caldo, incoscienza, fatalità. E come ogni bella stagione, da almeno due o tre anni, il fatto poi diventa un racconto classico: muore tra l’indifferenza generale e, in attesa dei soccorsi, intorno tutto come se nulla fosse. Eppure c’è un morto, un cadavere, un uomo.
Ribadisco il massimo rispetto della dolorosa vicenda, ma oggi è di scena il solito brodo di luoghi comuni e spiace che come sempre la stampa, che dovrebbe fare un salto in avanti, una riflessione approfondita (suggerisco: perchéi soccorsi sono arrivati tardi?) resti ferma a questi semplicismi.
Cosa avrebbe dovuto fare la gente? E soprattutto quanti se ne sono accorti? Una veglia funebre, un minuto di raccoglimento? Fermare tutta la spiaggia? E sarà proprio vero poi, come scrivono, che nessuno ci abbia fatto caso (posto che si poteva sapere nella vicinanza del fatto)?
Io sarei andato via dalla spiaggia o mi sarei spostato, sicuramente, ma non mi sento di giudicare gli altri e soprattutto non sarei certo del racconto giornalistico di così facile somministrazione.
Rifletto, questo sì, sulla moralizzazione a basso prezzo, semplice semplice, di chi magari è pronto sempre a sbattere in prima pagina poveri cristi, esporli al pubblico ludibrio, tanto chissenefrega, noi siam giornalisti e loro sono sfigati che non hanno come noi la penna, strumento usato spesso come un’accetta. Non è forse la stessa cosa?
I casi sono tanti. Innocenti sputtanati o semplici Elsa Murru messe alla gogna per un piccolissimo reato (per i grandi reati, bisogna sempre aspettare e cercare altrove). Tutto per fare contatti, mi piace, click, ossessione del giornalismo attuale, specie online. Per solleticare il pubblico della rete, sempre pronto a voltarsi di stomaco, sempre pronto a curiosare dal buco della serratura, ridere e ridere e dire “talastima” (che in sardo significa una sorta di “mors tua vita mea”).
“Un cadavere in spiaggia non preoccupatevi, è solo un uomo” scrivevano in un editoriale su Cagliaripad.
“Tante persone in prima pagina per molto meno, ma non preoccupatevi se la loro vita sarà rovinata, sono solo uomini” risponderei io.
Se questa non è ugualmente indifferenza, cari colleghi, gravissima indifferenza perché chi è giornalista dovrebbe avere una sensibilità maggiore di un lettore, cosa sarebbe?