Tra i mostri 2.0 ci sono i commentatori. Potenza di internet, siamo diventati tutti commentatori perché il commento – si sa – è una droga: dà dipendenza.
Quando puoi dare un contributo utile a una discussione ci sta, ma spesso il commento serve solo per trasudare invidia e gelosia, per far vedere di saperne di più degli altri, sminuire una bella frase, per farsi pubblicità su bacheche altrui, criticarti pubblicamente a mo’ di vendicatori, vantare fantomatiche primogeniture di idee (sai, io nel 1856 già lo facevo…) oppure dire velatamente “mi stai sui coglioni”. I commentatori medi: se li conosci li eviti. Se li conosci non ti uccidono.
Più leggo certi commenti sulla mia pagina Facebook, più mi viene voglia di chiuderli e di dare ragione a chi paragona i social network alle pareti dei cessi pubblici” scriveva Marco Travaglio.
C’è chi viene qui e nemmeno legge quello che scrivo.
Quello che pensa che sia indirizzato a lui.
C’è quello che scrive sempre “e tu cosa fai?”
C’è questo.
Poi ci sono i miei preferiti: gli estremisti, bambini un po’ cresciuti che pretendono che tu sia d’accordo con loro altrimenti sono un nemico o un avversario. Quindi se elogio Zedda sono un comunista, se lo faccio per Cappellacci un berlusconiano, se critico entrambi un antipolitico. L’’idea che io possa pensare liberamente quel cazzo che voglio senza che nessuno me lo ordini nemmeno li sfiora, perché pensano che tutti gli altri siano come loro).
Altri pretendono addirittura di dirmi quello che devo scrivere, quando, e con quali parole: e se non lo faccio subito sono un venduto, un servo eccetera (l’altro giorno ho messo in pagina il mio pezzo del giorno prima).
Altri ancora confondono il parlare di Tizio (bene, o male, o parlarne e basta) con lo sposare Tizio o l’esserne addirittura servi.
Poi ci sono quelli che aspettano il minimo errore per criticarti.
Ma certo, come no: (infatti, com’è noto, sono stipendiato da Grillo). Mi scuso con le tante persone sensate e raziocinanti che leggono e commentano, anche perché rischiano di essere ormai sopraffatte e silenziate da chi, profittando dell’anonimato e dell’alto numero di frequentatori della pagina e del blog, vomita scemenze in libertà (ma, prima di scriverle, vi leggete?).
Credo che il solo sistema per riportare un po’ di luce in questo manicomio sia di isolare i dementi e i disturbatori, evitando di rispondere ai loro messaggi e lasciandoli cuocere nel loro brodo, fino a esaurimento.
Perché, parafrasando un celebre titolo di “Cuore” sul mitico “uomo della strada”, è ora di riconoscere che molte volte anche il mitico “popolo del web” è una bella merda.